Capitolo 17

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Mi svegliai di soprassalto e mi portai le mani alla gola per cercare di fermare le mani di qualcuno che non c'era.
Solo l'ennesimo incubo. Malgrado quella consapevolezza, impiegai diversi minuti a riprendere fiato. Avevo l'impressione che quelle immagini, anziché svanire, diventassero sempre più reali. Scossi la testa e mi guardai attorno per distrarmi, l'interno della mia lampada era immerso nell'oscurità. Riuscivo a mala pena a distinguere il profilo della poltrona imbottita. Pensai dovesse essere ancora notte, ma lo strano aggeggio che mi aveva dato James (lui lo chiamava 'sveglia') diceva tutt'altra cosa. I numerini luminosi indicavano le 7.30.
Maledizione! Avrei fatto tardi un'altra volta!
Scalciai via le coperte e scesi dal letto così velocemente da avere un capogiro. Mi fiondai verso la cassettiera, estrassi i primi abiti che mi capitarono e li infilai goffamente.
Un'occhiata allo specchio mi bastò per appurare che i miei capelli erano un vero disastro: che novità!
Li pettinai con energia e li raccolsi in una traccia che lasciai ricadere in mezzo alle scapole. Afferrai la borsa e schioccai le dita per smaterializzarmi. Un'istante prima di sparire tuttavia, notai qualcosa che mi sconvolse.
Era un segno rosso quello sul mio collo?
Appena fuori dalla lampada mi precipitai verso la finestra, maledicendo ancora una volta il mio padrone per non aver messo uno specchio là dentro. Esaminai febbrilmente la pelle sotto il mento. Niente.
Doveva essere stato uno scherzo della luce, pensai tranquillizzandomi. Mi diedi della sciocca per averlo anche solo pensato.
Tirando un sospiro di sollievo, mi accorsi del perché quella mattina fosse tanto cupa. Il cielo fuori dalla finestra era plumbeo e prometteva un acquazzone.
Non lo presi come un buon segno.
Arrivata di sotto trovai James, già vestito di tutto punto, ad aspettarmi all'ingresso. Ovviamente lui era in perfetto orario.
"Lo so, lo so! Sono in ritardo" lo anticipai, notando la sua espressione contrariata.
"E questa non mi sembra affatto una novità" commentò lui, acido.
"Andiamo?"
"Sì, sarebbe il caso" rispose, aprendo la porta.
"Ti sei vestita al buio?" domandò appena mettemmo piedi fuori.
Guardai i semplici pantaloni di tela beige e la maglia color corallo che indossavo, non erano il migliore dei miei abbinamenti ma non erano nemmeno tanto tremendi; decisi di rispondere ignorando il sarcasmo.
"Visto che non ho elettricità nella mia lampada e tu mi hai proibito le candele..."
"Sentiti pure libera di usarle. Almeno in certi casi" disse salendo in auto.
Alzai gli occhi al cielo e montai sul sedile accanto. Ci mancava solo un padrone meteoropatico!
Durante il tragitto verso la scuola, iniziarono a scendere le prime gocce. Quando arrivammo, la pioggia cadeva talmente fitta da impedire la vista di qualsiasi cosa distasse più di un metro.
"Grandioso! Pensavo che qui non piovesse mai" mi lagnai appena James spense il motore.
"Spiacente, Scricciolo. Siamo in California non nel deserto. Qui esistono le tempeste" mi informò, in tono saccente.
"Esistono anche nel deserto! Solo che sono tempeste di sabbia" lo rimbeccai scimmiottando il suo tono.
"Beh, attenta a non annegare allora!" disse con un mezzo sorriso. Dopodiché si alzò il cappuccio e corse fuori dall'auto. Sparì prima che avessi il tempo di aprir bocca.
Quell'idiota!
Se pensava che sarei stata al gioco si sbagliava di grosso. Dopo essermi accertata che nessuno guardasse nella mia direzione (anche se probabilmente non avrebbero visto nulla comunque, a causa della pioggia) schioccai le dita e sparii.
Aprii gli occhi e fissai le pareti giallognole del bagno delle ragazze. Stranamente era vuoto. Ringraziando la buona sorte mi avviai verso la porta, quella però venne aperta da qualcun altro prima che avessi modo di afferrare la maniglia.
"Ah, eccoti qui!" esclamò Lizzie entrando "James ha detto di averti lasciata in auto. Come sei entrata senza bagnarti?"
"Ecco diciamo che è stato facile, più o meno come schioccare le dita" risposi allusiva.
"Oh" mormorò sorpresa.
"Beata te! Io invece sono un disastro" aggiunse, riprendendosi.
Guardandola meglio in effetti, mi accorsi dei vestiti fradici e dei capelli umidi che schizzavano in tutte le direzioni.
Si precipitò allo specchio e tentò di sistemarsi con le dita le ciocche solitamente bionde e ora scurite dalla pioggia.
"Credo di aver peggiorato le cose. Perché ho voluto tagliarli?" mormorò afflitta.
"Ferma, ferma. Lascia fare a me!"
Unii le mani e sbattei gli occhi. Un istante dopo Lizzie era asciutta e coi capelli perfettamente acconciati.
"Ginny, sei mitica!" esclamò guardandosi allo specchio.
Le sorrisi compiaciuta lisciandomi la treccia.
"Mitica? Non è proprio il termine che userei io" si intromise una voce divertita alla nostre spalle.
"Che ne dite di patetica o.. goffa, meglio ancora: ridicola!" proseguì Ashley, suscitando l'ilarità delle sue compagne. Fortunatamente non aveva notato la magia.
"Ashley, così acida già alla prima ora? Tenti di battere un record?" la canzonò Lizzie, voltandosi verso di loro.
Quella mise su un'aria sorpresa e confusa e si voltò varie volte verso le sue amiche.
"Avete sentito? Sembrava la voce di qualcuno. Ma chi sarà? Forse l'eco di una perdente" commentò maligna.
Afferrai Lizzie per un braccio prima che si cacciasse nei guai. Buffo: di solito ero io quella che aveva bisogno di essere fermata!
"Non ne vale la pena" le dissi, per trattenerla, mentre quelle tre continuavano a ridacchiare.
"Andiamo" le presi la mano e aprii la porta, scansando Ashley con una gomitata.
"Ehi, attenta! Questo vestito costa più di tutto il tuo guardaroba!" sibilò lei.
"Oh le mie scuse! Sarebbe un vero peccato se si rovinasse" dissi spalancando gli occhi, con aria afflitta.
"Attenta all'acqua!" mormorai, schioccando le dita dietro la schiena.
In quell'esatto momento tutti i rubinetti iniziarono a schizzare acqua fangosa sulle tre malcapitate, causando loro una reazione isterica.
Mentre le urla di quelle tre rimbombavano per tutti i corridoi, io e Lizzie uscimmo tranquillamente dal bagno, senza riuscire a trattenere le risate.
"Mitica" mormorò lei di nuovo, tra una risata e l'altra.
Dopo averle fatto l'occhiolino ci affrettammo a raggiungere le nostre aule.

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