Non mi sono mai piaciuti i giovedì: quando la salute ancora me lo permetteva andavo a scuola e il giovedì era il giorno della ginnastica: ricordo che mi alzavo la mattina ed ero già nervosa e di malumore. La odiavo e speravo solo che quelle due ore passassero subito. Oggi mi sembra stupido pensare che quelli fossero i miei problemi.
Questa mattina mi sono svegliata sola in camera, è passata solo un'infermiera per chiedermi se stessi bene: le ho risposto mestamente di sì tenendo la testa bassa...ho visto solo lei in tutta la mattinata e mi sembra di esser stata dimenticata. Dove sono tutti?
Nemmeno la TV che sto tenendo ad un volume fin troppo alto riesce a distrarmi da questa domanda.
-Ehi...- sento una voce, la sua voce e per la prima volta in questo giorno mi sento felice. Alzo lo sguardo e sorrido apertamente vedendo Lear.
-Ciao- rispondo caldamente cercando di non suonare fin troppo entusiasta -pensavo fossi scappato con i tuoi amici alieni- gli dico non riuscendo a trattenermi e suonando quasi ridicola. Volevo sapere cosa aveva fatto da quando ieri mi aveva lasciata, letteralmente scappando, dopo il nostro abbraccio.
Lear mi guarda, fa un sorriso accennato ma poi si riprende subito: assume un'espressione grave e, oserei dire con fare nervoso e imbarazzato, congiunge le mani per poi lasciare ricadere velocemente ai fianchi.
Si avvicina incerto e si siede accanto a me sul letto.
-Oh- dico mettendomi sedendomi meglio -oh- ripeto con una faccia illuminata -ho capito: gli alieni ti hanno rubato il cervello sostituendolo con un altro: è per questo che non parli? Perché in realtà sei-
-Max- mi interrompe grave lui, chiaramente non apprezzando il mio maldestro tentativo di fare dell'ironia. Lo guardo attentamente cercando di capire cosa gli passa per la testa.
-Smettila- gli dico impaziente -qual è il problema?- Chiedo ormai preoccupata.
-Io...- inizia con voce bassa -Max, questa notte il tuo compagno di stanza...John...ha avuto una complicazione e...- non sento nemmeno più la sua voce: quando fa per prendermi la mano capisco tutto: "probabilmente non supererà la notte" mi aveva detto. La vista mi si appanna e mi rendo conto che è per colpa delle lacrime solo quando una di loro mi scivola sulla guancia. L'espressione di Lear si contrae in una smorfia di compassione e dispiacere e mi stringe la mano ancor di più.
-Non ha sofferto, o almeno credo...era sotto morfina e...-
-Lo sai che non conta nulla. Lui è morto- lo interrompo cattiva.
-Io...- dice interdetto.
-No- scuoto la testa -mi dispiace, tu non c'entri nulla...- gli dico affranta. Non riesco a credere che John non ci sia più. Lo conoscevo da poco ma potevo ormai definirmi sua amica. Avevo conosciuto suo figlio, la sua storia...
-Max- sento richiamarmi da Crow.
-Eh?- Rispondo disorientata, mentre cerco di guardarlo negli occhi.
-Ascolta non ho molto tempo prima che il tuo nuovo dottore venga qua, mi trovi e poi vada a lamentarsi dal direttore- mi dice scocciato -voglio che tu mi prometta una cosa: devi reagire, ok?- Mi guarda fisso negli occhi -so che gli eri affezionata ma non puoi permetterti di debilitarti anche psicologicamente- mi dice.
-Lo dici da medico? O lo dici perché ci tieni a me?- Chiedo stizzita.
-Max io non sono un uomo buono e vuoi la cruda verità? Lui per me era un paziente come un altro, è morto come muoiono tanti! Ma tu non sei una qualunque e Max, permettimi di essere egoista e di dirti che se ti lasci andare adesso non te lo perdonerò!- Conclude furioso.
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Amore malato
أدب نسائي"Ho diciotto anni da due settimane, una vita sociale inesistente, sono depressa, vivo la mia vita tra casa e ospedale e il mio fegato è andato. Come se non bastasse il mio dottore mi ha abbandonata, lasciando letteralmente la mia vita nelle sue mani...