Capitolo 30

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Le suole dei miei stivaletti ticchettavano frenetici, mentre salivo i gradini a passo di corsa. Dopo aver varcato le doppie porte a vetri della scuola, mi ci appoggiai un istante per riprendere fiato.
Dal consueto trambusto che echeggiava nei corridoi, dedussi che la prima campana dovesse già essere suonata. Ovviamente eravamo in ritardo.
Il fatto che James avesse dovuto lasciarmi davanti a scuola per andare a cercare parcheggio altrove, ne era già stato un primo indizio, piuttosto evidente.
A quanto pare il nostro piccolo siparietto in corridoio aveva portato via più tempo di quanto avessi immaginato.
Per un attimo l'immagine del torso nudo e imperlato di goccioline d'acqua del mio padrone tornò a invadermi la mente, screziandomi gli occhi di rosa.
L'idea dei nostri corpi a contatto, della sua pelle umida sotto le mie mani mandò un nuovo brivido d'eccitazione lungo la mia schiena.
Prima che avessi modo di impedirlo, un altro sciocco sorriso mi spuntò agli angoli della bocca.
Con una scrollata di spalle lo scacciai, svelta. Dovevo smettere di pensarci. Smettere di fantasticare...
In fondo non era successo niente, giusto?
Niente che potesse cambiare la situazione, ad ogni modo. Per quando potessi illudermi del contrario, lui rimaneva sempre il mio padrone ed io il suo genio. Nulla di più.
E se c'era una cosa che avevo imparato in tutti quei secoli era che i dolori più grandi nascevano proprio dalle speranze vane.
Non che il comportamento del mio padrone facesse in modo di scoraggiarle comunque.
Nemmeno le incoraggia però, pensai mesta.
James era rimasto insolitamente tranquillo e rilassato per tutto il tragitto fino a scuola. Non solo aveva preso il mio ritardo con più serenità del solito, ma si era addirittura limitato ad una semplice alzata di sopracciglia alla vista del mio abbigliamento eccentrico.
Malgrado la sua espressione non avesse lasciato trapelare granché, come di consueto, l'ombra di un sorriso lo aveva accompagnato per tutto il viaggio.
Digrignando i denti maledissi ancora una volta la mia totale incapacità nel decifrare le sue emozioni.
Con ancora quei pensieri ad affollarmi la testa, a stento riconobbi Corbin e Lizzie alla fine del corridoio. Scuotendo la testa affrettai il passo nella loro direzione.
Avvicinandomi, non potei fare a meno di notare che i due sembravano presi da una conversazione più concitata del solito. Leggermente seccata, ma per nulla sorpresa, iniziai a domandarmi cosa avesse scatenato l'ennesimo litigio tra i due fratelli. Quando fui a pochi passi da loro, cominciai a cogliere alcune parole; tra i loro bisbigli tutt'altro che sussurrati udii distintamente il mio nome e quello del mio padrone.
Drizzando il più possibile le orecchie nella loro direzione, cominciai a realizzare di cosa stessero discutendo tanto animatamente. Erano preoccupati che il loro piano per far riappacificare me e James non fosse andato a buon fine.
Con tutto quello che era successo nel corso della serata, quasi mi ero scordata del loro ruolo in tutta quanta la vicenda. Malgrado il mio primo istinto fosse stato quello di andare a rassicurarli, non lo feci. Un'idea improvvisa mi aveva attraversato la mente.
Senza rifletterci sopra due volte, mi apprestai a metterla in pratica.
Ruotai le spalle indietro, alzai il mento e mi sforzai di assumere un'aria seria e leggermente irritata. Augurandomi che lo scintillio dorato nei miei occhi non mi tradisse, marciai verso di loro con fare deciso. Non appena mi videro, il loro brusio concitato cessò di colpo.
Si voltarono entrambi verso di me, e mi fissarono con sguardi carichi di aspettative e sorrisi nervosi. Io feci del mio meglio per ignorarli, e per trattenere un sorriso.
"Ciao, Ginny!" esclamò Lizzie entusiasta.
"Allora, come com'é andata la serata?" chiese con voce appena più incerta, notando la mia apparente indifferenza.
