Solo amici

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Il bar dei genitori di Jessica a quell'ora del mattino era fastidiosamente affollato: gente che consumava in fretta la colazione prima di recarsi al lavoro oppure studenti ritardatari che facevano la ricarica di caffeina per affrontare degnamente la giornata. L'aroma di caffè appena fatto riempiva l'aria, mescolato allo sfrigolio delle padelle.

Abel prese posto su un alto sgabello, si pettinò i capelli con la mano mentre Jessica non smetteva un attimo di mangiarselo con gli occhi. Lei gli si sedette accanto, a un tratto cercò le sue labbra per un bacio infuocato che lui ricambiò con piacere. Era eccitato. In realtà, lo era dal momento in cui aveva posato lo sguardo su Georgie mezza nuda, soltanto un'ora prima.

Dio.

Più si ripeteva che quella ragazza era sua sorella e che non era lecito fare pensieri sconci su di lei, più sognava di stringerla, baciarla. Avrebbe voluto farle di tutto, ma non poteva. Non doveva. Con un sospiro pregno di frustrazione, ricambiò l'ennesima occhiata di Jessica. Le indicò allusivo la porta dei bagni, quindi si alzò incamminandosi in quella direzione.

Non era la prima volta che i due si concedevano una sveltina nei bagni riservati al personale, Abel sapeva che la ragazza lo avrebbe raggiunto in fretta. L'uccello gli scoppiava nei calzoni, necessitava di uno sfogo altrimenti sarebbe impazzito.

Finalmente la porta della toilet si aprì, richiudendosi subito dopo con un click. Jessica apparve con un sorrisino pieno di malizia dipinto sulle labbra carnose. Non le diede neanche il tempo di respirare, in un attimo le coprì la bocca infilandole la lingua in gola. Lei ansimò, si strinse a lui passandogli una mano tra i capelli e strofinando i fianchi contro i suoi.

«Ho poco tempo», l'avvertì. Jessica non si scoraggiò. Si tolse in fretta la maglietta, aggredendo il gancetto del reggiseno, per poi liberarsi dell'indumento e gettarlo da qualche parte alle proprie spalle.

«Chiudi la porta a chiave», le ordinò Abel mentre si sbottonava i jeans. Lei obbedì. Un attimo dopo erano di nuovo avvinghiati, le labbra incollate e le lingue che si cercavano smaniose. Abel sollevò la ragazza e la mise a sedere sul lavandino. Le tirò su la minigonna fino alla vita, scostò le mutandine di lato e si posizionò tra le sue cosce aperte.

«Ce li hai?», chiese lei ansiosa.

Annuì. Tirò fuori il portafogli dalla tasca posteriore dei jeans ed estrasse una bustina di plastica che strappò coi denti. Le porse il preservativo e lasciò che fosse lei a metterglielo.

«Avanti, sbrigati». Era impaziente. E non solo perché rischiava di far tardi al lavoro.

Finalmente Jessica gli srotolò il profilattico sul pene eretto. Si scambiarono uno sguardo appassionato e in un attimo lui la penetrò, sprofondando nella sua intimità calda e umida che lo avvolse come un guanto. Iniziò a muoversi con foga. Dentro e fuori. Dentro e fuori. Pompò come un disperato alla ricerca del piacere.

Jessica ansimava sussurrandogli parole sconce all'orecchio, le cosce strette intorno ai suoi fianchi e la testa leggermente reclinata all'indietro.

«Dio, sì!», gridò quasi. «Non smettere, ci sono vicina...».

Ad Abel non importava un fottuto niente che lei venisse, pensava solo a se stesso. Le chiuse la bocca con la mano perché non facesse troppo rumore e continuò a muoversi sempre più veloce. Ancora un paio di spinte e raggiunse l'orgasmo, soffocando un basso ringhio che gli era risalito in gola.

Si staccò immediatamente da lei, sfilò il preservativo e lo gettò nella spazzatura.

«Devo andare», le disse sbrigativo risistemandosi i jeans e richiudendo la zip.

«Quando ci rivediamo?», chiese Jessica cercando di abbracciarlo, le labbra che si appiccicavano al suo collo mentre la lingua disegnava dei lenti cerchi sulla sua pelle.

Abel si divincolò. «Non lo so, Jess. Dammi tregua».

«Sembra che a te interessi solo scopare».

«Non ti ho mai fatto credere nulla di diverso, mi pare». Inarcò un sopracciglio, improvvisamente ansioso di andarsene. «Io e te siamo solo amici che ogni tanto si divertono un po'. Solo questo».

Lei sbuffò, tirò su col naso. «Lo so, ma potresti fingere che ti importi qualcosa di me, almeno».

«Certo che mi importa». Abel le baciò una guancia, prima di voltarsi e aprire la porta. «Ci si vede, Jess». Scivolò fuori veloce e silenzioso come un ninja, senza più voltarsi a guardarla.

Cercò di non rimuginare sul fatto che, durante l'amplesso, non aveva fatto altro che pensare a Georgie.

Sweet GeorgieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora