Capitolo 27

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Malgrado la determinazione di Lizzie e le sue frequenti occhiate torve verso il fratello, riuscimmo ad uscire di casa solo dopo che fu passato mezzogiorno.
Lo sceriffo Reed ricevette una chiamata poco prima che uscissimo e se ne andò in tutta fretta.
Corbin e Lizzie mi spiegarono che era piuttosto normale quel comportamento da parte sua, dopotutto svolgeva un lavoro che richiedeva una disponibilità e una dedizione continue.
Il centro commerciale si rivelò essere un imponete edificio a pianta rettangolare con la facciata di mattoni scuri. L'intera struttura si sviluppava su svariati piani, ciascuno occupato da un numero pressoché infinito di negozi.
Con cupa rassegnazione dovetti constatare che, così come ogni altro luogo pubblico di quel secolo, anche il centro commerciale sembrava dover ospitare l'intera popolazione statale.
In confronto il vociare del mercato del mio villaggio era una piacevole melodia di sottofondo.
L'idea di dover restar chiusa là dentro insieme ad una miriade di altre persone chiassose, era resa sopportabile solo dalla compagnia di Lizzie e dalla notevole curiosità che tutti quegli oggetti esposti nelle vetrine suscitavano in me.
"Allora, da dove vogliamo cominciare?" chiese Lizzie, voltandosi verso di me.
"Non ne ho idea" mormorai, continuando a guardarmi intorno sbalordita.
Lizzie ridacchiò.
"Io direi che... ci servono delle scarpe nuove" affermò con un sorriso furbo.
"Vada per le scarpe" assentii, ancora soprappensiero.
Mi prese sotto braccio e iniziò a farsi largo tra la folla a passo svelto e sicuro, trascinandomi con sé.
Procedemmo a zigzag scartando varie persone e i loro sacchetti voluminosi, finché Lizzie non individuò il negozio che faceva al caso suo.
"Non pensavo fossero il tuo stile" mormorai, fissando le scarpe luccicanti dai tacchi vertiginosi che stava studiando con aria meditabonda.
"Queste sono per te infatti" replicò senza alzare lo sguardo.
"Per me?"
"Certo. Ricordi? Lo shopping scaccia i brutti pensieri"
"Sì, ma io credevo che avrei aiutato te a farlo"
"Non sono io quella che ne ha bisogno, al momento" spiegò, in tono eloquente.
"Ma io non ho denaro" le feci notare.
"Penso io a quello. E no, non mi devi niente" proseguì, prima che potessi protestare.
"Consideralo un rimborso per i vestiti che ci hai prestato per la festa"
"Io quelli non li ho dovuti pagare"
"Ecco perché sono molto più preziosi"
La fissai ammutolita. Scrutando quegli occhi castani così colmi di determinazione non riuscii a trovare il modo di contraddirla.
"Queste sono fantastiche. Provale!" mi incoraggiò, porgendomi un paio di sandali con la zeppa dall'aria tutt'altro che comoda.
Restai a fissarla titubante ancora qualche istante, prima di afferrare le scarpe che mi porgeva con un sorriso.
"È perfetto! Ti sta a pennello" trillava entusiasta Lizzie, più di un'ora dopo.
Abbassai lo sguardo sul vestito di velluto nero che ora mi fasciava il corpo. Il corpetto a forma di cuore si stringeva in vita per poi scendere in morbide onde fino a metà coscia, mentre un elegante pizzo mi copriva le braccia e il decolté. Lizzie me lo aveva fatto provare e dopo averlo giudicato perfetto, aveva insistito affinché lo tenessi indosso.
"Non avresti dovuto" ribadii per l'ennesima volta.
"Sì, invece" disse lei, in tono che non ammetteva repliche.
"Grazie" sussurrai allora.
Il meraviglioso sorriso che mi rivolse spense definitivamente ogni mio ulteriore desiderio di protesta.
Un acuto fischio di apprezzamento mi perforò i timpani non appena Corbin ci raggiunse.
"Che schianto" commentò, squadrandomi da capo a piedi.
Lo ringraziai elargendogli un sorriso compiaciuto e divertito.
"Dove ti era cacciato?" lo apostrofò la sorella.
"Rilassati, sorellina. Lo sai che non sono un fan di scarpe e vestiti. Anche se devo ammettere che potrei anche ricredermi" aggiunse, gettandomi uno sguardo in tralice.
Soffocai una risatina, mentre Lizzie alzava gli occhi al cielo.
"Comunque ero andato a ritirare... il pacco che stavi aspettando" le comunicò, con fare allusivo.
Gli occhi di Lizzie si accesero di trepidazione, mentre fissava il fratello. Ci siamo, pensai. Qualunque cosa avessero architettato quella mattina stava per essere svelata.
"Ginny, mi aspetteresti per qualche minuto?" chiese, voltandosi verso di me.
"Certo" risposi, trattenendo a stento un sorriso.
"Fantastico! Potresti precedermi al negozio di trucchi. Ho davvero bisogno di un nuovo... rossetto"
"D'accordo"
"Arriviamo subito!" assicurò, sparendo tra la folla con il fratello.
Scossi la testa divertita mentre pensavo a che pessima bugiarda fosse la mia amica. Pensando di non avere migliori alternative, mi avviai verso il negozio che mi aveva indicato. Camminando iniziai a domandarmi cosa avessero potuto inventarsi quei due. Una cosa era certa: niente di quello che avrei potuto immaginare si avvicinò anche solo lontanamente alla realtà.
Quando raggiunsi il negozio, le mie fantasticherie tuttavia, passarono in secondo piano. Malgrado non fossi mai stata particolarmente attratta da quel genere di articoli femminili, dovetti ammettere che in questo secolo avevano il loro fascino.
Mentre facevo passare lo sguardo tra i diversi tubetti scintillanti, mi sorpresi a chiedermi quale sfumatura si sarebbe intonata meglio al mio incarnato.
"Cosa combini?" sussurrò una voce alle mie spalle, distogliendomi da quei pensieri.
L'improvviso riconoscerla riaccese in me la collera che era rimasta sopita per l'intera giornata.
"Guardo i rossetti. Non si nota?" risposi piccata, senza voltarmi.
La mia mente volava, mentre un'infinità di domande ed emozioni mi si affastellavano nella testa.
Ma perché James era lì?!
Poi realizzai: dovevano averlo chiamato Corbin e Lizzie. Ecco dunque svelato il loro misterioso piano. Per un attimo fui tentata di prendermela anche con loro.
"Cosa te ne faresti di un rossetto?" insistette lui.
Mi voltai sempre più irritata da tanta sciocca ed insignificante curiosità. Il ritrovarmi faccia a faccia con lui però, e con i suoi incredibili occhi d'ambra, per un istante mi disorientò. Ma feci del mio meglio per non darlo a vedere.
"Non saprei. Magari lo metto, che ne dici? Sai sulle labbra?" sibilai sarcastica.
Un sorriso furbo gli si dipinse in volto, mentre guardava la mia bocca. Mormorò qualcosa, che non afferrai.
"Come?"
"Tu hai delle labbra, io ho delle labbra" disse sfiorandosi la bocca "È interessante"
Lo fissai sconcertata, mentre la mia irritazione scemava.
Quanto sapeva essere sensuale e profonda la sua voce, quasi come quella di un incantatore di serpenti. Per un attimo fui sul punto di imitare quelle viscide creature e lasciarmi guidare dalla voce del mio incantatore. Poi però, la sgradita immagine di quello che aveva fatto James, mi apparve nella mente, e la furia tornò a montarmi dentro.
"Sì, davvero interessante. Dovresti provarne uno anche tu. Scommetto che il rosso ciliegia è il tuo colore" sbottai, mettendogli un rossetto in mano ed allontanandomi a grandi passi.
"Ginny, aspetta..." provò a richiamarmi lui.
"Non ho voglia di ascoltarti, James. Lasciami in pace!" urlai e corsi via il più velocemente possibile.

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