12. La speranza infranta

119 4 2
                                    


Il volto di Peter era ormai una maschera di lividi, solcato da rivoli di sangue. I colpi dello scudo di Miraz, inflitti con ferocia disumana, lo tormentavano senza tregua. Ma il ragazzo non si arrendeva. La sua tenacia era pari alla sua abilità: si difendeva con destrezza, contrattaccava con ardore. In un attimo concitato, però, Miraz lo spinse contro una maceria di pietra, un rudere spigoloso in quel luogo fungeva da macabro ring. Il viso di Peter venne schiacciato contro la pietra grezza, una morsa di dolore che gli tolse il respiro. L'istinto di sopravvivenza si impossessò di lui. Con un urlo di battaglia che risuonò nell'arena, Peter sferrò un pugno potente contro il ginocchio fasciato di Miraz. La ferita, ancora fresca, pulsò di dolore lancinante. L'usurpatore, piegato in due dal dolore, gemette implorando tregua. Peter si erse di fronte a lui, torreggiando come un gigante sulla sua misera figura.

"Non è il momento di essere magnanimi, Peter!" tuonò Edmund, la sua voce che si stagnava contro il silenzio assordante della distesa verde. Peter si voltò verso il fratello, il suo sguardo vacillante, combattuto tra la pietà e la giustizia. Il ragazzo superò la figura di Miraz, ancora inginocchiato, per recuperare la sua spada persa nella lotta. Un solo movimento, un solo colpo, e tutto sarebbe finito. La vendetta sarebbe stata compiuta, il regno liberato dal tiranno. Ma l'uomo  non era ancora arreso. Con un balzo, afferrò la spada che giaceva al suo fianco, la lama che brillava di una luce sinistra. In un attimo, si erse in piedi, una furia vendicativa che lo trasformava in una belva assetata di sangue. "Peter, attento!" La voce di Grace, un grido disperato che ruppe il momento, un eco che attraversò il tempo e lo spazio. Peter si voltò di scatto, giusto in tempo per vedere una lama fendere l'aria, diretta verso il suo cuore. Istintivamente, con la rapidità e l'agilità di un gatto, Peter reagì. La sua mano guizzò, afferrando la spada di Miraz con una forza sovrumana. In un vortice di furia e di terrore, roteò su se stesso, inginocchiandosi e con un colpo preciso e implacabile, infilzò il fianco di Miraz.

Il volto del Re crudele si contorse in una maschera di stupore e dolore. I suoi occhi si spalancarono, sgranati per l'incredulità. Non avrebbe mai immaginato che quel giovane, che fino a poco prima considerava poco più di un ragazzino, potesse essere tanto agile e letale. Le ginocchia di Miraz cedettero sotto il suo peso, e l'uomo cadde a terra con un gemito soffocato. Una mano si strinse sulla ferita che sanguinava copiosamente, mentre l'altra si appoggiava al terreno per cercare un equilibrio precario. Il suo sguardo, un tempo pieno di arroganza e di disprezzo, ora era fisso sul vuoto, perso in un baratro di dolore e di sconfitta. Peter, con la spada ancora sollevata in aria, si trovò di fronte a un dilemma lacerante. Il peso della sua decisione gravava sulle sue spalle come un macigno. Da un lato, la giustizia gridava vendetta per i crimini efferati commessi da Telmar contro Narnia e il suo popolo. Dall'altro, la pietà e la compassione imploravano di risparmiare la vita di un uomo ormai sconfitto e agonizzante.

"Ragazzo, che ti prende?" chiese Miraz con voce flebile, quasi supplichevole. Aveva notato l'esitazione di Peter, la sua mano che tremava impercettibilmente attorno all'elsa della spada. Un barlume di speranza si accese nel suo animo ormai sconfitto. Forse, contro ogni pronostico, la sua vita sarebbe stata risparmiata. Peter lo guardò con rabbia, gli occhi spalancati per l'indignazione. Era troppo per lui, togliere la vita a un uomo, anche se quell'uomo era un tiranno sanguinario che aveva oppresso Narnia per anni. Un dilemma lacerante lo attanagliava, un conflitto interiore tra la sete di giustizia e l'orrore per l'omicidio.

"Non sta a me, togliertela!" esclamò infine Peter a denti stretti, la voce rotta dall'emozione. La spada si abbassò lentamente, un gesto di resa e di pietà. Il giovane re non si considerava un giustiziere, non aveva il sangue freddo per commettere un atto di tale gravità.       

Peter si voltò verso Caspian, porgendogli la spada con mani tremanti. Era il principe, il legittimo erede al trono di Telmar, a dover decidere il destino di Miraz. Caspian guardò l'arma con un misto di timore e trepidazione. Il peso della scelta adesso pesava sulle sue spalle, un fardello che lo schiacciava come un macigno. Per un attimo, il principe esitò. Lo sguardo si posò sulla figura dello zio agonizzante, un uomo che aveva tradito la sua fiducia, che aveva usurpato il trono e che gli aveva causato tanto dolore. Il ricordo del padre, assassinato brutalmente da Miraz, si fece vivido nella sua mente. In quell'istante, ogni residuo di pietà svanì. Caspian strinse la spada con una morsa ferrea. Le sue mani, nude da qualsiasi guanto, si contraevano attorno all'elsa, trasmettendo la tensione che pervadeva il suo corpo. Peter, con un passo indietro, si posizionò al fianco di Grace e Edmund, lasciando il principe solo di fronte al suo destino. Il silenzio calò sul campo di battaglia, un silenzio greve e opprimente, rotto solo dal fruscio del vento tra le foglie e dal canto lontano degli uccelli. Lo sguardo di Caspian, fiero e risoluto, era fisso su Miraz, che giaceva a terra, in ginocchio, sconfitto e inerme. Con estrema lentezza, Caspian sollevò la spada a mezz'aria. Il peso dell'arma, unito al peso della decisione che stava per prendere. Miraz, abbracciò la sua esitazione, rompendo il silenzio con una voce flebile: "Forse mi sono sbagliato", disse, "Forse hai le qualità per regnare su Telmar, dopotutto".

The Prophecy [P.P.] - 2 -Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora