11) 2024, il rientro

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Agosto 2024, rientro da Torino.

Simone ha continuato a fingere di stare male pur di non tornare a lavoro; sentiva il bisogno di prendersi del tempo per se stesso, nonostante tutto il tempo l’abbia passato in casa tra il divano e il letto, poco cibo, molte sigarette e tv il più delle volte spenta. Tanto, anche quando era accesa, non riusciva a concentrarsi mai su un film o su un programma.

Il suo cervello sembra essere incapace di pensare a qualcosa che non sia Manuel, Manuel e suo figlio, Manuel che ha un’altra priorità. Avrebbe voluto chiamare chiunque per sfogarsi, soprattutto Laura in modo che potesse correre da lui e dargli conforto, ma non l’ha fatto perché non gli è sembrato il momento giusto, quindi è rimasto da solo con l’apatia che l’ha accompagnato per un giorno intero.

È ben consapevole di aver ignorato Manuel, di non averlo chiamato, non avergli chiesto come fosse andata; si sono solamente scambiati un paio di messaggi per aggiornarsi sul volo per Roma e l’orario in cui Manuel sarebbe tornato a casa, poi più nulla.

Normalmente gli avrebbe fatto compagnia al telefono, gli avrebbe chiesto cosa avrebbe dovuto preparare di buono da mangiare, soprattutto se a pranzo aveva mangiato un panino al volo. Invece niente, ha solo lavato una busta d’insalata e pensato che una mozzarella andrà bene per cena qualora dovessero avere fame più tardi.

Respira profondamente appena sente la chiave girare nella serratura e si prepara psicologicamente per sforzarsi a chiedergli almeno un “Com’è andata?”. Vuole riuscirci con tutto se stesso, nonostante adesso lo stia guardando e non ci riesce.

Manuel si avvicina con un piccolo sorriso sulle labbra che non ha niente a che vedere con la felicità, sicuro di ricevere in cambio solo freddezza. Però si lascia andare ugualmente, lo raggiunge sul divano sedendosi accanto a lui e portando una sua mano dietro il collo di Simone; lentamente si sporge verso di lui, poggia la fronte contro una sua guancia e resta così, fermo, cercando di prendere un po’ di forza dal suo fidanzato.

“Ciao…” sussurra, aspettando qualsiasi cenno da parte di Simone. Gli andrebbe bene qualsiasi cosa.

“Ciao…” Simone sospira, e cede ad una stretta attorno al corpo di Manuel. Lo stringe forte, sempre di più dal momento in cui lo sente piangere. Gli lascia anche piccoli baci sulla testa, sforzandosi di mettere da parte il suo malumore.

“Mi sei mancato tanto… e non per le poche ore, ma perché avevo bisogno di te”
Manuel non ha alcuna intenzione di farlo sentire in colpa, non è quello il suo scopo, eppure Simone ci si sente perché è ben consapevole di averlo in qualche modo abbandonato a se stesso, come se all’improvviso i problemi di uno non fossero più di entrambi com’è sempre stato fino al giorno prima.

“Mi dispiace, Manu… non sono in grado di starti vicino, in questa situazione”

“Ok…” Manuel si stacca lentamente dall’abbraccio, non perché non ne abbia ancora bisogno ma perché è più forte la necessità di guardarlo negli occhi. “Posso… posso raccontarti?”

Simone annuisce con fatica; sa che gli farà malissimo sentire qualsiasi cosa riguardi Manuel e suo figlio, ma prova davvero a farcela. Prova a guardare le lacrime di Manuel, il suo sorriso spaventato, gli occhi pieni di novità, paura ed entusiasmo allo stesso tempo.

“Aveva una maglietta di Spiderman, abbiamo preso un gelato io e lui… abbiamo parlato di supereroi, e mi è sembrato assurdo che il suo preferito fosse Spiderman e il mio Iron Man, e lo sapeva bene che tipo di rapporto avessero loro due. Mi ha pure detto -è come un papà-. Poi l’ho preso in braccio perché non riusciva a vedere i gelati sul tabellone” fa una pausa, scoppiando a piangere rumorosamente, mentre Simone lo guarda immobile con le lacrime che scendono dai suoi occhi. Impassibile come non lo era mai stato.  “M’ha messo una mano dietro al collo, poi m’ha toccato i capelli e m’ha detto che erano come i suoi”

BROKEN [Simuel]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora