9) 2024, metabolizzare

545 47 7
                                    

Agosto 2024, giorno successivo alla scoperta.

Per Manuel quella appena trascorsa è stata la notte peggiore della sua vita. L’ha passata sul divano, poi in piedi camminando qua e là in quei soli 45 metri quadri di casa, talmente piccola in una situazione simile che gli è sembrato più volte di soffocare; poi sul letto e anche in bagno. Sempre con gli occhi aperti, le lacrime a più riprese e lo sguardo fisso sulle foto di quello che ha da poco scoperto essere suo figlio.

Simone ha cercato per tutto il tempo di stargli vicino, senza però riuscire a dire qualcosa. Soltanto Manuel, ogni tanto, si presentava davanti a lui per pronunciare l’unica domanda presente nella sua testa: “Che vuol dire, che ho un figlio?”.

Simone muto, lo guardava e poi piangeva, rendendosi conto del fatto che una notizia simile fosse troppo grande da poter metabolizzare in così poco tempo.

Il buio oltre la finestra sembrava non finire mai, ogni minuto trascorso è sembrato ad entrambi un’ora. Adesso che è finalmente giorno, che entrambi sono a casa dopo essersi dati malati a lavoro e aver girovagato come zombie senza aver mai preso sonno, si guardano in silenzio mentre sono seduti al tavolo della cucina, uno di fronte all’altro con un caffè dall’odore nauseante davanti.

“Mi parli, per favore?” la voce bassa di Manuel arriva a Simone dritta in piena faccia. Non può più ignorarlo, sa che dovranno parlarne e anche molto nonostante Simone vorrebbe dirgli che non c’è niente di cui parlare.

“Cosa vuoi che ti dica, Manu?”

“Qualsiasi cosa. Mi fai paura, così…”

“A me in questo momento fa paura tutto… non credo di stare bene. E lo so, che sei sconvolto probabilmente più di me, ma non riesco a starti vicino come farei normalmente. Non so che dire e non so che fare, mi dispiace. È una situazione più grande di me e te messi insieme”

“Sembra tu ce l’abbia con me…”

“No, non ce l’ho con te. Ce l’ho col mondo intero”

Manuel annuisce come se volesse dirgli che lo comprende, e lo fa davvero nonostante vorrebbe sentirsi al sicuro tra le sue braccia; vorrebbe conforto, parole che gli facciano capire che andrà tutto bene, ma è dalla sera precedente che Simone non lo abbraccia e che a malapena lo guarda in faccia.

“Puoi almeno dirmi cosa dovrei fare, per favore? Mi sta scoppiando la testa…”

“Non credo ci siano molte alternative. Sai, quello che devi fare…”

“Puoi dirmelo? Ti prego, Simò. Ti prego. Ho bisogno che tu me lo dica”

Lo sa quello che dovrebbe fare, ma vorrebbe sentirselo dire perché vorrebbe che Simone fosse coinvolto in tutto questo, invece riesce a vedere soltanto una barriera tra loro e un disinteresse che gli fa male.

“Parlaci. Ti dirà che adesso lei ha la sua vita e rovineresti il suo equilibrio, che è quello che ha detto a me. Però tu dovrai insistere, perché quello è tuo figlio e te l’ha tenuto nascosto per cinque anni. Vai a Torino…” si blocca, Simone, appena il pianto gli spezza il flusso delle parole. “Vai a Torino e ci parli dal vivo… e poi non lo so. Fai quello che ti senti”

“Mi dici come hai fatto a scoprirlo?”

Gli racconta tutto, provando a pensare solamente al fatto che Manuel non c’entra niente e che merita la verità. Gli racconta delle parole di Sandro, dell’incontro con Alice, di come quell’idea ha iniziato a prendere forma nella sua testa e di come l’ha confermata attraverso la confessione di Alice al bar.

Manuel lo ascolta, e nel frattempo continua a guardare una delle foto che ha salvato sul suo telefono.

“È bellissimo…” sussurra, ingoiando una delle tante lacrime che sono finite sulle sue labbra.

BROKEN [Simuel]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora