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-Come vede ho già un medico- obietto secca sfiorando il confine della maleducazione.
-Max!- Mi rimprovera di traverso Lear che, nel frattempo, è rimasto con lo sguardo fisso su quell'ometto che ho deciso di rinominare il "parassita". Ora, questo tizio potrebbe essere un medico perfetto, fenomenale, un premio Nobel persino più bravo di Crow, anche se lo dubito, ma l'unica cosa che vorrei in questo momento è che uscisse dalla stanza scusandosi profondamente per l'errore commesso. Il dottore in questione, però, non sembra affatto toccato dalle mie dure parole ma, al contrario, avanza verso di noi con le mani affondate nelle tasche del suo camice bianco, perfetto ma fin troppo lungo e con un sorriso antipatico stampato sulla sua faccia antipatica mi dice:
-Sapevo ci sarebbe stata della resistenza, ma non si preoccupi signorina: sono bravo tanto quanto il mio collega...modestamente- ridacchia rumorosamente in modo scomposto, posando una mano sulla spalla di Lear mentre gli lancia un'occhiata di intesa. Potrei giurare di vedere il mio dottore trasalire e usare tutto l'autocontrollo di cui dispone per evitare di rispondere male o peggio...mi sfugge un piccolo sorriso quando mi rendo conto che oramai le sue espressioni, i suoi sospiri e persino i suoi impercettibili movimenti non sono più un codice impossibile da decifrare per me, il che non potrebbe far altro che rendermi euforica, soprattutto sapendo con quale difficoltà le persone riescono anche solo ad avvicinarsi a lui.
-Posso chiedere il motivo di questo cambiamento improvviso?- Domando riprendendomi dai miei pensieri, decisa a risolvere in fretta la cosa. 
-Certamente cara- risponde subito lui avvicinandosi ancora e costringendo Lear a farsi da parte per evitare di essere travolto -vedi, devi sapere che in ospedali grandi come questo è quasi inevitabile che ci siano dei cambiamenti, fanno parte della vita: non devi esserne spaventata! Semplicemente questo è un lavoro e capita che per orari o convenienza ci siano suddetti cambiamenti- dice prendendo fiato per la prima volta e, senza darmi il tempo di replicare, con un fare superiore come se stesse parlando ad un bambino, mi blocca con un gesto della mano -e non ho potuto fare a meno di notare, quando sono entrato, quel...chiamiamolo tatuaggio...carino, davvero, ma deve essere tolto al più presto-
-Lo avrei tolto anche io Stein, ma non c'è pericolo finché- prova ad intromettersi Lear.
-perché potrebbe esser potenzialmente pericoloso per te, cara- giuro. Se avesse detto un'altra volta cara non avrei risposto di me stessa.
-Lear che ne dici di andare a chiamare un'infermiera? Dille di prendere acqua calda e un panno- lo aveva veramente detto. Guardo Crow strabiliata.
-Stein non credo sia necessaria tutta questa fretta- dice Lear a fatica -piuttosto che ne dici tu di darmi un minuto per parlare con la mia paziente- continua sottolinenando il mia... ci sono due uomini, due dottori nella mia stanza che si fronteggiano con lo sguardo, finché il buon parassita non arretra di un passo alzando falsamente e scherzosamente le mani:
-e va bene dottor Crow, hai vinto una battaglia- scherza col suo finto sorriso mentre lascia la stanza -ma come si sa...non la guerra- chiude con una velata minaccia sotto forma di battuta scomparendo dietro la porta.
-Incredibile!- Sbotto non appena rimaniamo soli. -Cosa credeva di fare? Venire qui e scegliere a suo piacimento "ehi tu, sei la mia nuova paziente"- dico imitandolo malamente -cos'è? In questo ospedale c'è una gara a chi ha più pazienti di cui non sono a conosc-
-Ragazzina! Smettila!- Mi interrompe bruscamente Lear, bloccandosi dopo aver fatto avanti e indietro per la stanza almeno venti volte. La sua reazione mi lascia stupefatta, sgrano gli occhi e attendo che si degni di spiegarmi il suo comportamento.
-Smettila- ripete stavolta più lentamente, si appoggia al muro della stanza con le spalle un po' ricurve e si mette le mani tra i capelli mentre io sono ancora in attesa di una sua reazione.
-Ragaz- si schiarisce la voce in un modo che non sembra appartenergli -Max- riprende profondo perforandomi con lo sguardo -So per certo che...che il dottor Stone saprà prendersi cura di te al meglio e-
-Prendersi cura di me al meglio?- Ripeto indignata     -Hai forse battuto la testa?- Gli domando ridendo divertita sicura che stia scherzando quando, in realtà, Lear mi guarda con un'espressione seria:
-No, non ho battuto la testa- inizia e quando mi vede prendere fiato per controbattere mi sovrasta con la voce -e no, non ho bevuto, non ho assunto nulla e non c'è niente di strano in me! Ti sto solo dicendo che Stone è un...buon medico e che ha esperienza con i casi come il tuo- dice trafelato sporgendosi col corpo verso di me sottolineando ancor di più la sua foga.
Rimango a guardarlo impietrita e sconvolta dalle sue parole, posso giurare di sentire i miei occhi pizzicare affinché io rilasci le lacrime che sto trattenendo.
-Non farlo. Non osare- mi rimprovera Crow avvicinandosi ancora di più -non osare- ripete fissandomi duro e so che si riferisce ai miei occhi lucidi.
-Non dirmi cosa fare- cerco di ribattere guadagnando un po' di dignità -e non permetterti di trattarmi così!- Gli urlo arrabbiata e sembra che il mio tono faccia effetto perché lo vedo indietreggiare e sbarrare gli occhi rendendosi finalmente conto del suo comportamento... i suoi cambiamenti di umore iniziano a farmi venire il mal di testa: un minuto prima mi fa una delle sorprese più belle della mia vita e quello dopo è qui ad urlarmi contro per lasciarmi alle cure di un viscido.
-Mi dispiace- dice riacquistando lucidità -mi dispiace Max, io non so cosa...- è davvero così dura per lui esprimere a parole qualcosa che non sia disprezzo o odio.
-Allora dimmi che diavolo ti prende!- Lo incalzo asciugando con quanta più discrezione riesco una lacrima.
-Non mi prende nulla- mi dice per la seconda volta senza essere davvero convinto -ma non capisco la tua reazione: lui è un medico, che differenza c'è se è lui a curati o io? Stiamo solo aspettando Max! Passiamo le giornate a sperare che qualcuno muoia e che quel qualcuno sia sulla lista dei donatori e che, sempre quel qualcuno, abbia il tuo gruppo sanguigno e come medico, purtroppo, non c'è niente che io possa fare per cambiare questa cosa!- Dice d'un fiato a voce talmente alta da darmi fastidio alle orecchie.
Proprio quando pensavo mi stesse chiedendo scusa eccolo affondare il coltello nel mio cuore ricordandomi quanto la mia vita sia ad un soffio dal spegnersi assieme a queste dannate macchine che mi circondano.
-Vattene- gli dico incolore senza guardarlo.
-Cosa pensavi Max? Che fossi il tuo cavaliere o il tuo angelo custode? Che basti solo la mia presenza per guarirti magicamente? Sai bene che non è così e sai che non-
-Ho detto vattene. Vattene o chiamo le infermiere- sibilo ancora senza degnarlo di uno sguardo, lui è combattuto: sposta il peso più di una volta poi sferra un pugno contro il comodino vicino facendomi sobbalzare e se ne va.
Quando sbatte la porta alle sue spalle porto le ginocchia al petto e, racchiusa in me stessa, mi lascio andare a dei singhiozzi che da tanto tenevo dentro me; quando li sento talmente forti da non lasciarmi respirare, capisco che ormai è troppo tardi e che il secondo più grande errore della mia vita l'ho già fatto senza che nemmeno me ne accorgessi: si dice che l'amore cura ogni ferita, nel mio caso l'amore è solo sale. Sale sulle ferite.

Amore malatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora