Problem

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Oggi Molly ha deciso che stasera faremo un pigiama party. Me lo ha detto a pranzo, mentre trangugiava un disgustoso tramezzino ripieno di uova sode.

"Caramelle, pop corn e un film strappalacrime" questa era la serata che mi si prospettava. Quando le ho fatto notare che non avevamo sacchi a pelo e che io non potevo mangiare i pop corn lei non si è fatta intimorire sbuffando un "Ci penso io" con uno sguardo furbo. Quindi, ora, non vedo l'ora di rivederla e di scoprire cosa la sua mente ha macchinato; è il suo secondo giorno di permanenza qua a New York, il che significa che è anche il penultimo e poi dovrà tornare in California. Mi ha fatta stare meglio la sua presenza e, sono così egoista, da sperare che il suo volo sia cancellato, o che ci sarà una nevicata che la bloccherà qui per giorni. So che anche lei ha una vita ma ho paura. Stanotte lei non c'era, non c'era nessuno e stavo male. Mi ha fatto male lui. Il fegato credo...una fitta, alla sua altezza per tutta la notte e, nonostante i medicinali, avevo la costante sensazione di dover rimettere. Per fortuna però non avevo più la febbre dalla sera prima.

Non l'ho detto ai miei questa mattina, quando mi hanno fatto una sorpresa venendomi a trovare prima di andare a lavorare, ho subito visto che c'erano già altri problemi di cui dovevano occuparsi: papà ad esempio, stamane, non era vestito con il suo solito completo giacca e cravatta quindi non sarebbe andato nel suo studio il che poteva significare solo che non c'erano clienti. Non ne ho parlato nemmeno a John che, quando si è svegliato ha iniziato a parlarmi della sua giovinezza e di questa formosa ragazza, Emily, che gli aveva rubato il cuore.

"Tu cosa mi racconti?" Mi aveva chiesto ad un certo punto finendo il suo discorso.

"Io...nulla" gli avevo risposto rossa. John poteva considerarsi un mio amico ormai ma sentivo di non esser pronta a parlare di lui, di tutto, soprattutto dopo la nottata infernale che avevo passato: ero spossata.

Adesso lui dorme. Non ho voluto lasciare la tv accesa: non voglio svegliarlo: chi è malato sa quanto a volte sia indispensabile dormire...per riposarsi, per avere la sensazione di star meglio, per non sentire il dolore, per dimenticare...

Stranamente ed inconsapevolmente una lacrima lascia il mio occhio. Questo è un giorno no... quelli "sì" sono più rari di un quadrifoglio e mentre lo penso mi sfugge un' altra lacrima.

-Ragazzina!- Mi sento chiamare; mi asciugo velocemente la faccia con la mano e lo cerco con lo sguardo.

-Crow- lo saluto trovandolo affacciato alla porta con in mano diverse cartelle, lui mi osserva per un attimo interrogativo poi decide di lasciar perdere.

-Mi hanno detto che hanno controllato i punti stamattina e che si sta rimarginando in fretta- constata.

-Si, mi è stato detto- gli confermo cercando di capire dove vuole arrivare.

-Bene- si ferma come se fosse indeciso se proseguire o no poi, fa un respiro, fissa il pavimento e infine ritorna con gli occhi su di me -credo che camminare un po' ti farà bene anzi, è necessario: non posso permettermi la paralisi tra i sintomi. I muscoli muoiono se non li usi- mi spiega

-Devi essere sempre così drammatico vero?- Domando retorica. Lui fa un sorrisino -ci si vede allora!- Mi saluta.

-Un attimo!- Lo richiamo cercando di non alzare troppo la voce -Non mi aiuti ad alzarmi?- Chiedo sorpresa. Crow mi guarda come se avessi detto chissà cosa poi fa una risata cupa.

-Per chi mi hai preso? Un'infermiera?- Domanda ancora tra le risate. Lo guardo arrabbiata -No. Hai ragione. Loro sono gentili...la maggior parte perlomeno- dico ricordandomi di Gin -farò da sola- annuncio scoprendomi per poi poggiare i piedi per terra. Crow mi guarda in silenzio in una posizione che sembra quella di partenza per una corsa: pensa avrò bisogno di soccorso ma si sbaglia di grosso. Mi prendo il mio tempo per stabilirmi e gonfiare il petto come se volessi pavoneggiarmi.

Amore malatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora