XXV- Desire

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Nazar era come sparito e la sua gamba andava a fuoco a furia di camminare nel tentativo di trovarlo. Si trascinò in sala comune, davanti al caminetto scoppiettante. Nemmeno il tempo di sedersi che il telefono prese a squillare. Sbuffò e a fatica lo prese, sopprimendo una smorfia di dolore. Raggelò vedendo l'icona sul suo telefono: era il numero di suo padre. Valutò di non rispondere ma le fiamme nel camino divamparono e la chiamata si interruppe. Charlie seppe che che suo padre era lì prima ancora di alzare lo sguardo: Sembrava distrutto. La guardò con gli occhi allucinati e le lacrime iniziarono a rigargli la faccia. Cadde sulle ginocchia, prendendole le mani. Lei sentì le sue barriere mentali, messe a fatica dopo quello che le era successo, crollare. Singhiozzò incontrollabilmente, stringendo spasmodicamente il padre tra le braccia. «Pensavo di aver perso anche te...» esalò lui stringendola forte. «Perché non sei venuto prima...» lui ringhiò. «Sto cercando chiunque ti abbia rapito. Mi sono liberato oggi dalle riunioni del cazzo con i membri dell'ars goetia...e finalmente ho un nome.» Charlie rabbrividì e si staccò di scatto. Deglutì a vuoto e lo guardò dritto negli occhi. «A quanto mi ha raccontato la pornostar che alloggia qui, ha usato una corda benedetta...la stessa che ha usato per intrappolare il principe Stolas.» Charlie non aveva detto il suo nome, ma forse stava per confermarlo. «Striker...» Charlie ansimò per il respiro trattenuto troppo a lungo. Si mise una mano alla gola mentre iniziava ad iper ventilare. Le sembrava di averlo di nuovo in gola in tutta la sua lunghezza, di sentire il calore del sangue colarle dalla gamba, il freddo della pistola premuto tra le sue cosce. Spostò violentemente suo padre che le parlava, di cui non sentiva una parola, e rigurgitò bile sul tappeto fino a che la gola non le bruciò il doppio, accentuando la sensazione di avere ancora il suo cazzo giù per la gola. Iniziò a grattarsi a sangue la pelle tesa del collo, ma suo padre le prese le mani tra le sue, allontanandole, Charlie gridò al contatto, iniziando a dimenarsi. «Charlotte!» le gridò suo padre in faccia, e lei urlò di nuovo a pieni polmoni, finché due mani gelide non le presero la faccia da dietro. Il ricordo di quelle stesse mani che la salvavano si fece confusamente strada nel suo cervello. Il freddo si intensificò e lei ispirò di scatto, sgranando gli occhi e tornando di forza alla realtà. Suo padre la guardava terrorizzato, le lacrime che continuavano a traboccare dai suoi occhi. Buttò la testa all'indietro, incrociando gli occhi glaciali di Nazar. La sclera rossa, l'iride bianca, le pupille leggermente allungante come quelle di una volpe. «Il freddo...aiuta con gli attacchi di panico.» lei annuì, incapace di dire una sola parola. «Chiunque tu sia, grazie.» disse suo padre alzandosi. Nazar spostò lo sguardo da lei al re dell'inferno. «Mi chiamo Nazar, e sono il suo padrone.» lo sguardo di Lucifero si accigliò. «Come scusa?» Charlie si sentì cadere nel vuoto. «Nazar, puoi lasciarci un secondo da soli?» lui annuì, il luccichio della soddisfazione negli occhi. «Certo moy dorogoya
Lo osservarono andare via e poi suo padre spostò l'attenzione su di lei, in attesa. Charlie sospirò. «Ho venduto la mia anima in cambio di informazioni a Nazar...» esalò e suo padre si accese della sua forma infernale. «COME HAI POTUTO?!» Charlie si alzò, malferma sulle proprie gambe, e la sua di forma demoniaca esplose. «Ho dovuto cazzo! Nazar mi ha trovato! Sa qualcosa che nemmeno tu sai!» lui sembrò se possibile incazzarsi ancora di più, le fiamme nel camino presero a divampare, e così la fiamma infernale tra le sue corna. «Lui sapeva?! Oh per Dio, lo ridurrò così male che ci vorranno millenni perché si ricomponga!» la principessa digrignò i denti. «Se lo fai tutto quello che sto facendo