Capitolo 2 - Dylan

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Ultimamente, le cose a Helena erano noiose. Ero felice che Alec non si fosse messo in nessun altro casino, né che lo avesse fatto Samantha - combinaguai per definizione. Dopo aver passato innumerevoli anni in Marina, riuscivo ad apprezzare meglio i momenti di stasi del mio lavoro di guardia del corpo.

Tuttavia, quando le cose si facevano troppo piatte, il mutaforma che era dentro di me - una lince rossa - diventava inquieto e di conseguenza lo ero anche io.

La mattinata, però, era iniziata nel modo migliore possibile.

Ben tre riunioni in cui avrebbe dovuto presiedere anche Grace, l'assistente personale del Governatore. Non ero solito intrufolarmi a meeting e briefing, ma nessuno avrebbe mai obiettato se avessi deciso di stabilirmi contro la parete per tenere d'occhio la situazione... o le gambe estremamente seducenti della bella donna.

Sempre perfettamente composta, con un'aria seria e posata. Era l'efficienza fatta persona, capace di risolvere un problema prima ancora che si manifestasse. Se i suoi occhi si posavano su di te, lo sentivi. E di solito, se ti guardava, era perché avevi fatto qualcosa di sbagliato.

Riusciva a emanare un'aria gelida senza nemmeno parlare.

Più di una volta ero stato bersaglio dei suoi rimproveri e, in ognuno di quegli episodi, il mio cazzo aveva alzato la testa.

Era ammaliante.

E non vedevo l'ora di avere la possibilità di abbattere la sua corazza di ghiaccio per scoprire il vulcano che ero sicuro nascondesse dentro di sé.

Perché, forse, Grace Smith amava dare agli altri l'immagine della donna integerrima, ma io riuscivo a vedere oltre la corazza che si era costruita attorno.

A un uomo meno attento, tanti suoi atteggiamenti sarebbero passati inosservati, ma io avevo trascorso così tanto tempo con gli occhi su di lei - immaginando di spogliarla e farla mia - che potevo descrivere ogni sua movenza come se mi appartenesse.

Arricciava il naso quando qualcosa non le piaceva. Non sopportava chi si lagnava o si comportava da lecchino. La fronte era sempre aggrottata quando c'era una questione spinosa da risolvere.

Ma ciò che più mi intrigava di lei, erano i momenti in cui veniva contestata. Se a farlo era un sottoposto, allora la sua lingua tagliente entrava in funzione e feriva.

Poteva sembrare brutale, ma io godevo anche quando avevo i suoi occhi furenti su di me.

Se a riprenderla era un superiore, o comunque qualcuno a cui non avrebbe potuto ribattere, riuscivi a vedere il fuoco che le animava lo sguardo. Gli occhi che rispondevano a tono, là dove la bocca era costretta a stare zitta.

Cazzo. Quella donna era fatta per peccare. Solo che non lo aveva ancora capito, o forse fingeva.

Fu proprio perché la conoscevo fin troppo bene, che riuscii a captare immediatamente la sua rabbia, quando, nel pomeriggio, ci ritrovammo tutti per la consueta riunione mensile con la squadra di sicurezza.

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