𝟴

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Tsukishima pov

Mi rigirai un pò la lettera tra le mani prima di aprirla, notai come fosse un po' stropicciata e con delle macchioline che sembravano chiazze di lacrime. Decisi di cominciare a leggerla, prima che Matsui cambiasse idea.

Cara Kaori, figlia mia,

a scriverti è la tua mamma.
Mi dispiace, mi dispiace davvero tanto della vita che ti sto facendo passare, ma non ho la forza...la forza di lasciarlo, perché infondo, io lo amo ancora con tutto il mio cuore, non riesco a far altro che subire.
Avrei dovuto cogliere subito i segnali di quell'uomo, in fondo la violenza verbale è la prima tappa di un susseguirsi di violenze, ma non sono riuscita a capirlo, così da entrare in un circolo vizioso.
Mi dispiace che tu debba assistere a questo tutti i giorni, ma oltre che proteggerti da lui prendendomi io i colpi non saprei che altro fare.
Il fatto è che ho paura, tanta paura di quello che possa succedere, non posso contare su nessuno, nessuno sa di questa situazione che viviamo.
Se riceverai questa lettera vuol dire che io me ne sono andata per sempre.
È una cosa egoistica, ma ti giuro, non riesco più a combattere come prima.
Ti prego, capiscimi. Non ho più le forze per subire tutto questo, la mia mente è completamente sottosopra e non so come io mi debba comportare. Non tutto l'abuso è fisico, non tutti gli abusi lasciano i lividi.
Questo mi ha portato in un vortice profondo di pensieri, la mia mente voleva solo riposare, ma non gli era concesso, così ho deciso di lasciarla riposare per sempre, insieme al mio corpo, così da fargli ricucire tutte quelle ferite, visibili e non.
Ti prego di andare dai nonni, loro sapranno come farti crescere al meglio, cerca di stare il più lontano possibile da quell'uomo.
E l'unica cosa che tu possa fare.
Ti guarderò sempre dal cielo, amore mio.

-la tua mamma.

Rimasi a guardare quel foglio di carta per un tempo indefinito, notando la scrittura tremolante della mamma.
Non riuscivo a fare nulla, se non ripiegare quella lettera e ridargliela.

-È morta di overdose, ha ingerito tutta la confezione di antidepressivi in una sola volta. Non so se ha ingerito altro.- Nella sua voce non trapelava nulla, come dai suoi occhi.
Ne rabbia, ne tristezza, semplicemente il vuoto.

Sarà davvero così o è lei che nasconde tutto?

Mentre pronunciava quelle parole riporse con cura il foglio all'interno del cassetto.

Stavo cercando di capire cosa dire, ma il campanello catturò la nostra attenzione.

-Vado io.- Disse Matsui per poi uscire dalla stanza.

Guardai il telefono, notando l'ora, me ne dovrei andare.
Notai come Emi si fosse addormentata con la testa sulla mia spalla, così decisi di metterla a letto, coprirla ed uscire dalla camera.

-Tsukishima, loro sono i miei nonni.- Disse Matsui cercando di forzare un sorriso.

-Salve.- Feci un leggero inchino.

-Oh Kaori, chi è questo bel giovanotto?- A parlare fu il nonno.

-È un ragazzo del club di pallavolo maschile, l'ho fatto venire perché Emi insisteva a vederlo, così decisi di accontentarla.-

-È stato un piacere conoscervi, ma ora devo andare.- Sforzai un sorriso.

-Ti accompagno all'uscita.-

Uscimmo uno dietro l'altra, così notai ancora meglio il suo tatuaggio.
Allora è il nome della mamma.

Allungai la mano, sfiorandolo, il movimento mi è venuto spontaneo. Con uno scatto allontanò il braccio, per poi girarsi con uno sguardo impassibile.

-Non so cosa dire. "Mi dispiace" non mi sembra la cosa migliore, dubito tu voglia la mia pena.- La guardai negli occhi.

-Già, se te l'ho fatto leggere è perché sapevo che tu non avresti detto le solite parole che mi dicono tutti.- Si mise una mano dietro alla nuca.

-Sappi che ti guarda sempre, anche se questo già te l'ha detto lei. Non posso capire cosa si prova, però cerca di non scoraggiarti mai. Se mai succedesse qualcosa con tuo "padre" chiamami, sono pronto ad aiutarti. Sono contento che tu abbia deciso di dire tutto questo a me. Se ti vuoi sfogare poi farlo, sono un buon ascoltatore, anche se non so dare consigli e tanto meno consolare.-

Le parole uscirono dalla mia bocca come un fiume, senza che io ci pensassi troppo. Ho solo detto quello che mi sembra più giusto dire in un momento come questo.
Appunto perché non sono capace di consolare non l'ho fatto, ho solo detto quello che pensavo.

-Grazie mille, se te l'ho detto è perché mi sentivo di potermi fidare.-

-Ah, se ti serve una mano con Emi puoi chiamarmi.- Dissi prima di uscire dal cancello.

-Va bene, grazie ancora.-

La osservai arrivare alla porta di casa prima di mettermi le cuffie ed iniziare a camminare fino alla stazione.

Nota autore:
Beh, le cose tra i due sembrano andare bene?
no?

Non sono come lui Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora