Things

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-Signori Stone, volete seguirmi? Dovremmo discutere di alcune...cose- dice il dottor Crow riscuotendomi dal momento più buio della mia giovane vita. Sembra voler ristabilire la sua immagine di cuore d'acciaio facendo poco caso al fatto che i miei genitori sono ancora intenti ad asciugarsi le lacrime per ricordargli che avrebbero dovuto iniziare a sottoscrivere una quantità infinita di scartoffie per salvarmi la vita. Pensandoci decido di prendere una decisione: non voglio sia fatto tutto a mia insaputa: sono ormai un'adulta e posso benissimo prendere coscienza di ciò che mi sta accadendo.
-Scusatemi- dico facendo sobbalzare tutti tranne, ovviamente, lui -vorrei che queste..."cose" fossero discusse in mia presenza- faccio, guadagnandomi una strana occhiata da mia madre.

-Max- mi dice dolce -non devi occuparti tu di ciò: hai appena avuto una terribile notizia, cerca di ripos-
-Mamma!- La interrompo bruscamente -Si tratta del mio fegato, della mia vita: vorrei mi lasciaste la libertà di uscire da questa campana per farmi capire cosa ne sarà di me. Ne ho bisogno- concludo con un tono duro; lei non si merita questo trattamento, ne sono consapevole ma, delle volte sembra impossibile farle capire che non ho più 5 anni.
-Maxwell Cornelia Stone- oh no! Nome completo...   -sono tua madre, tesoro- mi dice più dolce -e so per certo che, la cosa migliore per te in questo momento è il riposo fisico e mentale!- Dice ferma.
-Clair...io non credo sia il momento...-cerca di interrompere flebilmente e poco convinto mio padre, Clark; io non lo ascolto, pronta a ribattere ma, proprio nel momento in cui prendo aria per parlare anche Lear Crow decide di irrompere nella conversazione.
-Scusate- inizia con la sua voce profonda e roca           -Signori Stone- dice, muovendosi e spaziando con la sua falcata nella camera ormai troppo affollata.
-È mia premura e dovere ricordavi che vostra figlia è maggiorenne- si interrompe sperando che loro colgano il significato delle sue parole, cosa che non accade, costringendolo a proseguire svogliatamente: ormai riconoscevo bene le sue espressioni.
-Perciò, risulta teoricamente essere l'unica davvero autorizzata a conoscere queste "cose"- spiega calmo. Mia madre lo fissa attonita e, non sapendo cosa dire, come al solito cerca lo sguardo di mio padre che però le fa spallucce, cercando, con il suo solito fare da avvocato mediatore, di farla ragionare:
-Clair, forse è meglio andare a prendere una boccata d'aria e lasciare che il dottore- dice guardandolo         -parli con Max e le spieghi per bene il risultato della biopsia. Sono sicuro che avrà tempo di dirlo anche a noi più tardi- le propone.
Mia madre mi guarda triste, lancia un'ultima occhiataccia a Crow e si lascia andare a mio padre che la porta fuori dalla stanza. Il dottore rimane immobile a fissarmi mente dice a Gin:
-Vai a prendere gli effetti della signorina Stone.- Scandisce per bene ogni lettera del mio cognome facendolo suonare in un modo particolare. L'infermiera sembra infastidita dalla richiesta ma non lo dà a vedere più di tanto e, sorridendogli, esegue l'ordine dileguandosi silenziosamente.
Per la seconda volta siamo soli io e lui. Il silenzio è insopportabile.
-Grazie- gli dico -mi strapperei tutti i capelli, uno ad uno pur di non doverlo dire-
-Peccato- dice lui sinceramente seccato -avrei preferito ti fossi tenuta per te il ringraziamento: così mi sarei goduto lo spettacolo di te pelata. E, se non è troppo disturbo farmelo sapere, per cosa esattamente mi stai ringraziando?- Mi domanda interessato.
-Mi hai evitato una discussione infinita- gli rispondo.
-Oh- fa lui illuminato -per quello- china la testa e sorride tra sé -stai ancora fraintendendo: ho semplicemente fatto rispettare il codice medico- mi dice avvicinandosi con la cartella tra le mani. Io la fisso intensamente. Mi ritrovo a deglutire più volte.
