Il pub è buio e fumoso, pregno di un odore stantio di birra e tabacco. Mi faccio largo a gomitate tra la gente, trattenendo il berretto da uomo che ho sulla testa, affinché non scivoli via. Nel pomeriggio sono stata dal parrucchiere e ho fatto una pazzia: mi sono tagliata i capelli.
Adesso sembro in tutto e per tutto un ragazzo.
Be', più o meno.
Abel appena mi ha visto si è infuriato. Mi ha detto che avevo dei capelli fantastici, che non dovevo rovinarli.
Non sono d'accordo.
Se il mio sacrificio servirà ad aiutare la nostra famiglia, ben venga! Non ho alcun rimpianto. Almeno, Arthur è dalla mia parte. Si è limitato a ridacchiare, poi mi ha tranquillizzata nel modo speciale che lo caratterizza.
«Sei sempre bellissima, anche coi capelli corti», mi ha detto.
Riporto l'attenzione all'ambiente che ci circonda. Ci sono vari tavoli da biliardo sistemati in sala, i giocatori si sono radunati in un angolo. Stanno distribuendo dei numeri a ciascuno di loro.
«Ehi!». Sollevo un braccio per farmi notare. «Voglio iscrivermi anch'io al torneo». Il cuore mi batte forte, spero di non essere arrivata tardi.
Quello che sembra a tutti gli effetti il proprietario di questo posto mi squadra dalla testa ai piedi. Le sue labbra ricoperte da un paio di baffi, che sarebbero andati di moda nel secolo scorso, si tendono in un ghigno sardonico.
«Quanti anni hai? Sembri un ragazzino».
«Diciotto», mento. Dopotutto li avrò tra un mese, è una mezza verità.
L'uomo fa una smorfia, si gratta la sommità del capo. Sembra non volersi decidere. «A me non frega un cazzo di quanti anni hai, solo non vorrei problemi coi tuoi genitori...».
«Nessun problema», interviene allora Abel. Mi posa un braccio sulle spalle per rassicurarmi. «Sono il fratello maggiore, garantisco io per lui».
Il tizio baffuto annuisce, mi appiccica una targhetta col numero dieci sul gilet che indosso, e che un tempo apparteneva ad Arthur. Poi mi viene indicato un tavolo. Mi dirigo in quella direzione, seguita da entrambi i miei fratelli, ma non appena lo raggiungo resto di sasso. Tra i concorrenti in gara c'è Lowell J. Grey.
Maledizione! Mi riconoscerà subito.
Mi calco il berretto sulla testa, cerco di nascondere lo sguardo meglio che posso. Quindi, mi metto dietro un omone grande e grosso, con la testa pelata e un tatuaggio a forma di drago sul braccio destro. Il cuore mi batte forte mentre il brivido della competizione mi scorre nelle vene, unito alla paura di essere scoperta.
È il mio turno.
Inizio a raccogliere le palline, intanto Abel e Arthur si posizionano alle mie spalle. Il primo è l'immagine dello stoicismo, i suoi occhi scuri scrutano di continuo la stanza, pronti a difendermi in caso di guai. Il secondo invece è più rilassato. La sua risata contagiosa riecheggia nel pub, riesce a trasmettermi la tranquillità che mi serve.
«Sei pronto?», chiede Abel in un bisbiglio, facendo attenzione a rivolgersi a me al maschile.
Faccio un cenno di assenso, seguito da un respiro profondo. «Sono nato pronto».
Le prime partite si susseguono in un turbinio di polvere di gesso e imprecazioni. Le palle tintinnano cozzando tra loro, mentre gioco con feroce determinazione, usando ogni trucco e tattica che ho appreso da mio padre, prima che ci lasciasse.
Man mano che avanzo nei giri, la tensione aumenta, così come i sussurri concitati che si rincorrono nella stanza.
«Niente male», esclama Lowell a un tratto, affiancandomi. Il cuore mi salta in gola alla velocità di un missile. Mi volto a guardarlo, i suoi occhi sono imperscrutabili: due sfere celesti fisse su di me.
Deglutisco. Sono sicura che mi abbia riconosciuta nonostante il travestimento, mi aspetto che mi smascheri da un momento all'altro. Invece non lo fa. Mi gira intorno, un sorriso sornione gioca sulle sue labbra.
«Devo ammetterlo, sono impressionato. Hai un talento naturale per questo gioco».
Alle sue parole provo un'ondata di sollievo. O non mi ha riconosciuta o ha deciso di mantenere il segreto. Qualunque sia la ragione, gliene sono grata.
«Potrei dire lo stesso di te», gli rispondo sforzandomi di dare un'intonazione più grave alla mia voce. Anche Lowell ha sbaragliato tutti i concorrenti. Siamo rimasti io e lui per la gara finale.
Ci posizioniamo intorno al tavolo, prendo il gesso e inizio meticolosamente a spargerlo sulla punta della mia bacchetta. Al contempo studio i movimenti del mio avversario. Tocca a lui bocciare, e lo fa con un'abilità che mi toglie il fiato al pari della sua bellezza.
Man mano che il gioco procede, mi ritrovo ad ammirare il talento di Lowell, la sua precisione e concentrazione senza eguali. La nostra è una partita equilibrata, sudo sette camicie prima di segnare il punto della vittoria, ma alla fine l'ultima pallina nera affonda in buca con un tonfo che mi strappa uno strillo eccitato.
Saltello sul posto mentre il pub esplode in acclamazioni e applausi. Vengo raggiunta dai miei fratelli che mi abbracciano, esaltati tanto quanto me. Lowell sorride, scuote la testa con ammirazione.
«I miei complimenti, Georgie», mi bisbiglia all'orecchio passandomi accanto e dimostrando così che ha capito chi sono. Io avvampo, non so più dove guardare. Mi porge la mano. Io esito, ma poi la stringo. Ed è in questo preciso momento che lui mi attira a sé, mi copre le labbra con le sue passandomi il braccio attorno alla vita. Si tratta di un semplice bacio a stampo, che però mi provoca palpitazioni e brividi in tutto il corpo. Ma non ho il tempo di reagire, mio fratello Abel è più veloce di me. Lo colpisce con un gancio destro che lo fa barcollare. Gocce di sangue gli colano sul volto e sul colletto della camicia.
Abel gli ha spaccato il labbro.
«Sta' alla larga da mia sorella o ti rompo il culo», sibila il mio fratello maggiore, gli occhi stretti in due fessure d'odio.
Lowell solleva entrambe le braccia a mo' di resa. «Era solo un bacio innocente, amico». Retrocede di un passo. Nel frattempo Elise si fa largo tra la folla, lo raggiunge per soccorrerlo.
«Non sono tuo amico», sputa Abel senza la minima intenzione di calmarsi.
«Sei impazzito?», mi intrometto col terrore nella voce. «Vuoi incasinare tutto?».
Lui non mi risponde, con una spallata si allontana. Resto a osservare la sua schiena possente che fende la folla, fino a scomparire dalla mia vista.
A quel punto si avvicina anche Arthur, mi posa una mano sulla spalla. «Non fare caso ad Abel». I suoi occhi sono calmi, rassicuranti. «Gli passerà, vedrai».
«Ma che gli è preso?». Sono sconcertata, non l'ho mai visto in quello stato. Per un attimo ho temuto che volesse fare seriamente del male a Lowell.
«Vieni, andiamocene». Arthur mi sospinge in avanti, io lancio un ultimo sguardo a Grey che si sta tamponando il labbro con un fazzoletto. Accanto a lui Elise non fa che mormorare parole di apprensione, infine si volta verso di me. I suoi occhi di ghiaccio sembrano volermi perforare da parte a parte.
Mi allontano insieme ad Arthur con un nodo che mi stringe lo stomaco. Non so come potrò affrontare Lowell ed Elise domani a scuola.

STAI LEGGENDO
Sweet Georgie
FanficGeorgie ha diciassette anni, è orfana di padre e vive con la madre e due fratelli che adora. Forse un po' troppo. Un giorno a scuola arriva un nuovo compagno: un ragazzo bello, ricco e molto popolare. Georgie non può fare a meno di sentirsi attrat...