«Grace!»
Urla, vetri che si rompono, luci che lampeggiano, la sirena di un'ambulanza, odore di sangue.
Per l'ennesima volta mi svegliai in una maglietta zuppa di sudore. Le coperte erano a terra e Charlie mi fissava con il suo solito muso troppo stanco per interessarsi ai miei incubi. Se non fosse stato che quel gatto era l'unico che mi teneva compagnia nella nuova città non c'avrei pensato due volte a gettarlo in mezzo alla strada. Passai una mano sulla guancia e senza sorpresa capii che nel sonno avevo pianto, di nuovo. Be', come si faceva a non piangere al ricordo di ciò che era successo?
L'orologio segnava le 3:30. Dio mio, dovevo dormire. Il giorno dopo avrei fatto il mio grande ingresso nella nuova scuola e presentarmi alla mia nuova vita con due occhiaie che toccavano terra era una cosa che non mi elettrizzava affatto.
Mi cambiai la maglietta e mi rimisi nel letto. Il passato doveva smetterla di tornare nella mia mente, bastava l'enorme cicatrice che avevo sul braccio destro a ricordarmelo ogni volta che ci posavo gli occhi sopra. Dio quanto mi mancava.. ed era tutta colpa mia. Se solo non fosse esistito quella maledetta festa di capodanno.. Basta, cazzo. Dovevo smetterla di pensarci. Dovevo dormire, domani avrei ricominciato da zero. La mia vita sarebbe stata diversa.«Buonanotte Charlie.» Dissi a quella palla di pelo suscettibile.
La risposta fu una serie di versi che non capì se erano fusa o lamenti e con quel fastidioso sottofondo mi riaddormentai.
Il risveglio fu a dir poco traumatico.
Il gatto si era alzato di malumore e immediatamente aveva cominciato a saltare da una parte all'altra della casa miagolando come se lo stessero squartando.«Ma che diavolo..»
Con gli occhi ancora chiusi, senza sapere né come né perché, mi inciampai alla trapunta e caddì battendo la faccia sul tappeto rosso. Solo allora mi accorsi che ero per terra. E la faccia diciamo che non aveva gradito quel trattamento mattutino.
«Il buongiorno si vede dal mattino..» Dissi alla stanza quasi urlando.
«E il vaffanculo pure.» Alzai la voce mentre lanciavo un'occhiata piena di odio a Charlie che si stava rotolando affettuosamente tra le lenzuola stropicciate.
Andai in cucina, presi i croccantini e li misi nella sua ciottolina arancione.
«Tu sei un mutuo gattaccio.»
M'ignorò e si mise a mangiare rumorosamente la sua colazione. Mentre le uova cuocevano, mi misi addosso una maglia verde con dei pantaloni a vita alta neri strappati all'altezza delle ginocchia. Ai piedi mi misi le mie vans verdi e sopra la maglia verde il giubbotto nero in pelle. Mi specchiai. Non c'era niente che odiavo di più di quello che vedevo nel mio riflesso. Mi odiavo.
Dio, era già tardi.
Tornai in cucina e mangiai in fretta e furia, presi l'iPod e mi misi le cuffie nelle orecchie. Schiacciai play, salutai Charlie, presi i libri in mano e mi avviai verso la porta. Chiusa la porta iniziai a correre giù per le scale e nel mentre cercavo di mettere quei maledetti libri nella borsa.Odiavo tre cose particolarmente: le persone che mi toglievano una cuffia per parlarmi e le persone che mi facevano cadere i libri. Poi c'erano quei casi speciali in cui le persone che mi toglievano le cuffie erano le stesse che mi facevano cadere i libri.
Mentre mi avviavo per scendere le scale quasi correndo, impanicata di arrivare in ritardo già il primo giorno di scuola, andai a sbattere su qualcosa di solido che, oltre a togliermi entrambe le cuffie, mi fece anche cadere i libri. Quando mi ritrovai il viso schiacciato su quel muro solido, l'unica cosa a cui pensavo era quale tortura cinese sarebbe stato la migliore a farmi soffrire per non aver messo i libri dentro alla borsa con più calma.«Ehi, tutto okay?»
Due dita mi alzarono il viso e.. Dio, era il muro più bello che avessi mai visto.
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Abbracciami
RomanceLentiggini, capelli rossi, occhi blu. Questa era Grace. Prima che scappasse dalla sua vita a Bedford era una ragazza come altre: amava stare con gli amici, andare alle feste, divertirsi e sognare. Ma un giorno cambiò tutto. Quando finalmente all'età...