Capitolo 7 - Grace

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Ci avevo creduto.

Quando Dylan mi aveva detto che mi avrebbe aiutato a togliermi la maschera, per un attimo, avevo sperato che potesse essere veramente colui che avrebbe finalmente frantumato la corazza dietro la quale mi nascondevo.

Ero stata un'illusa.

Dalla serata a casa dei miei, la guardia aveva preso a evitarmi.

Non potevo nemmeno avercela con lui più di tanto. Aveva affrontato quegli sciacalli dei miei genitori a testa alta, senza nemmeno battere ciglio, senza lasciarsi influenzare dai loro commenti poco carini.

Certo, darsela a gambe come aveva fatto era stato poco carino da parte sua, ma giustificabile.

A ogni modo, mi ero ritrovata da sola – di nuovo – a fronteggiare i miei limiti e le mie mancanze.

Rientrai a casa, dopo l'ennesima, estenuante, giornata di lavoro e, per prima cosa, calciai via le scarpe. Il freddo del parquet si insinuò nella pianta dei piedi facendomi rabbrividire. Feci giusto un piccolo passo prima di calpestare qualcosa di strano.

Abbassai lo sguardo e notai che l'alluce si era impigliato a una busta per corrispondenza. La raccolsi titubante, girandomela nella mano per cercare di capire cosa fosse.

Non usavo buste bianche per le mie lettere, soprattutto non di un formato così piccolo. Ruotai verso la porta e compresi che qualcuno doveva averla fatta scivolare sotto l'uscio.

Curiosa staccai una delle estremità e afferrai il bigliettino che era riposto dentro.

Igloo Slotter – stasera h 20

Riconobbi il nome di un famoso locale della città. La grafia, però, non mi diceva niente e non c'era nemmeno la firma. Restai imbambolata a fissarlo per un tempo indefinito. Qualcuno stava giocando con me. Era una trappola?

Pur fiutando il pericolo, lanciai un'occhiata all'orologio appeso alla parete. Restavano due ore. Potevo impiegarle a prepararmi e raggiungere il luogo dell'incontro. Oppure, potevo cestinare il bigliettino e far finta che non l'avessi mai ricevuto.

Tutto mi gridava di ignorare la cosa, ma il mio spirito ribelle, quello che si era risvegliato negli ultimi giorni, mi diceva di osare.

Forse avrei trovato una bella sorpresa.

O forse qualcuno si sarebbe fatto una grossa risata nel capire che era così facile manovrarmi.

Spinta da un impulso improvviso, decisi che sarei andata fino in fondo.

Abbandonai il bigliettino sul ripiano del tavolino dell'ingresso, marciai verso il bagno e mi fiondai sotto la doccia. Apprezzai con particolare godimento l'acqua calda che iniziò a scivolarmi addosso, portandosi via la fatica della giornata e lo stress che ultimamente mi attanagliava le membra.

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