Se non fossimo fratelli

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Sono sempre stata una ragazza forte, con la testa sulle spalle. Ho imparato che nella vita le difficoltà vanno affrontate e superate, a ogni costo. Anche quando il mondo sembra crollarci addosso, come quando è morto papà. Eppure, mai come adesso mi sono sentita confusa, frastornata. Come sballottata dal vento.

Non riesco a liberarmi del ricordo di Abel che mi stringe a sé, del suo cuore che batte forte all'unisono col mio. Ma allo stesso tempo mi sento attratta da Lowell. Il suo bacio mi è piaciuto, anche troppo.

Questo fa di me una cattiva ragazza?

Non lo so, non ci capisco più niente. Vorrei solo gettarmi questa terribile giornata alle spalle.

A scuola è stato un disastro. Il compito di matematica è andato malissimo e all'interrogazione di letteratura inglese ho fatto quasi scena muta. Come se non bastasse, Elise e le sue inseparabili amiche bulle non mi hanno lasciato in pace un secondo.

«Stai lontana dal mio ragazzo o sono guai», mi ha detto la non fidanzata di Grey, dopo avermi gettata a terra con una spinta. Eravamo davanti agli armadietti, al termine delle lezioni, e nonostante intorno a noi si fosse radunata una folla di studenti, nessuno ha preso le mie difese.

Adesso, mentre cammino verso casa con un livido sul didietro grosso come una noce, ho in mente solo tre cose: una doccia calda, una tazza di tè e il mio libro preferito. Sarò banale, ma niente mi rinfranca quanto leggere. Non ho mai smesso di sognare una carriera nel mondo dell'editoria. Datemi un libro e mi renderete felice.

Infilo la chiave nella toppa e apro la porta. Dentro casa c'è un silenzio irreale, non si muove una foglia. In cucina trovo un biglietto di mamma che mi informa che è andata a casa di Kelly, la sua migliore amica. Con ogni probabilità tornerà a casa sbronza e di pessimo umore. Arthur invece mi ha mandato un vocale per avvisarmi che è da zio Kevin e che farà tardi.

Sono sola.

Sospiro massaggiandomi il collo, poi abbandono lo zaino in un angolo e salgo le scale diretta in bagno. Una doccia è la mia priorità, ora. Poi penserò a prepararmi una bella tazza di tè aromatizzato alla vaniglia e mi butterò sul divano a leggere.

Spalanco la porta fischiettando, ma faccio appena in tempo a mettere un piede all'interno della stanza che mi paralizzo. Di fronte allo specchio c'è Abel avvolto da una nuvola di vapore e con indosso solo un asciugamano sui fianchi. Ha i capelli bagnati, li sta tamponando con un secondo asciugamano. Non appena entro, si volta. Mi fissa con occhi penetranti come lame.

Io sussulto.

Oh. Mio. Dio.

Avete mai visto la perfezione assoluta? Ebbene, mio fratello mezzo nudo è una di quelle cose difficili da scordare, dopo che le hai avute davanti agli occhi. Continua ad asciugarsi imperterrito i capelli, le sue labbra si tendono in un sorriso.

«Non si usa più bussare?», domanda in tono divertito.

Per un attimo resto inebetita a fissare i suoi addominali scolpiti, le braccia abbronzate con le vene in rilievo, le spalle larghe.

Infine, avvampo. «Ecco, io...». Ho la gola secca, devo schiarirmela per riuscire a parlare. Quindi, ci riprovo: «Credevo che fossi al lavoro, che ci fai qui?»

«Ho saltato la pausa pranzo per finire l'auto di un tizio che aveva molta fretta, così Tom mi ha concesso di uscire prima. Non vedevo l'ora di buttarmi sotto la doccia, stamattina non sono riuscito a farla».

«Jessica non possiede un bagno?», ribatto io con una punta di acidità per me insolita. Proprio non riesco a controllarmi quando si tratta di quella lì.

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