sarà inutile e al prossimo sterminio ci distruggeranno! Lo sai anche tu!» lui rise senza allegria. «Gli avremmo aperto il culo anche senza le "preziose informazioni" di questo coglione surgelato!» lei prese fiato e poi gridò a pieni polmoni. «ADAMO È VIVO PER LA MISERIA!» suo padre sgranò gli occhi e si spense come una candela sotto vento. «Co-cosa?» anche lei ritornò alla sua forma ordinaria, sospirando. «Quando mi hanno catturato, qualcuno mi ha parlato...e ho riconosciuto la sua voce; deve essere lui.» Lucifero scosse la testa. «Impossibile, quella psicopatica della tua inserviente lo ha trafitto come un kebab.» lei emise un grugnito. «Ti dico che era lui. E Nazar è l'unico a poterlo confermare. Inoltre ha informazioni anche su Alastor e-» - «Allora è questo il vero motivo!» la interruppe suo padre. Charlie aggrottò le sopracciglia. «Come scusa?» lui rise nuovamente, sarcastico. «Tutto per entrare nelle grazie di quello là Char? Sei disposta a tanto per lui?» lei si sentì trafitta da quelle accuse. Strinse i pugni lungo i fianchi. «Se è per questo che pensi che mi sia venduta l'anima allora te ne puoi andare.» sibilò e lui sembrò rendersi conto di quello che aveva detto. «No Charlie, tesoro, aspetta-» - «Fuori di qui! Non ti voglio vedere cazzo!» berciò lei. Lui indurì lo sguardo. «Sono tuo padre Charlie, e anche il tuo re. Non puoi dirmi cosa posso o non posso fare.» fu il suo turno di ridere. «Ah davvero?» lo fissò dritto negli occhi, sentendo i suoi diventare della sua forma demoniaca. «Io ti ordino di lasciare l'Hazbin Hotel fino a che non ti dirò il contrario.» le sue pupille si restrinsero e si dilatarono. Fece dei passi indietro e scomparve tra le fiamme del camino.
Charlie si lasciò cadere stancamente sul divano e subito percepì qualcuno al suo fianco. Grugnì. «Non ora Alastor.» il demone della radio rise. «Lo dici spesso.» notò con una nota accusatoria nella voce che lei non tollerò. Cercò a tentoni il suo bastone, con l'intenzione di cercare Angel Dust per raccontargli quanto successo con suo padre. Ma Alastor glielo sventolò davanti con aria vittoriosa. «Cerchi questo cara?» lei grugnì nuovamente, tentando di afferrarlo. Ma lui lo roteò sapientemente in una mano, mettendosi in piedi e schioccandolo sul pavimento mentre si chinava verso di lei. Lei diede uno sguardo alla sua bile rigurgitata sul pavimento, e Niffty intenta a pulirla stranamente in silenzio, anche se dall'occhio iniettato di sangue e il labbro inferiore trattenuto a sangue sembrava star facendo molta fatica. Lei fece per aprire bocca ma un dito sotto al mento la fece desistere. I suoi occhi saettarono su Alastor, troppo vicino. Trattenne il respiro mentre sentiva le guance iniziare a scottare. «Non gradisco chi cambia stazione mentre ci sono io in onda.» sibilò, solleticandole le labbra con il suo respiro e Charlie avrebbe sul serio voluto capire cosa intendesse, ma era troppo concentrata a non rabbrividire, il cuore che batteva all'impazzata. Lo sguardo del demone parve scurirsi, si leccò le labbra mentre il suo sorriso diventava una linea sottile. Charlie si era fermata a quella lingua rossa sgusciare tra le labbra, non capiva più niente. «Alastor-» sembrò essere riportato alla realtà bruscamente. Le sue sopracciglia assunsero un cipiglio contrariato mentre si allontanava con una carezza. Lei riprese a respirare. «Stasera verrò ad accompagnarti, nonostante tu ti sia ostinata a non dirmi cosa hai intenzione di fare.» poi lo sguardo del rosso si puntò dietro di lei. Il sorriso si allargò in un ringhio minaccioso. «Sarò io ad accompagnarla stasera mi spiace.» Alastor rise. «No, caro.» Charlie ne approfittò per riprendersi il suo bastone dalle mani del demone della radio, rimettendosi goffamente in piedi. «Ci andrò da sola.» specificò guardando in tralice tutti e due. «Fate la vostra gara a chi ce lo ha più lungo lontano da me.» e zoppicò lontano da loro.

