CAPITOLO 13

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Mary, Luglio 2022

Ieri sera, dopo il rapporto sessuale forzato con Giulio, sono crollata a dormire sul divano nelle condizioni in cui mi ha lasciato. Ho fatto un sogno strano: c'era Kesmo in compagnia di Davide e insieme picchiavano un ragazzo fino a lasciarlo a terra privo di sensi per poi bloccare i suoi polsi con delle fascette. Mi sono svegliata angosciata verso le 4:30 e non sono più riuscita a riaddormentarmi. Con un mal di schiena intrattabile e gli occhi gonfi, decido di bere un caffè e mangiare una barretta energetica. Quando la mordo mi si scatena una sensazione di fastidio alla pancia, sento chiudersi lo stomaco e sputo il pezzo in un tovagliolo. Non riesco a mangiare perché continuo a pensare ad ogni cosa successa ieri, la sfuriata con Doc, l'essere stata cacciata dallo studio da Flego, la violenza di Giulio e il biglietto. Mi vesto e inizio a spazzolare i capelli, mi fa ancora male l'attaccatura a causa della forza che Andrea ha riposto nel tirarmeli. Apro la borsa e vedo il pacchetto di sigarette semivuoto, ne sono rimaste solo due: una decido di fumarla seduta sul pavimento, nonostante di norma io esca sempre sul terrazzo. Dopo un paio di tiri mi balena in testa l'idea di andare in studio dai ragazzi ed aspettarli. Da una parte sento una voce che vuole fermarmi, che vuole salvaguardare i miei sentimenti ormai sbiaditi, dall'altra sento l'istinto di farlo, l'impulsività del mio carattere, il bisogno di parlare con loro per l'ultima volta, seppur tramite insulti e parole taglienti.
Finisco la sigaretta continuando a pensare a quale voce dare ascolto, sto valutando qualsiasi conseguenza possa esserci. Mi alzo, apro la borsa e afferro le chiavi della macchina. Fanculo, vado in studio e li aspetto lì, non so nemmeno se vedrò entrambi, non so nemmeno se andranno in studio dopo tutto ciò che è successo ma non posso vivere con i rimorsi.
Stavolta chiudo a chiave la porta.
Salgo in macchina e inizio a guidare, spengo la radio perché l'unica cosa che voglio udire è il silenzio che ho dentro di me.
Decido di fermarmi nei parcheggi sul retro dello studio cosicché io possa prendere tempo e riflettere, qualora dovesse scattarmi qualcosa in testa so di poter entrare dalla porta sul retro.
Accendo l'ultima sigaretta che mi riserva il pacchetto.
Guardo l'ora, inizio ad avvertire un nodo alla gola.
Non sono mai stata credente ma mi ritrovo a pregare Dio di farmi trovare un modo per riavvicinarmi a loro.

Doc, Luglio 2022

Ho fatto colazione nel bar di Flavio, quello dove io e Flego ANDAVAMO sempre, quello dietro alla NOSTRA università, quello in cui ho assistito la SUA prima sbronza.
Quando ho iniziato a bere il cappuccino ho iniziato a pensare a tutti i momenti che io e Nic abbiamo condiviso nella vita, quando mi ha difeso dal bullo alle medie, quando rubavamo le caramelle al mercato, quando ci siamo rincontrati per caso nello stesso corso universitario, quando abbiamo scelto l'arredamento dello studio: non posso credere che lui abbia sempre portato una maschera nei miei confronti, non pensavo che potesse buttarmi tutta quella merda contro senza accorgermene.
Prima di andare in studio per pulire il sangue ormai secco sul pavimento e sulle pareti, decido di fermarmi al distributore automatico di sigarette fuori dall'edicola. Non ho mai toccato una sigaretta in vita mia e ho sempre odiato il fumo; nonostante tutto, oggi ho voglia di provare, da quello che so la nicotina dovrebbe rilassare ed è tutto ciò di cui ho bisogno.
Inserisco la tessera sanitaria e clicco sull'immagine di un pacchetto a caso, cerco i 5 euro nella tasca posteriore dei jeans e li faccio mangiare alla macchinetta. I soldi vengono respinti, li tolgo e inizio ad appiattire le pieghe della carta, poi riprovo. Il denaro è stato accettato e ascolto il rumore soffocato del pacchetto che cade, spingo lo sportello e lo afferro: bravo coglione, l'accendino?
Scarto le sigarette e ne appoggio una sulle labbra, aspetto che qualcuno passi davanti a me, appena arriva un ragazzo lo fermo: "Scusa, hai un accendino?"
"Sì" - me lo porge e se ne va dicendomi di tenerlo perché tanto ne ha un altro di scorta.
Accendo la sigaretta e inizio a tossire ripetutamente, quando torno a respirare faccio un altro tiro e così via. È vero, il sapore non mi piace per niente ma ogni volta che inalo il fumo mi sento più rilassato.
Finisco la sigaretta quando sono arrivato davanti alla porta dello studio, butto il mozzicone nella grata sotto ai miei piedi e tiro fuori le chiavi. Appena entro, l'odore di fumo con cui si sono impregnati i miei vestiti mi arriva al naso ma viene subito sopraffatto da quello del cadavere.
L'aria è pesante ed inizio a respirare con la bocca per provare a placare la puzza di decomposizione. Vado verso lo stanzino in cui teniamo i prodotti per pulire e prendo tutto ciò che potrebbe tornarmi utile. Infilo le spugne, i guanti e gli spruzzini dentro ad un secchio, poi prendo una bacinella e la riempio con l'acqua tiepida. Prendo due deodoranti per ambienti e inizio a spruzzarli in ogni stanza, fino a svuotarli, poi apro anche le finestre per far uscire ogni odore possibile. Torno nello sgabuzzino ed infilo il braccio sotto la maniglia del secchio e la appoggio poco sotto al gomito per trasportarlo, con entrambe le mani sollevo il contenitore con l'acqua e salgo le scale.
Arrivo nella sala e mi fermo 10 secondi quando vedo il sacco nero con all'interno Marcus, ormai sono consapevole di ciò che è successo ma ogni volta è un colpo basso.
Appoggio le cose e sposto il sacco sotto la scrivania per lasciare più spazio mentre pulisco e per riuscire a trovare tutte le macchie di sangue.
Non so nemmeno se i detersivi che ho afferrato vadano bene per pulire il pavimento o le pareti ma io ci provo comunque. Spruzzo i prodotti a terra e li lascio agire. La schiuma bianca che si è creata inizia a cambiare colore diventando rosa fino ad arrivare al rosso. Prendo la spugna, la bagno e ci verso l'alcol sopra, inizio a pulire le pareti sperando di togliere ogni macchia. Poi passo ai pavimenti, devo continuare a sciacquare la spugna e ben presto l'acqua diventa sempre più sporca. Mentre sto grattando nelle fessure delle piastrelle sento dei passi dietro di me. Mi giro.

Flego, Luglio 2022

Entro in studio e sento la voce di Doc: "Ma perché cazzo non viene pulito?" "Che puzza" e molte altre osservazioni che mi fanno capire che stia pulendo, o cercando di pulire, il sangue lasciato dall'omicidio.
Salgo le scale e cammino verso lo studio, Andrea si gira e mi vede. Si alza di scatto lasciando che la spugna cada a terra. Controllo la stanza ed è pulita, se non fosse per il sacco sotto la scrivania sembrerebbe una normalissima sala registrazioni.
Afferro i prodotti per portarli nello sgabuzzino e Doc mi dice di lasciar fare a lui, così lo osservo mentre sposta tutto e si dirige al piano di sotto come una donna delle pulizie, gli manca solo il grembiule.
Quando sale mi guarda dalla testa ai piedi e sbuffa.
"Che cazzo c'è?" - Gli chiedo aggressivamente.
"Ma che cazzo ci fai qua?" - Mi urla.
"Lo studio è anche mio ricordi? O sei bravo a ricordare solo quello che ti conviene?" - Lo accuso.
"Ah sì? E tu invece sei bravo solo a buttarmi merda addosso?" - Grida.
"Io non ho fatto proprio nulla, che cazzo di problemi hai?" - Rispondo.
"Non devi più farti vedere" - dice per poi spingermi contro alla parete.
Come al mio solito non mi controllo e iniziamo a lottare tra pugni e manate. Ad un certo punto spingo Doc verso la scrivania e sento un urlo di dolore, mi fermo e noto il suo polpaccio sanguinare.
È andato a sbattere contro lo spigolo dello sgabellino di vetro che teniamo da parte alla scrivania. Osservo il sangue colare dal taglio e l'espressione di sofferenza sul viso di Doc.
Estraggo un fazzoletto dalla tasca dei pantaloni e glielo tampono sulla ferita, lui rimane appoggiato con la gamba sullo sgabellino.
Quando il sangue smette di uscire inizio a ripulire il pavimento dalle macchie lasciate da Andrea. Ad un certo punto entrambi giriamo la testa in corrispondenza delle scale poiché abbiamo sentito bussare. Rimaniamo zitti. Bussano ancora.
"Polizia, aprite la porta" - dice una voce maschile.
Io e Doc ci scambiamo uno sguardo di panico misto ad un "siamo fottuti" e poi lo osservo scendere le scale.
È la fine dei NoSaintz.

Thomas, Luglio 2022

Io e la mia collega Francesca siamo davanti allo studio dei NoSaintz aspettando che qualcuno ci apra. Vediamo un ragazzo zoppicante scendere le scale e venire verso di noi, apre la porta e ci accoglie. È abbastanza alto, con i capelli castano chiaro e un volto angelico.
"Buongiorno, posso aiutarvi?" - ci chiede tranquillamente.
"Sì, polizia" - mostriamo il distintivo "Possiamo fare un giro di controllo?" - chiediamo e lui annuisce. Sembra molto rilassato.
"Io sono Andrea, uno dei NoSaintz" - dice infine.
Gli chiediamo di farci controllare il seminterrato dello studio e lui ci porta, mentre camminiamo io e Francesca ci scambiamo alcuni sguardi per il modo in cui il ragazzo cammina.
Nel seminterrato sembra tutto sotto controllo, passiamo all'ingresso, al bagno e alla sala relax ed è tutto in ordine, iniziamo a pensare che quella dettata da Rolux sia una segnalazione inutile e piena di rancore.
Mentre stiamo per andarcene,
la mia collega chiede ad Andrea di farci salire al piano di sopra, lui ci rivolge uno sguardo a vuoto, ingoia la saliva e ci fa strada per le scale.
Arriviamo al piano superiore e non notiamo nulla di strano, poi andiamo in sala registrazione.
È perfettamente in ordine, sicuramente è stata una segnalazione a vuoto e questi ragazzi sono puliti. Quando stiamo per uscire dalla sala sento la voce di Francesca alle mie spalle: "Scusa Andrea, questo cos'è?" - indica una macchia rossa sullo stipite della porta. Si capisce perfettamente che sia sangue.
Rivolgo uno sguardo dubbioso al ragazzo. Lui, in tutta risposta, solleva il pantalone fino al ginocchio mostrandoci una ferita sul polpaccio.
"Prima che arrivaste ho perso l'equilibrio e sono andato a sbattere contro allo sgabello lì in fondo, sono riuscito a medicarmi e a pulire un po' in giro, quella macchia deve essermi scappata". - Conclude imbarazzato.
Io annuisco ma lo avverto: "Dobbiamo prelevare un campione di sangue per verificare che appartenga a te" - e così facciamo.
Poi, ci allontaniamo dallo studio.

Doc, Luglio 2022

Non so come ma me la sono cavata.
Non so dove sia Flego.
Non so dove sia il cadavere.
Non so se quel sangue appartenga davvero a me, non mi resta che sperare.
Sento l'aria sulle caviglie e noto la porta sul retro semi aperta. Esco.

UN DELITTO DA SOGNO - NOSAINTZDove le storie prendono vita. Scoprilo ora