-Allora- dico indirizzandomi a lui -quanto è brutta?- Chiedo. Lui mi scruta per un secondo, penso stia decidendo quale strategia adottare -Fa schifo- sospira. Perfetto. -L'infezione non è regredita, anzi; per questo sei già stata inserita nella lista trapianti- io annuisco e lui continua -sei giovane, molto. Non fumi, non bevi ma...- cerca il mio sguardo -hai una malattia che difficilmente si contrae se non per atteggiamenti stupidi- ancora con questa storia?! -So a cosa stai pensando- dice intuendo il mio sguardo.   -ma devi sapere che è così che ragionano quelli della commissione trapianti. C'è anche il fatto del gruppo sanguigno. Relativamente raro.- conclude.
-In poche parole sono condannata?- Dichiaro con uno sbuffo -Che senso ha anche solo provarci?-
-No!- Dice un po' troppo bruscamente -Non sei...condannata. Sarà solo più difficile trovare qualcuno. A questo proposito spero per te che pregare affinché qualcun altro muoia non ti faccia perdere punti con...Lui- mi dice beffardo alzando gli occhi al cielo.
-Cos'è questa ostilità nei confronti della fede?- Gli domando insidiosa.
-La gente che incontro tende a ringraziare Dio se un'operazione va bene o se le medicine fanno effetto; non il progresso, non la mano ferma di un chirurgo. Dio.- dice con gli occhi minacciosi.
-Quindi è una questione di ego?- chiedo interessata. Lui sembra piccato dalla mia intuizione.
-Probabilmente- risponde laconico per liquidarmi.
Questa breve interruzione mi fa pensare al fatto che, come ormai sembra regola, siamo passati dal parlare del mio fegato a tutt'altro.
E questo mi piace più di quanto dovrebbe.
-Non può essere solo per questo- gli dico provando a risollevare la questione -e le spiego il perché: se fa il medico possono esserci solo due ragioni: o i suoi genitori sono entrambi medici ed è stato costretto oppure ha sentito il bisogno di aiutare il prossimo...del primo caso sono la prima a dubitare: col suo carattere si sarebbe facilmente opposto- lo vedo sorridere soddisfatto alla mia deduzione              -quindi, suo malgrado, mi vedo costretta a propendere per la seconda sdolcinata opzione e, in questo caso, la scusa dell'ego non reggerebbe- mi schiarisco la voce per poi concludere -una persona tanto altruista non cercherebbe spasmodicamente un riconoscimento per le sue opere di bene.-
Il dottore si porta una mano al mento come se avesse un fare pensoso poi sospira.
-Interessante filippica, quasi toccante. Ma da quanto dici sono ancora un mistero per te...lascia che ti aiuti- mi dice recitando contrizione -c'è anche una terza opzione- mi rivela.
-Che sarebbe?- Gli chiedo spazientita.
-Che, molto semplicemente, mi piace la medicina- mi dice come se fosse ovvio, dandomi una schicchera sul braccio. Questo suo gesto mi sconvolge: rimango con gli occhi spalancati mentre lui cerca di capire cosa mi prende: non mi sarei mai aspettata un gesto tanto scherzoso e confidenziale da parte sua. Ma Crow decide di far finta di nulla.
-Va bene...per adesso- gli concedo.
-Dovrei andare a parlare con i tuoi prima che chiamino il direttore- mi dice ricordandomi che anche io dovrò presto affrontarli -devi darmi fastidio con qualche altra tua domanda prima che me ne vada?- Mi chiede sarcastico anche se, sembra quasi voglia veramente continuare a parlare con me.
-Si- gli dico, ma ora sono più seria.
-Che strano- fa lui per prendermi in giro -avanti, dimmi- mi incoraggia
-Che succede se non si trova un fegato?- Gli chiedo.
Lear Crow mi guarda per quella che sembra un'eternità e, senza rispondermi se ne va. Io abbasso la testa e inizio a guardarmi distrattamente le mani.
-Non succederà- sento dire da lui che, inaspettatamente era ricomparso alla soglia per poi andarsene definitivamente.
In qualche modo, sconosciuto e inaspettato lui mi è di conforto.

Amore malatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora