Prologo

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Flego, Luglio 2022

Nonostante siano le 7 di mattina si respira a fatica a causa del caldo atroce quindi decido di dirigermi in cucina per versarmi un bicchiere d'acqua. Stanotte ho faticato ad addormentarmi perché avevo uno strano presentimento, di quelli che ti fanno accapponare la pelle, di quelli che ti fanno rigirare nel letto per l'angoscia. Mentre prendo una bottiglia d'acqua naturale dallo scaffale sussurro alcuni insulti rivolti a mia sorella, quella stronza non mette mai l'acqua in frigo. Porto il bicchiere vicino alle labbra e vengo interrotto dalla suoneria del mio cellulare, guardo lo schermo: è Doc.
Doc è il migliore amico che ho fin dal primo anno di scuola media. Anche se le nostre strade si sono divise nei 5 anni di superiori, poiché io ho intrapreso il liceo scientifico mentre lui quello sportivo, siamo riusciti a mantenere un rapporto saldo e duraturo: probabilmente anche grazie alla nostra passione per la musica. Infatti poi, senza farlo apposta, ci siamo ritrovati nello stesso corso universitario. Ora collaboriamo con alcuni artisti nel nostro piccolo studio in una via sperduta della periferia milanese. Faccio scorrere il mio dito sullo schermo e appoggio il telefono sulla spalla destra stringendolo con l'aiuto della mia testa. Con la mano sinistra afferro il bicchiere contenente acqua ad una temperatura troppo alta per il caldo che ho attorno e inizio a bere. "Ciao Andre" saluto.
"Ni-Nico...Vi-vieni in stu..." risponde ansimando.
"Ma buongiorno!" rispondo sorridendo, convinto che stia parlando a fatica perché si è appena svegliato, come al suo solito.
"Flego vieni in studio, c'è un cadavere...Cristo".
Dopo questa frase non sento più la sua voce e mi accorgo che ha attaccato la chiamata.
Non riesco a realizzare ciò che ha detto, non voglio realizzare ciò che ha detto. Il bicchiere che reggevo mi scivola dalla mano e si frantuma in mille pezzi, è stato un movimento involontario, quasi naturale. I mobili della cucina sembrano spostarsi ripetutamente verso di me, mi stringono, mi lasciano senza fiato e inizio a temere che mi cadano addosso uno ad uno, da un momento all'altro. Appoggio la mano sul tavolo della cucina ma sembra non servire, dopo due secondi sono accovacciato a terra con il respiro affannato, non capendo se sia a causa delle ginocchia che premono contro il mio petto o a causa del panico. Mi sento svenire, le vene delle braccia si fanno sempre più gonfie e il mio corpo sempre più debole. Sento le mie orecchie fischiare, è un rumore omogeneo, fastidioso. Devo andare da Doc.
Con la poca forza che mi è rimasta nelle gambe mi alzo e cammino il più velocemente possibile verso camera mia per indossare un paio di scarpe. Una scheggia di vetro mi si conficca nel tallone, impreco ma non mi fermo, continuo a camminare fino alla porta della stanza. Indosso queste maledette scarpe ed esco di casa. "È solo un sogno Flego" mi ripeto per calmarmi. Purtroppo però, questo è solamente l'inizio di un incubo.

UN DELITTO DA SOGNO - NOSAINTZDove le storie prendono vita. Scoprilo ora