14) 2024, broken

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Ottobre 2024

Nell’ultima settimana Simone ha pensato di poter respirare meglio: appena ha saputo il martedì che Manuel non sarebbe andato a Torino perché Tommaso sarebbe partito per un weekend con sua madre si è sentito sollevato; da una parte ha pensato comunque di non sentirsi pienamente felice perché Manuel non l’ha scelto, non ha scelto di stare con lui di proposito ma è stato solo costretto a rinunciare a suo figlio, poi dall’altra parte era consapevole anche del fatto che il suo fidanzato non se ne fosse minimamente lamentato, anzi.

Il mercoledì gli aveva detto con il sorriso sulle labbra di aver prenotato un weekend fuori, in un piccolo borgo d’Abruzzo lontano dal traffico e da qualsiasi caos della grande città; e gli aveva detto “Così ce ne stiamo un po’ io e te, da soli… facciamo delle passeggiate, andiamo a pranzo e cena fuori in qualche agriturismo in cui si mangia bene e poi ce ne stiamo in hotel a goderci il tempo insieme”.

Ed è esattamente quello che hanno fatto da venerdì dopo il lavoro, da quando hanno preso la macchina e si sono messi in viaggio con una playlist accuratamente scelta da Manuel; per tutto il tragitto avevano parlato, poi cantato, ed erano stati anche molto in silenzio ma senza smettere di guardarsi con la sola coda dell’occhio; con Manuel che guidava e spostava ripetutamente la sua mano sulla gamba di Simone che di rimando sorrideva e gliela stringeva nella sua.

A un certo punto avevano pianto insieme, in silenzio. Entrambi erano consapevoli che anche l’altro stesse piangendo sulle note di “Broken” di Elisa, ma nessuno dei due aveva proferito parola, come se niente in quel momento potesse servire a interrompere tutta quell’angoscia, quella consapevolezza di percepire crepe ovunque in quella che fino a pochi mesi prima era la vita dei loro sogni.

“Tieni… a me non serve”
Simone sorride davanti al gesto naturale di Manuel che ha tolto la giacca per cedergliela, rimanendo solo con un maglioncino leggero pur di evitargli i brividi.
Questa è l’ultima sera e sono nel piccolo giardino dell’hotel, su una panchina, entrambi con una sigaretta in mano dopo la cena e i corpi vicini.

Oltre all’angoscia di quel momento in macchina, poi hanno solo cercato di godersi il weekend insieme e hanno riso, hanno fatto l’amore, si sono presi in giro come sempre, si sono scattati decine di foto ed è sembrato ad entrambi che tutto fosse esattamente come prima. Che fossero loro due, gli stessi di sempre. Complici, innamorati e in grado di passare ore consecutive insieme senza mai stancarsi o annoiarsi.

Adesso, questo momento sulla panchina a poche ore dal ritorno a Roma, un po’ è nostalgico. Simone è tornato a pensare alla quotidianità, al fatto che la settimana successiva Manuel tornerà sicuramente da suo figlio, che questi due giorni sono stati solo una piccola parentesi meravigliosa in una vita che non potrà mai più essere come la desiderava.

“Non devi fare l’eroe… lo vedo che tremi tu, adesso…”
Simone lo attira a sé, circondandolo con un suo braccio per coprirlo dal fresco vento che si è alzato.
“Ma no, sto bene… se m’abbracci è meglio, ovvio…”
“Ti sto abbracciando, infatti…” gli lascia anche un bacio sulla fronte, restando per un po’ poggiato con la guancia sulla testa di Manuel, con gli occhi chiusi.

“Sai a che penso ogni giorno della vita mia, in questo periodo?” chiede Manuel, a un certo punto.

“A cosa?”

“Che nun te posso perde, perché se te perdessi me sentirei male. E c’ho paura che tu non ci credi abbastanza, a tutto l’amore che provo per te. Non saresti mai la mia seconda scelta, saresti sempre una priorità. Ne posso avè due, de priorità. Diverse, ma due. E tu ce devi crede, a questo… me devi crede”

“Lo so che sono importante per te… non ho mai messo in dubbio questo. Stai tranquillo, Manu… non mi perdi.”

“Allora perché me sembra na serata triste, questa?”

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