XX- Order

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Charlie dovette assistere forzatamente al resto del film che, viste le circostanze, Valentino decise dovesse essere finito entro quella notte. Vide Angel sbattuto su quello stesso pianoforte dove aveva ballato, da quel demone canino che aveva accompagnato "suonando" -Charlie scoprì che era in playback e lui faceva solo finta- Angel nella seconda parte della sua "danza peccaminosa" come il signore supremo dei film a luci rosse aveva insistito a chiamare. Charlie mantenne lo sguardo fisso su un punto fisso del sipario, fingendo di guardare e annuendo e sorridendo quando Valentino faceva qualche commento sottovoce. Angel gemeva, veniva a un comando del demone falena, urlava quando gli diceva di metterci più passione, Charlie lo adocchiava di tanto in tanto contorcersi sensualmente, allargando le gambe, toccandosi il corpo con un paio di mani e stringendo possessivamente il suo amante come fosse l'amore della sua vita. La principessa si sentiva uno schifo per lui, e non era nemmeno probabilmente la cosa peggiore a cui doveva essere sottoposto: nonostante stesse venendo scopato da più di tre ore. Ripetendo le stesse scene più volte da diverse prospettive. E tutte con lo stesso copione di gemiti e urla, di "papino si più forte" e "fai di me la tua sporca troia" e altre cose che la bionda si rifiutò di ascoltare. Aveva provato un briciolo della sensazione di essere usata quell'ultima notte con Vaggie e si era sentita la principessa delle merde, non riusciva a credere come Angel Dust riuscisse ad affrontare tutto quello. Tra una leggera pausa e l'altra il suo spasimante sniffava cocaina come polvere di stelle e Angel lo guardava con quanta più sofferenza del mondo, raccogliendo piano il suo corpo in una vestaglia rosa, strisciando verso il bagno. Una volta era andata a controllare come stesse con la scusa di doversi "incipriare il naso" e lo aveva beccato a vomitare bile biancastra di sperma. Lui non aveva detto nulla, l'aveva guardata, aveva accennato un sorriso ed era tornato di corsa sul set. La principessa si era presa un momento per guardarsi allo specchio, le lacrime che strabordavano piano. Le asciugò con rabbia, ripetendosi che a soffrire non era lei ma il suo amico: non aveva alcun diritto di piagnucolare. Si vestì di un sorriso come le ricordava sempre Alastor e uscì mentre l'aracnide veniva legato a testa in giù alla gabbia e prendeva in bocca il membro dell'altro fino a vederlo scomparire completamente nella sua bocca.
Charlie guardò Valentino, la soddisfazione fatta demone, e tornò ad accomodarsi vicino a lui.

Quando le riprese ebbero fine era quasi la mattina del giorno dopo. Valentino la aveva salutata "umidamente" a suo solito e tenne chiuso in camerino Angel per un'ora. Egli ne uscì tremante, i vestiti sgualciti addosso e fuggirono letteralmente da lì.
Non parlarono durante il tragitto verso l'hotel, ma quando entrarono nelle confortanti mura della Hall, Angel cadde sulle ginocchia e scoppiò a piangere. «È stato così umiliante il fatto che tu abbia dovuto vederlo.» Charlie gli si accucciò di fianco, provando a toccarlo. Ma lui urlò e la spinse via, strisciando indietro. Lei trattenne il magone in gola, abbassando le mani. «Angie ehi sono io, non ti farò del male.» lui la guardò senza vederla, puntando poi lo sguardo in un punto dietro di lei. «Baffi miao miao...» la principessa si voltò, incontrando lo sguardo iracondo di Husk. Senza dire nulla si avvicinò cautamente al ragnetto. Lo prese in braccio e lo portò su per le scale.

Charlie attendeva pazientemente seduta fuori dalla camera di Angel finché Husk non ne uscì. La guardò, la luce dell'odio negli occhi. «Dimmi di più su quella giocata a Poker.» Charlie si tirò in piedi. «Non mettere in palio la tua anima, metti la mia. Valentino non se ne farebbe nulla di te...ma di me...» lui si passò stancamente una mano sul volto stanco. «Se tuo padre lo scopre mi ucciderà.» lei si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla, sorridendogli. «Non lo verrà mai a sapere perché tu vincerai.» Husk non le rispose. Sospirò e dopo aver brevemente appoggiato la zampa sulla mano della bionda si dileguò nuovamente nella stanza dell'aracnide.

La principessa non fece in tempo ad accendere la luce in camera sua che Nazar era comodamente spaparanzato sul suo letto. Uno dei suoi tomi di demonologia aperto davanti a lui. La guardò con i suoi occhi gelidi. «Non ci speravo quasi più milaya.» lei si accigliò. «Non sono dell'umore Nazar.» lui ridacchiò, mettendosi seduto. «Tu non sei mai dell'umore!» lei assottigliò gli occhi. «Non per qualcuno che cerca di rubarmi l'anima.» lui sogghignò. «Ma io non intendo rubartela, me la darai tu di tua spontanea volontà.» lei roteò gli occhi al cielo. «Sogna Nazar, sogna.» il suo occhio ciclopico parve ridere di lei. «Lo dici tu che se ci impegnamo i sogni diventano realtà!» lei si morse la lingua. «Perché sei qui?» lui fece segno di avvicinarsi e nonostante tutto lei lo assecondò. «Io non andrei a quel ballo questa sera.» lei inarcò un sopracciglio. «Perché mai?» lui scosse la testa. «Anche questa volta so qualcosa che tu non sai.» lei iniziò a spazientirsi. Sbuffò e incrociò le braccia al petto. «Sono stanca di questo tuo losco modo di fare di merda.» il suo occhio ciclopico roteò al cielo mentre lui la guardava fissa, il sorriso che non abbandonava il suo volto. «So che inneggi alla sincerità, ma ahimè quella non ha mai portato da nessuna parte moy dorogoya.» lui allungò una mano e Charlie rabbrividì quando lui le sfiorò il volto, poco prima che lei gli scacciasse via la mano. «Fai attenzione, non voglio che qualcuno ti abbia prima che lo faccia io.» Charlie fece una smorfia di disgusto. «Fuori da camera mia cazzo!»

Nemmeno il tempo di chiudere la porta che da dietro di essa comparve dalle ombre Alastor in persona. Charlie lo guardò stralunata, aveva delle occhiaie ancora più profonde del giorno prima. «Al cosa...» non riuscì ad aggiungere altro, che i tentacoli d'ombra la inchiodarono al letto. Uno le si strinse attorno al collo e poté vedere solo di scorcio il demone della radio avvicinarsi al letto. «A-Al...» la stretta si fece più forte sui suoi arti. «Cosa mi stai facendo ma chèrie Mhh?» lei si agitò, le lacrime che le pungevano gli occhi. «Stai cercando di controllare il demone della radio Mh?? Non si fa...» lei scosse per quel poco che poteva la testa, le lacrime che prendevano a scendere copiosamente. «Al...» soffocò mentre la vista iniziava ad appannarsi. Affannò quando i tentacoli la lasciarono libera. Si mise a sedere tossendo e toccandosi la gola. La mano di Alastor le afferrò violentemente il volto. Charlie lo guardò: il sorriso affilato e teso, le occhiaie profonde sotto gli occhi e le orecchie piegate all'indietro. «Charlotte cara cosa stai combinando?» lei si ritrasse ma lui rinserrò la presa tanto da affondare gli artigli nella sua carne e spillare sangue.  Le lacrime ripresero a correre sul volto della principessa, ma questa volta sopraggiunse la rabbia. Lei gli afferrò il polso con una mano, guardandolo dritto negli occhi. «Ti ordino di lasciarmi.» lui sgranò gli occhi e la lasciò andare. Lei si alzò, camminando verso di lui che indietreggiava. «Ohoh questa principessa ha gli artigli!» stava per scomparire nelle ombre ma Charlie lo afferrò dal bavero della giacca e lo scaraventò sul letto, salendogli a cavalcioni. Gli arpionò le mani e gli legò i piedi con la sua coda. Alastor affannò e a Charlie partì un calore dal centro del petto, che si irradiò lungo le estremità, raccogliendosi nel suo basso ventre: ma doveva lasciare il suo Angel Dust interiore da parte, non poteva passare sopra a quella aggressione. Strinse i denti e continuò ad usare quel potere che tanto odiava. «Ti ordino di dirmi cosa ti sta succedendo.» Alastor sembrò fare resistenza al comando, e Charlie mollò la presa ad una mano solo per costringerlo a guardarla negli occhi. «Alastor...» lui si agitò sotto di lei, liberandosi dalla sua stretta e poi si slanciò in avanti, e poggiò le sue labbra sulle sue.

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