1) Cocci sparsi

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Aprile 2026

Vivere una bella storia d’amore vuol dire pensare -o quantomeno sperare- che tutto possa restare immutato. Per quale motivo, se si è felici, qualcosa dovrebbe arrivarti addosso per lanciarti bruscamente via da una situazione simile?

Se tutto va bene, se ami, sei amato, senti di poter passare una vita intera con quella persona che non ti è solo capitata davanti ma che hai scelto tra tutte quelle capitate davanti, perché dovrebbe finire tutto da un momento all’altro?

Lo sanno tutti che invece può succedere. Succede anche a quelli che amano con ogni singola parte del proprio corpo e della propria mente; succede anche a chi ha pensato per lungo tempo che niente avrebbe potuto mai intaccare un amore nato per essere destinato a non morire. È successo anche a Simone, che sta ancora cercando di racimolare i minuscoli pezzetti di quell’amore che credeva eterno e che si è invece sgretolato in cocci troppo piccoli per essere messi nuovamente insieme con facilità.

E lui non ci credeva, all’amore eterno. Aveva iniziato a crederci proprio grazie a quell’amore, a quella storia che gli ha regalato gli anni più belli e anche i più brutti della sua vita; ci ha creduto nel momento in cui Manuel gli ha detto numerose volte che si erano trovati e scelti per svariati motivi, che un amore del genere capita una volta sola nella vita e che niente -ma proprio niente- li avrebbe separati e che nessuno -ma proprio nessuno- avrebbe mai potuto prendere il posto dell’altro nelle rispettive vite.

Il silenzio che l’accompagna da un anno e mezzo a questa parte gli sembra necessario per sopravvivere: parlare solo al lavoro quando è necessario, rispondere cortesemente alle persone che gli vogliono bene solo per non farle preoccupare e far credere di stare bene; tutto, ogni singola mossa della sua vita da un anno e mezzo a questa parte non è casuale. Ha imparato a mentire, ad eliminare quella caratteristica che lo contraddistingueva e che era la trasparenza: chiunque, se bravo a capirlo, avrebbe potuto vedere sul suo volto il suo stato d’animo. Ha imparato soprattutto a restare da solo con i suoi pensieri che per mesi gli hanno fatto troppa paura.

Adesso sembra che nessuno riesca a capirlo realmente, ma dopotutto è sempre stato Manuel l’unico a volerlo capire davvero fino in fondo, a preoccuparsi sempre per lui, a interessarsi anche per un semplice malumore.

Non sa se tutti gli altri facciano soltanto una grande fatica e restino in silenzio solo per non addentrarsi in un malessere scuro come il suo, o se realmente non lo guardano come era abituato ad essere guardato da lui. Non ci ha mai fatto caso, non gli è mai interessato troppo. Manuel gli bastava, gli sarebbe bastato per sempre.

Una parte di sé, quella ancorata al passato, gli dice costantemente di non andare avanti perché se lo facesse vorrebbe dire perdere ogni cosa di lui; lasciare il posto a qualcun altro, dare tutto se stesso in un’altra relazione, significherebbe cancellare Manuel definitivamente. E anche se lo sa, che tra lui e Manuel non potrà mai più esserci niente, sente di non poterlo fare.

Ogni tanto si chiede se avrebbe potuto lottare di più, se avrebbero potuto urlarsi meno addosso, magari piangere più di quanto abbiano fatto ma continuare a parlarne ancora e ancora cercando di salvare il salvabile. Cerca una risposta dentro di sé, dentro quei ricordi, e poi si risponde che non c’era niente da salvare, che pensa di aver utilizzato tutte le forze che aveva in suo possesso e che niente e nessuno avrebbe potuto farli tornare quelli di sempre.

Si erano rotti, il loro tempo era finito e non ce ne sarebbe mai stato un altro all’altezza del precedente.
“Ehi”

Sussurra in modo quasi impercettibile. Sa che non è andato avanti, che ogni sorriso che potrebbe sembrare sincero nasconde notti insonni e la faccia di chi fa fatica a credere ancora in qualcosa di bello. Il fatto che ora si trovi per la prima volta da solo a parlare con suo fratello, o meglio davanti a una sua foto di quando era piccolo, lo fa sentire per un attimo uno stupido idiota che cerca di aggrapparsi a qualsiasi cosa pur di trovare un po’ di pace.

Ha pensato per un solo secondo di andare al cimitero, di parlargli lì, ma lui al cimitero ci è sempre andato con Manuel. Sempre, ogni volta in cui ne sentiva l’esigenza ma si sentiva emotivamente troppo debole per affrontare la cosa da solo.

Allora è rimasto a casa, nel suo bilocale con tutti i mobili bianchi e ormai spoglio anche di qualsiasi fotografia che ritraeva la felicità.
Non le ha buttate, quelle foto. Le tiene tutte insieme in una scatola, compresa quella di Jacopo che ora fissa intensamente cercando di frenare le lacrime.

“Mi sembra di impazzire” sussurra ancora, vorrebbe rinunciare e parlargli attraverso i pensieri, ma sente il bisogno di sputare fuori tutto quello che trattiene da troppo tempo e che non ha mai detto a nessuno.
Piange e non per semplice commozione: si sfoga, seduto ai piedi del letto con la schiena ricurva e gli avambracci poggiati alle sue gambe.
Le lacrime bagnano la fotografia che tiene tra le mani e i singhiozzi interrompono tutto il flusso delle parole.

“Ti prego, fallo smettere. Non lo sopporto più, non lo voglio più” supplica, riferendosi al dolore che in questo momento è in uno di quei picchi di grandezza insostenibile. “Se almeno ci fossi tu, qui, forse sarebbe diverso. Non lo so come sarebbe stato, forse avremmo avuto due caratteri completamente diversi e avremmo litigato sempre, ma almeno non mi sarei sentito così solo. E invece io mi sento irrimediabilmente solo, come se fossi destinato a una vita che non prevede una felicità a tempo indeterminato per me… però io che le ho fatto, a sta vita?”

Aspetta, come se potesse effettivamente ricevere una risposta che non potrebbe arrivare mai.

“Aiutami”.

È l’ultima parola che sussurra, prima di accovacciarsi sul letto in posizione fetale, con la fotografia di Jacopo attaccata al suo petto e i singhiozzi che non reprime e lascia andare; ha rinunciato al pianto troppe volte, in tantissime occasioni in cui non lo riteneva opportuno, ma a volte sente ancora il bisogno di tirare fuori quel macigno che pesa ancora troppo nonostante il tempo passato.

Piange per tutto, non solo per Manuel. Piange per Manuel, per se stesso, per Jacopo, per l’incapacità di voltare pagina e tornare ad essere felice.

***

Buongiorno ❤️
Avrei voluto aspettare ancora un po' prima di iniziare a pubblicare, più che altro perché non ho capitoli pronti. Però oggi mi sentivo un po' giù di morale e allora ho proprio pensato "pubblico il primo capitolo".

Questa storia nasce da Cristina che è arrivata da me per dirmi "mi scrivi questa?" e per un po' ci ho pensato perché non me la sentivo per vari motivi.

Le chiesto come l'avrei potuta gestire e lei mi ha detto: "Mica posso fare tutto io. Io ho messo il dramma. Tu vorrai fare qualcosa, no?" 😂⚰️❤️

E allora poi ci ho riflettuto e ho pensato che questa matta ha sempre idee folli (No Hero era partita da un'idea sua, per capirci) e che però poi sono proprio quelle che mi regalano entusiasmo.

Sono in un periodo poco entusiasmante in generale, piena di pensieri e con poca voglia di fare, però alla fine scrivere è sempre stata l'unica cosa in grado di distrarmi quindi ho deciso di scriverla. Questa volta, almeno per il momento, dovrete avere un po' di pazienza perché non riuscirò a pubblicare con frequenza.

Spero vi piaccia e che avrete voglia di accompagnarmi anche in questa storia, mano a mano capirete tutto.
Grazie ❤️
A.

BROKEN [Simuel]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora