Lasciati amare

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Non sono certa di fare la cosa giusta, so solo che ho bisogno di Abel. Del suo calore, dei suoi baci. Del modo in cui mi fa sentire speciale, unica.

Mentre mi bacia chiudo gli occhi, mi lascio trasportare dalle emozioni. Non siamo più fratello e sorella, ma solo due corpi che hanno bisogno l'uno della vicinanza dell'altro per sopravvivere.

«Va tutto bene», continua a sussurrarmi lui tra un bacio e l'altro. Mi posa le mani sulle guance, si protende verso di me catturandomi la lingua e privandomi dell'ossigeno. «Va tutto bene, piccola. Non temere».

È tutto magico. Perfetto.

A un tratto si scosta da me, si toglie la maglietta facendola passare dalla testa. Mi guarda. E io non posso far altro che annegare nei suoi occhi. Abel è la perfezione assoluta: ha la barba ispida, ciglia lunghe e folte e labbra piene. Le tiene leggermente aperte mentre abbassa la cerniera dei pantaloni. I suoi muscoli si tendono, la vita scende in una V perfetta sotto gli addominali.

Ho le pulsazioni accelerate, le mie guance scottano. Distolgo lo sguardo intimidita e lui ride piano, prima di terminare di spogliarsi e tornare a letto. La sua bocca è di nuovo su di me. Sulle labbra, sul collo, sui seni... mi divora con la lingua e coi denti. Io mi inarco, gemo. Premo il bacino contro di lui.

Abel si stende su un fianco, fa scorrere una mano tra le mie cosce chiuse. «Apriti per me», bisbiglia senza smettere di guardarmi. «Lasciati amare».

Il cuore mi batte come una mitragliatrice. «Aspetta». Il panico mi striscia dentro, blocca i miei movimenti. Se adesso cedo, non potrò più tornare indietro. Eppure, lo desidero così tanto...

«Ehi, Georgie». Il tono di Abel è apprensivo. Mi accarezza piano una coscia, i suoi occhi sono fari accesi puntati nei miei. «Ti amo, non sai quanto ho aspettato questo momento. Io...».

«Zitto, non aggiungere altro». Gli tappo la bocca con la mia, gli succhio la lingua e intanto mi schiudo per lui, come mi ha chiesto.

«Starò attento, non ti farò male». Deglutisce. «Non più del necessario, almeno». Mentre mi parla mi accarezza lento, con infinita dolcezza. Traccia dei piccoli cerchi intorno al mio clitoride, il piacere mi esplode dentro strappandomi dei sospiri.

Abel sembra godersela, se la prende comoda. Mi penetra con un dito, studia le mie reazioni. Mi porta al limite, poi si ritrae.

«Stai tremando», dice a un tratto. Sembra affascinato. Da me, da ciò che sento.

«Io... non ho mai provato niente di simile in tutta la mia vita». Chiudo gli occhi, mi lascio trasportare dalle sensazioni che mi esplodono nella pancia.

«Ti piace?».

Annuisco perché non riesco a parlare. Resto con gli occhi chiusi, i pugni serrati lungo i fianchi. Intanto le dita di Abel mi strofinano su e giù, mi aprono, continuando a descrivere lenti cerchi sulle mie parti più sensibili. Dire che è bello è riduttivo. Ho l'impressione di essere in viaggio per il paradiso, e la cosa incredibile è che non voglio scendere. Stavolta ho intenzione di godermela fino in fondo. Qualsiasi cosa accada.

«Mi senti?», chiede a un tratto Abel in tono roco. Si strofina contro di me e geme. «Ce l'ho talmente duro da far male».

«Oddio».

Avverto il suo respiro caldo sul collo, ho mille brividi lungo la schiena. A un tratto si piega su di me, mi succhia un capezzolo mentre continua ad accarezzarmi intimamente. È allo stesso tempo una dolce tortura ed estasi allo stato puro.

«Santo cielo, Abel. Sto per...». Mi zittisco all'improvviso, avvampo.

«Sì? Dillo, piccola. Avanti».

Sweet GeorgieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora