Entrò in casa furioso, sbattendo la porta e lasciando indietro Arthur e Georgie che arrancavano sul marciapiede, reso scivoloso da una pioggerellina fitta e insistente. Zio Kevin sbucò dal salotto, la fronte aggrottata e gli occhi stanchi.
«Che è successo?»
«Niente».
«E i tuoi fratelli?»
«Arrivano».
Salì le scale di corsa, a due a due, il cuore che sembrava volergli dilaniare il petto da quanto batteva forte. Alle sue spalle sentì la porta di casa aprirsi di nuovo e la voce di Georgie che riecheggiava nell'atrio.
«Abel, aspetta!».
La ignorò.
Quando quel coglione al pub aveva afferrato sua sorella per baciarla sotto gli occhi di tutti, non ci aveva più visto dalla rabbia. Lo stomaco gli si era stretto in una morsa, il cervello aveva smesso di funzionare. E così aveva fatto l'unica cosa sensata, prendendolo a pugni in faccia e provandoci pure gusto. Gli aveva spaccato il labbro, ma avrebbe voluto fargli ben di peggio.
Georgie era sua, maledizione! Nessuno poteva toccarla.
Si rifugiò in camera, stringendo i denti nel vano tentativo di arginare la collera. Chiuse i pugni. Provava una voglia irrefrenabile di colpire qualcosa e di sfogare la propria frustrazione in qualche modo.
In quel momento bussarono alla porta.
«Abel, apri». Era la voce di Georgie.
«Va' via».
Lei non gli diede ascolto. Abbassò la maniglia, aprì e mise dentro la testa. Aveva i riccioli biondi bagnati, alcune ciocche appiccicate alla fronte. Abel rimpiangeva i suoi bei capelli lunghi, in cui amava seppellire le dita. Ma la trovava ugualmente bellissima. Aveva ragione Arthur. Niente avrebbe potuto offuscare la sua bellezza. Splendeva di luce propria.
«Sei arrabbiato con me?», gli chiese lei in un bisbiglio ansioso.
Lui scosse la testa. «Voglio soltanto restare solo».
Di nuovo Georgie fece di testa sua. Entrò richiudendo la porta dietro di sé, gli occhi che sembravano quelli di un cucciolo abbandonato.
«Perché te la sei presa così? È stata una sciocchezza».
«Una sciocchezza?»
«Sì, non era nemmeno un vero bacio».
«E tu che ne sai dei baci veri?». Abel strinse i pugni con più forza, la mascella gli si contrasse. «Avevi già baciato qualcuno?». Il dolore gli si annidò in pancia al solo pensiero.
Per fortuna Georgie scosse la testa, pareva stralunata. «No, certo che no!».
Lui coprì la distanza che li separava, la inchiodò con uno sguardo severo. «Giurami che è la verità».
«Perché dovrei mentirti?». La ragazza si torturò il labbro con gli incisivi e spostò il peso da un piede all'altro. Allora lui l'afferrò per la vita, una sensazione strana gli addentò lo stomaco.
«Mi stai facendo impazzire, te ne rendi conto?». La sentì tremare tra le sue braccia. Mai come allora lei gli era parsa così fragile e insicura, tuttavia lui non allentò la presa. Non poteva. Il profumo di Georgie, così dolce e intenso, lo stordiva.
«Io...».
Abel riusciva a leggerle la confusione negli occhi. Le scostò una ciocca di capelli da una tempia e la vide sussultare. Posò la fronte su quella di lei, aspirando a pieni polmoni il suo odore. Le loro labbra erano così vicine, adesso. Gli sarebbe bastato abbassarsi un poco per sfiorarle, per poterle assaggiare con la lingua. I muscoli gli dolevano per lo sforzo di mantenere il controllo, aveva l'impressione che le ossa gli scricchiolassero sotto il peso della colpa.
«Abel!». Arthur spalancò la porta all'improvviso. La sua voce gli giunse alle spalle, inaspettata.
«Che vuoi?», ringhiò lui, senza tuttavia accennare a muoversi.
«Georgie, per favore, torna nella tua stanza», ordinò il fratello in tono gentile. La ragazza si sciolse dal suo abbraccio con le guance in fiamme. Gli lanciò un ultimo sguardo esitante, infine oltrepassò la porta quasi correndo.
Nella stanza rimasero solo lui e Arthur.
«Che cazzo stavi facendo?». Di rado suo fratello era scurrile, segno che stava per perdere la calma. Bene. Perché anche lui era sull'orlo di un precipizio, gli bastava tanto così per cadere e rompersi in mille pezzi.
Si voltò lentamente, le palpebre socchiuse. «Fatti i cazzi tuoi, Arthur».
«Questi sono cazzi miei, Georgie è anche mia sorella».
«Lei non è...».
«Taci, non dirlo». Arthur strinse i denti, gli rivolse uno sguardo acceso, carico di rancore. Avrebbe voluto cancellargli quell'espressione oltraggiata dalla faccia, invece si limitò a scuotere la testa con rassegnazione.
«La ami anche tu, non è vero?»
«Come un fratello ama una sorella».
«Stronzate».
«Abel...».
«Non vorresti dirle la verità? Farle sapere...». Le parole gli morirono in gola mentre lo sguardo di Arthur si faceva più oscuro, rabbioso. Non lo aveva mai visto in quello stato, di solito era un tipo calmo e riflessivo.
«E farla soffrire? », lo accusò. «Rubarle le poche certezze che ha?». Arthur fece un cenno di diniego, i suoi occhi si riempirono di tristezza. «No, Abel. E non permetterò nemmeno a te di distruggerla».
«Cosa?». Una risata amara gli risalì nella gola. Abel afferrò il fratello per il bavero della camicia, affondò le pupille nelle sue come se fossero pugnali. «Cos'è che non mi permetti, tu? Ti avverto, smetti di cagarmi il cazzo o ti rovino».
Dei rumori di passi lo colsero di sorpresa.
«Abel, Arthur... Dio, mio che fate?». Si voltò di scatto, ritrovandosi a fissare la propria madre pallida come un lenzuolo.
«Mamma...». Fu Arthur a riprendersi per primo dalla sorpresa. Abel lo lasciò andare e lui si precipitò a soccorrerla.
«Stai bene?»
«S-sì, ho solo un feroce mal di testa». La donna fissò prima il figlio minore, poi il suo sguardo si posò su Abel. «Mi sono svegliata di soprassalto, vi ho sentiti discutere...».
«Non è niente, solo una lite tra fratelli», cercò di tranquillizzarla Arthur. Poi le posò un braccio sulle spalle sospingendola fuori dalla stanza. «Torna a dormire, mamma. Ti accompagno io, ok?».
Lei annuì. Si appoggiò al figlio come se fosse un'àncora di salvezza e Abel rimase solo, una ridda di emozioni che gli pesavano sul petto.
Era stato a un passo dal mettere le mani addosso a suo fratello, sangue del suo sangue. E peggio ancora, se Arthur non l'avesse interrotto avrebbe baciato Georgie fino a restare senza fiato.
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Sweet Georgie
Fiksi PenggemarGeorgie ha diciassette anni, è orfana di padre e vive con la madre e due fratelli che adora. Forse un po' troppo. Un giorno a scuola arriva un nuovo compagno: un ragazzo bello, ricco e molto popolare. Georgie non può fare a meno di sentirsi attrat...