8) 2024, tuo figlio

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Agosto 2024, giorno successivo al congresso, sera.

Simone fissa il piatto davanti a sé. Si è seduto dopo aver perso tempo in doccia e aver cercato di riappropriarsi di un viso che fosse quantomeno decente, preparando con la mente almeno una scusa per i suoi occhi rossi.

La stanchezza per il viaggio, le quasi due ore di ritardo del treno. Una scusa che traballa, ma è l’unica cosa che è riuscito a mettere in piedi.

“Che fai, non mangi?”

Manuel lo guarda, non crede più alla stanchezza perché lo conosce troppo bene e vederlo mentre sposta la pasta nel piatto con la forchetta senza mettere in bocca niente lo preoccupa. Simone mangia anche quando è stanco, a volte soprattutto quando è stanco e ha passato le ore precedenti in viaggio.

E poi la sua carbonara è quel piatto che gli fa tornare sempre il sorriso, che mangia con gusto, a tratti veloce nonostante solitamente impieghi il doppio del tempo di Manuel per finire di pranzare o cenare.

“Sì, scusa…”

Ci prova, affonda la forchetta nella pasta ma si rende conto di vedere tutto appannato per via delle lacrime che scendono anche nel piatto.

“Simò, che c’hai?”

Esplode, scoppiando a piangere come un bambino. Ancora la forchetta tra le mani e la testa bassa.

“Ohi…” il livello di apprensione di Manuel è sempre alto, Simone non avrebbe mai immaginato di poter  essere così fortunato da avere accanto una persona in grado di preoccuparsi così tanto per lui. Nessuno si era mai preoccupato a tal punto, nella sua vita, nemmeno nonna Virginia.

Manuel è il suo porto sicuro, l’unica persona in grado di calmarlo quando è nervoso, quella che trova soluzioni, che gli dice che andrà bene e che se anche dovesse andare male sarebbero sempre in due a dover portare pesi sulle spalle.

Non che Manuel non abbia bisogno di essere rassicurato allo stesso modo nella vita, ma ognuno è l’isola felice e tranquilla dell’altro; ognuno fa la sua parte con la presenza costante, gli sguardi di rassicurazione, l’amore che sembra ogni giorno sempre più grande.

“Simo… che c’hai?”
Ha già fatto il giro del tavolo, affiancandosi a lui e circondandogli le spalle con un braccio. Prova ad alzargli il viso ma ci riesce solo al secondo tentativo, iniziando a preoccuparsi seriamente appena il respiro di Simone si fa sempre più pesante ma spezzato e i suoi occhi sembrano persi. Totalmente persi.

“Ohi, guardame! Sto qua. Respira, stai tranquillo”

“Mi viene da vomitare”

“Ok, t’accompagno in bagno. Viè co me”

Gli prende la mano, e Simone lo segue come fosse un automa. La nausea gli sembra essere arrivata al cervello, non riesce a controllare il respiro e le fitte al petto gli danno la sensazione di poter morire da un momento all’altro.

“Se devi vomitare, vomita”

Scuote la testa, fermo nel bagno con la schiena poggiata al lavandino. Manuel è davanti a lui, lo guarda e gli tiene le mani strette alle sue.
Poi decide che le sole mani non bastano, così lo abbraccia e lo stringe forte a sé. “Va tutto bene… sto qua. Respira”

Non ha la minima idea del motivo per cui Simone possa sentirsi così, sa solo che è preoccupato e che vederlo in preda a un attacco d’ansia è l’ultima cosa che avrebbe voluto nella vita.
Aspetta che almeno il respiro torni regolare, prima di chiedergli spiegazioni.

“Che è successo, Simò? Mh? Dimmelo, t’aiuto io…” gli accarezza il viso, passa le sue dita sulla guancia di Simone togliendogli le lacrime mentre con l’altro braccio continua a stringerlo.

BROKEN [Simuel]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora