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Yamcha era stato presente praticamente da sempre nella sua vita e forse, come tante altre coppie, ora stavano cadendo nel baratro della noia.
Gli voleva bene certo, ma non era più sicura che tra loro ci fosse la cosiddetta scintilla.
E a dire il vero, in lei si stavano insinuando dubbi ben peggiori.
Perché forse loro quella scintilla non l'avevano mai avuta.
L'arrivo di Vegeta, al contrario di quanto pensasse lui, aveva soltanto portato alla luce i loro problemi.
Perché loro già li avevano da un bel po'.
E Yamcha non aveva mai prestato attenzione alle richieste della sua fidanzata.
Non ricordava anniversari e date, ultimamente dimenticava anche di presentarsi a quei rari appuntamenti che si davano; quando Bulma gli presentava un problema ormai non aveva neppure più la voglia di dibattere, chiedeva scusa direttamente, senza neppure ascoltare le motivazioni che l'avevano portata a lamentarsi di tale cosa.
Forse era stato per questo che Bulma ad un certo punto aveva proprio smesso di insistere con lui.
Ad un certo punto aveva messo a tacere ogni tipo di emozione perché tanto, non sarebbe mai cambiato.
Perché la realtà dei fatti era che a Yamcha non importava nulla di cambiare, non riusciva a vedere la gravità di un problema nemmeno quando questo gli veniva sbattuto in faccia.

Se un tempo i loro binari erano stati paralleli, ora era sotto gli occhi di tutti che non lo erano più.
Quello di Bulma aveva subito troppi sconvolgimenti e l'arrivo di Vegeta era stato soltanto l'evento che l'aveva completamente sradicato dalla sua pista.

Con gli occhi lucidi di chi non riusciva a liberarsi di quelle lacrime scrisse un biglietto, cercando di non risultare patetica né eccessivamente premurosa.

"Credo che tu abbia ancora fame, spero che i dolci ti piacciono. Non sapendo i tuoi gusti ne ho preparati vari, mi dispiace per stasera"

Glieli posò davanti la porta, bussò leggermente e lanciò il biglietto sotto l'uscio con la speranza che non lo incendiasse prima ancora di aprirlo.

Fece un lungo bagno caldo, accontentandosi della compagnia di una bottiglia di champagne e della musica jazz. Venne via soltanto quando l'acqua si fece fredda e la bottiglia fu vuota.
Era sola, triste e ubriaca.
L'indomani si sarebbe certamente definita patetica ma ora aveva soltanto voglia di una sigaretta.

Mise il pigiama e la vestaglia da camera, con i capelli ancora mezzi bagnati si diresse alla ringhiera del suo balcone.
Era notte fonda e non si udiva altro che lontani rumori di città.
Una notte perfetta se ci fosse stato qualcuno con cui condividerla ma, il suo qualcuno, preferiva condividerla con altre donne.

Ancora una volta quella stupida terrestre l'aveva ridicolizzato cercando di essere gentile con lui. Portandogli tutto quel cibo cosa cazzo aveva sperato? Di poter salvare quel viscido del suo amichetto la prossima volta che si sarebbe azzardato ad aprire quella maledetta boccaccia?
Oh no, l'avrebbe fatto fuori davanti a tutti i suoi amici.

I dolci alla fine li aveva mangiati tutti, ed aveva scoperto che la terrestre era piuttosto brava ai fornelli. Ma forse queste parole di apprezzamento gli erano uscite soltanto perché non mangiava un pasto decente da ormai anni.

Uscì fuori al balcone per ammirare le stelle, in un disperato tentativo di sentirsi più vicino al suo pianeta ormai distrutto.
O almeno questo è quello che la sua mente si stava raccontando.
La verità è che aveva sentito l'aura di quella pazzoide ed era stata troppo la curiosità di capire perché diavolo stesse ancora sveglia.

La luna rifletteva sulla sua pelle pallida facendola brillare.
Nella pace dell'oscurità poteva ammirare la magnificenza della sua sinuosa siluette e si dispiacque nel costatare che quei quattro stracci che lei chiamava vestiti gli stessero ora ostacolando la visione.

- Donna... -

Quella voce profonda le carezzò le orecchie, poi il collo ed improvvisamente si sentì bruciare tutta; come se le avesse lanciato uno di quegli attacchi micidiali che invece riservava ai suoi nemici.

Bulma non poteva saperlo ma per Vegeta lei era la peggiore dei suoi nemici.

Girò di poco la testa, giusto per fargli intuire che l'aveva sentito e riprese a fumare come se niente fosse.

- Avevo intenzione di farlo domani ma visto che sei sveglio te ne parlo adesso -

Rapito da quell'improvvisa indifferenza si diresse in uno scatto, come se fosse sotto trance, dalla sua incantatrice.
Guardarono insieme un punto indefinito nell'universo sopra di loro e lei riprese la conversazione.

- Qui c'è tanto spazio ed io voglio che ti alleni a casa tua. Nello studio ho iniziato a progettare una gravity room con tutti i gadget possibili ed inimmaginabili per rendere impossibili i tuoi allenamenti -

Vegeta la guardò con lo stesso esatto sguardo di quando si era ritrovato un banchetto soltanto per lui.
Come diavolo era possibile che lei non lo temesse in alcun modo? Soprattutto ora, soli nel cuore della notte, come faceva ad esserne sicura che lui non l'avrebbe uccisa?
Bastava un piccolo tocco nel posto giusto e la sua debole vita da terrestre sarebbe stata spezzata irrimediabilmente.

- Perché lo fai? -

Lei finalmente lo guardò nel solito volto arrabbiato e gli sorrise come una madre che guarda intenerita il suo bambino.

- Perché spero che un giorno combatterai per la cosa giusta -

Lui emise il solito ghigno.

- Sei una folle -

- No, sono un genio -

Disse la donna riferendosi chiaramente alla conversazione appena conclusa.
Stava andando via da lui ancora una volta con la dolce consapevolezza di chi aveva avuto l'ultima parola quando lui con uno scatto le si parò all'entrata del suo balcone.
Talmente vicini da riuscire a sentire il respiro dell'altro.
Bulma non si mosse né abbassò il capo per la vergogna di trovarsi mezza nuda di fronte a quell'uomo.
Lui indugiò poco sul suo corpo perché nonostante questo gli stuzzicasse ogni tipo di fantasia, gli interessava molto di più infilarsi in quel cervello malato.

- Puzza di donne -

- Come scusa? -

Cercò di fare la finta ingenua ma Vegeta non la bevve nemmeno per un secondo.
Avevano capito tutti e due a chi si stava riferendo con quel discorso e con quella domanda stava insultando la loro intelligenza.

- Non è il tuo profumo quello che lui ha addosso, puzza di altre. -

Non erano stati gli insulti né l'essere trattata male che l'aveva fatta sentire così piccola come in quel momento.
Si vergognava maledettamente.
Glielo stava sbattendo in faccia un'altra persona e per di più era proprio quel maledetto sayan.

Lei lo sapeva, eccome se lo sapeva...
Ma nutriva in cuor suo la speranza che fosse sempre la sua immaginazione a giocarle brutti scherzi.
Solo uno stupido poteva tradirla.
Era intelligente, bella e ricca.
Cosa diavolo avevano le altre donne che lei non aveva?

- I cani affamati non sono mai fedeli donna -

Così dicendo sparì.

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