È mattina. Mi sono svegliata intorpidita: i letti degli ospedali fanno davvero male! Farli comodi non sembrerebbe proprio esser stata la priorità. In più, qualcuno deve essere passato senza che mi svegliassi: sul mio comodino c'è un bicchiere d'acqua e le mie pasticche. Le guardo sospirando e mi accorgo subito che qualcosa non torna.
-È permesso?- Chiede l'infermiera di ieri bussando alla porta. Io le sorrido in segno di assenso.
-Come hai dormito?- Senza darmi il tempo di rispondere continua -Se vuoi dirmi da schifo puoi farlo: non mi offendo mica. Tanto la colpa è sempre dei letti- conclude sorridendo, mi unisco a lei:-Beh allora da schifo- ridacchio. Per fortuna non sono tutte come Gin...Lei mi sistema il cuscino dietro la testa per farmi stare un po' più alzata, muovendomi riesco a constatare che i punti mi fanno più male di ieri.
-Posso chiederti una cosa...?- Inizio rendendomi conto di non sapere ancora il suo nome
-Donna- mi offre lei in un tono di scuse per non essersi presentata prima.
-Donna- ripeto io con un sorriso -c'erano solo 2 pasticche sul mio comodino io dovrei prenderne...- intuisce subito di cosa stia parlando -Il dottore ha deciso di dimezzare la dose per evitare un sovraccarico del fegato proprio ora...anche l'antidolorifico per i punti...tolto. È lavoro in meno per l'organo che deve essere preservato- mi dice. Ecco perché. Ed ecco un'altra premura del caro Crow. "No stupida! È il suo lavoro" mi rimprovero. -Capisco- le dico.
-Vedrai: questa situazione non durerà tanto!- È talmente convinta di ciò che dice che, se avesse un cadavere davanti, ci crederebbe in ogni caso. Qui però ci sono io che fatico a credere che arriverò al giorno dopo...e che, nonostante ciò la ringrazio. -Ci rivediamo per l'ora di pranzo: dovresti essere in grado di poter cambiare camera- mi informa.Ah già...non so se esserne contenta per la compagnia che avrò o non esserlo perché non avrò più la mia privacy; in più, se mi capitasse un paziente che sta peggio di me potrei non sopportarlo. Saluto Donna fissando il vuoto...e sono lasciata a me stessa. Certo, non letteralmente ma, mi rendo conto che così saranno tanti altri giorni: io che mi sveglio sola in una camera bianca, su un letto in cui entro solo grazie al fatto che sono minuta, senza del cibo decente per colazione e ancora, senza il mio agognato miracolo. Faccio una smorfia divertita al pensiero: se lo dicessi a Crow avremmo da discutere per giornate! Accendo il cellulare e leggo che Molly sarebbe partita domani così per la sera sarei stata in grado di riabbracciarla. Quando, dopo aver giocherellato un po' col telefono, mi accorgo di essere a corto di idee su cosa fare, come accade quasi sempre in questi casi, prendo uno dei miei libri ed inizio a leggere. Orgoglio e pregiudizio è sempre la mia scelta quando sono depressa, non importa quante volte lo abbia letto e il fatto che ormai lo so a memoria; hai il potere di liberarmi la mente ed è a questo che serve un buon libro. "Fin dall'inizio, potrei quasi dire dal primo istante in cui vi ho conosciuto, il vostro comportamento, dandomi la completa certezza della vostra arroganza, della vostra presunzione e del vostro egoistico disprezzo per i sentimenti..."
-Pagina 189 riga...13- mi sento dire da qualcuno, il libro mi sfugge dalle mani per lo spavento. Lear Crow, lupus in fabula...Prima di rispondere mi rendo conto che ho passato due orette abbondanti a leggere...e che, adesso che ci penso, mi fa male la pancia e ho la nausea.
-Allora?- Mi sollecita -Devo forse pensare che non lo sai?- chiede provocandomi.
-Divertente, davvero. Spero un giorno capirà che il proposito dei libri è diverso dal semplice memorizzare ogni singola parola- gli spiego paziente.-Qualcuno si è svegliato male...- dice antipatico mentre, senza preavviso decide di controllarmi i punti. Sobbalzo quando sento le sue mani fredde sulla pelle ma rimango in silenzio.
-Hai preso le medicine?- Mi chiede continuando ad osservare la medicazione.
-Si...le medicine dimezzate...- butto lì, suonando un po' polemica.
-Cara e simpatica ragazzina- dice lui sospirando sarcastico -vuoi proprio che passi la mia vita a parlare di ovvietà- continua col suo teatrino - e va bene: che cosa indosso io?- Mi chiede. Io ci penso un attimo: -una faccia da schiaffi?- Chiedo innocente, forse osando un po' troppo tanto che, prima di dargli la possibilità di riprendermi, mi affretto a rispondere correttamente:
STAI LEGGENDO
Amore malato
ChickLit"Ho diciotto anni da due settimane, una vita sociale inesistente, sono depressa, vivo la mia vita tra casa e ospedale e il mio fegato è andato. Come se non bastasse il mio dottore mi ha abbandonata, lasciando letteralmente la mia vita nelle sue mani...