Guardava Angel intento a prepararsi, nel suo vestito lungo, dorato e aderente al corpo, con tutta la schiena scoperta e le maniche lunghe. Era seduto alla sua toeletta intento a coprirsi con il fondotinta le occhiaie, mentre lei era ancora indecisa su cosa indossare. «Non so Angie, magari dovrei mettere i pantaloni.» Angel si voltò come se avesse appena bestemmiato davanti a uno stuolo di suore. «Devi conquistare Valentino tesoro. Ti serve un vestitino rosso che copre giusto le tue chiappette, calze a rete e tacchi vertiginosi quasi quanto i suoi; e una pelliccia.» La principessa sospirò. «Tu non stai indossando nulla di tutto ciò.» lui scrollò le spalle con un sorrisetto. «Io non devo conquistare lui.» Charlie ridacchiò. «Husk è già pazzo di te.» le sue guance si colorarono di un tenue rosa e non di certo per il blush. «Non c'è mai fine al conquistare qualcuno.» lei lo guardò di sottecchi mentre si torceva le mani. «Ti ha già detto le due paroline?» Angel ridacchiò nervosamente. «Io volevo dirglielo, ma lui poi ha iniziato a blaterare cose sul fatto che "un signore supremo non è in grado di amare qualcuno o qualcosa al di fuori del potere" e sembrava mortalmente serio. Non ci siamo parlati per il resto della giornata tanto mi sentivo preso per il culo, e non nella maniera che mi piace.» Charlie si trascinò vicino all'amico, mettendogli una mano sulla spalla nuda. «Si ricrederà Angie, lo vedo come ti guarda.» l'aracnide ridacchiò. «Ho tutta l'intenzione di fargli ficcare i suoi discorsi cinici dove non batte il sole credimi.» fece una pausa, allacciandosi al collo una doppia collana di perle. «Sai che non abbiamo ancora fatto sesso? Ed è la prima volta da non so quando che ho davvero voglia di farlo.» Charlie sentì le guance scottare ma cercò di mettere da parte l'imbarazzo. «È uno all'antica, magari sta aspettando di sposarti.» ironizzò lei e lui la guardò allibito. «E che cazzo! Io lo voglio porca puttana, voglio il suo, di cazzo, su per il culo!» piagnucolò e la principessa scoppiò a ridere, anche se il pensiero di un pene le faceva venire voglia di piangere. Forse non avrebbe mai visto un membro allo stesso modo dopo essere stata violentata. Angel sembrò leggerle nel pensiero perché appoggiò una delle sue mani sulla sua. «Non passa mai, la paura. Ma quando lo vuoi davvero, quando c'è qualcuno che ti fa capire che vale la pena, ed è attento ai tuoi bisogni, allora quella paura si trasforma in aspettativa. Non credo sia la parola giusta ma non me ne vengono in mente di migliori onestamente.» sospirò, fece una pausa, accennando a un sorriso. «Non pensavo che sarei mai stato in grado di desiderare di nuovo, eppure eccomi qui, a sperare che un gattaccio mi strappi i vestiti di dosso e si prenda da me tutto il prendibile.» Charlie fece un sorriso triste. «L'unica persona che vorrei è l'unica che mi tocca a malapena, che mi rifiuta con tutto se stesso e che probabilmente repelle anche il sesso. Magari potrei fare un bel voto di castità.» lui rise. «Ma per favore! Sei troppo sexy per chiudere le gambe, e come direbbe il mio sudicio capo, sarebbe un vero spreco. E per una volta sarei d'accordo con lui.» scosse la testa e si alzò, superandola di almeno trenta centimetri. Aveva messo su i tacchi più alti che aveva: più alti di quelli di Valentino. Charlie sorrise.

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