Capitolo 12 - Grace

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Spinsi la mano sulla bocca, il gemito che cercavo di controllare uscì soffocato contro la mia pelle. Mi agitai tra le braccia di Dylan cercando di liberarmi. Al contempo, non volevo che togliesse le mani dal mio corpo.

Le dita, che giocherellavano sotto la mia gonna, avevano da tempo superato la barriera delle mutandine e si stavano dando da fare con la mia carne calda.

Spinsi la fronte contro la sua spalla quando andò a toccare un punto particolarmente sensibile. Ero in fiamme, bruciavo senza ritegno.

«Come ho fatto a farmi convincere a infilarmi in questo sgabuzzino insieme a te?» mugugnai.

«Non c'è stato bisogno di convincerti» affermò con mascolino orgoglio.

Aveva ragione.

Da quando eravamo finiti a letto insieme non riuscivo più a tenere sotto controllo le emozioni, il desiderio o in generale la mia vita. Dylan sembrava avermi stregata. Era riuscito a tirare fuori la vera me, quella passionale e senza freni, e ora sembrava impossibile riuscire a riportarla nel nascondiglio in cui era stata finora.

«Oh mio Dio,» gemetti quando le dita andarono a titillare il clitoride già provato. Strinsi con forza le sue spalle, lasciando che le unghie andassero a conficcarsi nella carne. Avevo scoperto che Dylan amava ritrovarsi i miei segni addosso e la cosa mi eccitava da morire.

Persa nella spirale di desiderio nella quale ero avvolta mi avventai alla cieca sulla sua cintura. Le sue dita andarono a ricoprire subito le mie.

Ringhiai frustata quando compresi che non mi stava aiutando, ma mi stava impedendo di procedere.

«Questo è solo per te.»

«Ti voglio dentro.» Al diavolo la compostezza. Avevo capito che con Dylan non c'era bisogno di filtri, né tanto meno di nascondermi.

A conti fatti, la mia famiglia strampalata, la mia freddezza e tutto ciò che nascondevo sotto la maschera, non era niente rispetto al suo segreto.

Sapevo dell'esistenza dei mutaforma da anni. Di tante cose che si potevano dire di me, di certo non si poteva affermare che non fossi una attenta. Avevo gli occhi sempre ben aperti ed ero così tanto abituata a stare sul chi va là, pronta a scoprire chiunque avrebbe potuto fregarmi, che tendevo a sviscerare attentamente chiunque mi trovassi davanti.

Ecco perché il segreto di Alec e degli altri non aveva avuto vita breve con me.

Era impossibile nascondermi qualcosa.

Certo ero stata decisamente sorpresa quando avevo scoperto ciò che mi tenevano nascosto e, in alcuni frangenti, avevo pensato di aver perso la testa. Ma poi, a sangue freddo e con calma, ero venuta a patti con la cosa.

Non avevo mai detto niente. Insomma, non è che uno può andare dal proprio capo e dirgli: "Ehi, so che sei un mutaforma. Ma tranquillo, non lo dirò a nessuno."

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