Capitolo 9

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Passai una settimana bellissima con mio fratello. Ogni mattina ci svegliavamo abbracciati ed ogni sera ci addormentavamo così, nello stesso modo. Tutti i giorni si inventava qualcosa per farmi star bene, mi portava a mangiare fuori, a vedere un film, si prendeva cura di me, faceva in modo che non mi mancasse niente e.. Dio, mi era mancato così tanto. Quei suoi capelli ramati così tanto simili ai miei, quelle lentiggini e quei occhi blu, erano tutta la mia famiglia, il mio passato, ed il mio presente.

«Dai, Jack raccontami qualcosa.» Lo sollecitai quella sera mentre mangiavamo poc corn. Era venerdì 29 dicembre, ed ero sicura che il lunedì successivo sarebbe tornato a Bedford. Anche se era stato da me per quasi una settimana, avevamo parlato ben poco di noi. Spesso parlare di se stessi non fa bene e noi volevamo essere felici per quel poco tempo che stavamo insieme.

«Qualcosa tipo cosa?» Fece un mezzo sorriso. Si divertiva sempre a giocare con le parole.

«Non è divertente!» Risi. «Come va con Sam?»

«Va tutto a meraviglia con lei. Tuo fratello si è proprio innamorato. Penso che a breve le chiederò di sposarmi, andremo..»

«Oh. Mio. Dio.» Rimasi sbalordita. «E tu non mi volevi dire nulla? Mio fratello si sposa! Devo fare gli auguri a..»

Continuò lui per me. «A nessuno. Grace, calmati! Non gli ho ancora chiesto nulla. Ti stavo dicendo che domenica sera partiamo e andiamo in Europa, Parigi precisamente. Le voglio chiedere di diventare mia moglie lì.»

«È la cosa più dolce del mondo!» Poi mi incupii. «Parti già domenica mattina..»

Jack cercò di spiegarsi, ma io non ero arrabbiata. Ero solo triste di non vederlo per chissà quanto tempo, non stavo pensando all'incidente dell'anno passato. «Piccola, ho provato a trovare altri giorni per partire, ma questo era l'ultimo. Ho trovato due posti per miracolo. Lo so che avevo promesso di passare con te la sera dell'ultimo dell'anno, cercando di non farti pensare a..»

Dolore. Un dolore allucinante. Era già passato un anno. Lo bloccai subito. «Jack, non stavo pensando a quello. Mi dispiaceva il fatto che tu partissi già, mi sei mancato così tanto..» Cercai di sorridere. «Per domenica sera, non devi preoccuparti. Me la sono cavata fino ad adesso, non sarà un problema. Poi domenica sera rincasano tutti i miei amici, non sarò sola.» lo abbraccia e gli stampai un bacio sulla guancia. «Io starò bene.»

«Sei così matura Grace..» Mi strinse forte a se, affondo la testa nel mio collo e mi sussurrò all'orecchio. «Sei la cosa più bella che ho.»

Eravamo sdraiati sul letto a ridere. Ma prima di addormentarci io volevo parlare un po' della mamma e del papà. Jack non voleva entrare nell'argomento perché sapeva dove saremo finiti. Anche io lo sapevo, sapevo che mi avrebbe fatto male e sapevo che sarei scoppiata, ma io dovevo sapere. Dovevo sapere come andava avanti la vita in quella città, senza di me. Dovevo sapere come stava la gente a cui avevo rovinato la vita.

Mi spiegò che ogni volta che andava a trovare la mamma, lei parlava solo di me. Ero diventata il suo unico pensiero. Continuava a dire che ero un disastro, la causa dei suoi problemi, il motivo per cui era in prigione. Mio padre, come sempre, evitava l'argomento. Io non esistevo per lui. Non sono mai esistita né per mia madre né per mio padre.

Feci un respiro. «Jase? I genitori di Megan?»

Abbassò lo sguardo. «Stanno cercando di andare avanti.» Fece un sorriso triste. «Mi chiedono sempre di te. Se stai bene, come va la scuola. E ogni volta che mi incrociano, mi ripetono sempre: "Appena fa un salto a Bedford, dille di venirci a trovare."» Mi guardò. «Sono delle persone magnifiche.»

Il cuore mi si riempii di tristezza. «Come fanno a volermi vedere? Ho rovinato la loro vita rovinando quella di Megan.» Le lacrime stavano salendo. «Tutta Bedford mi odia, come diavolo fanno a volermi ancora bene?»

Prima che potessi scoppiare a piangere, le braccia di Jack mi stringevano.

«Non è stata colpa tua.» Mi sussurrò.

Continuavo a piangere.

«Mi manca così tanto.» Urlai tra un singhiozzo e l'altro appoggiata al suo petto.

«Lo so piccola, ma non è stata colpa tua.» Mi strinse più forte, fin quando mi addormentai con quella frase che si ripeteva ininterrottamente.

Non è stata colpa tua.

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