XXXI- Coward

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Charlie era esausta. Alastor era sparito, come lei gli aveva chiesto, eppure, c'era una parte di lei che sperava non le desse ascolto. Gli aveva vomitato addosso tutto quello che non sapeva di pensare, sull'ondata di rabbia, eppure vederlo così smarrito quasi -per quanto smarrito potesse sembrare un potente e sanguinario signore supremo- le aveva fatto male. Le braccia le formicolavano, segno che forse le stava tornando la sensibilità e i suoi tendini si stavano rimarginando, soprattutto grazie all'uso del suo potere infernale. Provò cautamente a flettere le dita e seppur con grande difficoltà e una buona dose di dolore ci riuscì. Sospirò, già esausta, ma decise che in quella stanza non poteva più starci. Abbassò lo sguardo, arrossendo di colpo: aveva parlato in camicia da notte con Alastor, senza niente sotto, ora sì che desiderava morire. Cercò di schioccare le dita e ci riuscì, concentrandosi sul vestirsi. Finì con indosso degli shorts rossi e una canotta bianca, e le andavano più che bene. Sgusciò fuori, abbassando la maniglia con i denti, zoppicando lentamente fino al bar, dove intravide Angel accasciato sul bancone con Husk impegnato ad accarezzargli dolcemente il capo. Quest'ultimo fu il primo a vederla. «Altezza!» esclamò sorpreso. Subito l'aracnide sollevò la testa, voltandosi tanto velocemente verso di lei che la bionda pensò si sarebbe stirato il collo. Scese dallo sgabello, correndole in contro per abbracciarla stretta. «Cazzo Char non farlo mai più.» singhiozzò e alla principessa si strinse lo stomaco. Provò a sollevare le braccia per ricambiare il gesto, ma ottenne solo che queste presero a tremare. Angel Dust si staccò, e le accarezzò una fasciatura. «Per tutti i diavoli Charlie cosa cazzo ti è saltato in mente?!» Lei sospirò. «Era l'unico modo.» lui si infervorò. «No cazzo! Questo posto non esisterebbe senza di te!» sbraitò agitando tutte e quattro le braccia. «Sii egoista per una buona volta nella tua centenaria esistenza per l'amor del cielo! La tua vita non vale quella di tutti noi.» ora era lei a sentire nuovamente la rabbia in corpo. «Voi siete qui a causa mia! Siete non solo la mia famiglia, ma anche mia responsabilità! Io sono sacrificabile.» lui scosse la testa. «Non è così porca puttana. Le cose qui in questo buco infernale possono cambiare solo grazie a questo posto! Sir Pentious è in paradiso Charlie! L'hotel funziona!» lei gridò. «È dovuto morire prima di arrivare in paradiso!» ansimò stringendo senza accorgersene le mani a pugno. «Non sappiamo nulla della redenzione! Ne tantomeno della dannazione! Adamo è qui, Pentious è lì, ma io non sono disposta a rischiare che moriate tutti incrociando le dita perché ascendiate al paradiso!» aggiunse. «Mio padre è l'unico che può aiutarvi, e perché lui possa tornare qui, c'è un unico modo per farlo senza che Nazar lo sappia!» Angel la afferrò per le spalle, guardandola duramente. «Quando stracazzo ti metterai in testa che il tuo potere non ha nulla da invidiare a quello di sua bassezza reale!? Ce la puoi fare Charlie, con o senza di lui.» lei scosse la testa. «Nazar non mi permetterà mai di combattere al vostro fianco, anche ammettendo che quello che dici sia vero.» lui abbassò lo sguardo. «È tutta colpa mia, non avrei dovuto lasciare che mi liberassi.» Husk pestò un pugno sul bancone. «Non sparare cazzate.» Angel si voltò verso di lui. «È vero! Se lei non avesse venduto la sua anima per evitare di darla a Valentino non saremmo in questo casino.» Husk puntò il suo sguardo su quello di Charlie, invitandola a dire la verità; lei trattenne il fiato. «Angel... -avrebbe voluto mettergli una mano sulla spalla, ma non poteva- avrei venduto ugualmente la mia anima per quelle informazioni.» abbozzò un sorriso stanco, mentre lui tornava a guardarla negli occhi. «Non è assolutamente colpa tua.» l'aracnide tremò. «Siamo spacciati...» lei scosse la testa. «C'è un'unica opzione Angie, e tu lo sai.» lui singhiozzò. «No...»
«Principessa.» la voce di Korosu la fece girare. Si era quasi dimenticata della sua esistenza: ma non poteva fidarsi, era un'anima di Nazar. «Dimmi.» rispose piattamente. «C'è una ragazza per te.» subito i muscoli del suo corpo si tesero facendo pulsare tutte le sue ferite, con il senno di poi sarebbe dovuta rimanere in camera. Sospirò nuovamente; sapeva già chi fosse, e l'ultima volta non era andata bene: la cicatrice sulla sua spalla sembrò tornare a farle male. «Non andare.» intervenne Angel e Husk dal suo bancone annuì. «Devo. Abbiamo bisogno di tutto l'aiuto possibile.»

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