Mi limitai a lanciarle uno sguardo indispettito da sopra il libro che avevo appena afferrato dall'armadietto, ma ancora non risposi.
Lizzie e il fratello si scambiarono uno sguardo colpevole e preoccupato. Vedendo l'espressione corrucciata di Corbin per poco non mi sfuggì un risolino. Aveva l'aria di un bimbo colto con le mani nella marmellata, proprio come Zeke la sera prima.
"S-sei tornata con James?" riprovò lei, cercando di suonare naturale.
"Sì" risposi, ancora senza guardarli.
"Bene. Avete parlato? Vi siete chiariti?" domandò, con una nota di speranza a colorarle la voce.
La fissai dritta negli occhi con quello che sperai fosse un'occhiata dura e severa. Dal modo con cui entrambi abbassarono lo sguardo, afflitti, capii di esserci riuscita.
"Ginny, ci dispiace..."
"Sì Ginny, a Lizzie dispiace di aver fatto la ficcanaso. Io le ho detto di non immischiarsi..."
"Tu avresti detto a me, che cosa?! Ma se é stata una tua idea quella di dire a James di venire in moto e..." sbraitò Lizzie, puntandosi le mani sui fianchi.
"Sei stata tu a dire che avevano bisogno di parlare e ad insistere per fare quella messa in scena al centro commerciale" esclamò il fratello.
Mi morsi la lingua nel disperato tentavo di non ridere. Mi avevano presa più che sul serio. E io che pensavo di essere una pessima attrice!
"Ginny non stare a sentirla! Sapevo che non era una buona idea. Ora per favore, parlaci" implorò Corbin a quel punto voltandosi verso di me.
Vedendo i suoi begli occhi blu velarsi di sincero dispiacere, provai il forte desiderio di abbracciarlo.
"Sì, Ginny. Perdonaci. Io pensavo che passando la serata con James si sarebbe risolto tutto" provò a giustificarsi Lizzie, a testa bassa.
"Ehm, parlando di James... Come mai non è con te?" fece Corbin, come accorgendosi in quel momento della sua assenza.
"Dov'è?" domandò, gettandomi un'occhiata incerta e cauta.
"Proprio dietro di te" annunciò una voce alla sue spalle, nello stesso istante in cui scoppiai a ridere.
La mia risata non fece che intensificarsi, mentre l'espressione di tutti e tre passava dalla sorpresa allo sconcerto e poi alla confusione. Ben presto gli sguardi tornarono a posarsi su di me, sbigottiti quelli di Corbin e Lizzie, curioso quello di James.
"Scusa, padrone. Credo che i tuoi amici abbiano appena pensato che io ti abbia trasformato in qualche strana creatura e poi mi sia sbarazzata di te" spiegai senza smettere di ridere.
Tre paia d'occhi si spalancarono dalla confusione, mentre due bocche restavano aperte senza emettere alcun suono.
James fu il primo a riprendersi, ovviamente.
"Dovrei sapere di che parli?" chiese, con uno strano scintillio negli occhi ambrati.
"Mi spiace" mormorai smettendo di ridere "Non sono proprio riuscita a resistere alla tentazione! Dovreste vedere le vostre facce! Forse però sono stata un po' troppo convincete"
Pian piano cominciai a scorgere piccoli barlumi di comprensione nei loro sguardi.
"Troppo convincente?! Ginny, non lo fare mai più!" esclamò Lizzie. Il tono era severo, ma il sorriso tradiva il suo divertimento e sollievo.
"Non sono solita fare promesse che non posso mantenere" scherzai, lasciando che mi abbracciasse.
"Quindi ha funzionato?" chiese poi, sorridendomi.
Scambiai uno sguardo stranamente complice con il mio padrone ed annuii.
Anche più del previsto, pensai poi tra me.
"Lo sapevo!" esclamò lei al colmo dell'entusiasmo.
Le sorrisi allegra, non solo per ringraziarla della premura ma anche lieta che non avesse preso male la mia piccola vendetta.
"Aspettate... Ha funzionato?" mormorò Corbin a quel punto, con sguardo ancora spaesato.
"Ci stavi prendendo in giro?" realizzò, sorpreso dalla sua stessa affermazione.
Per tutta risposta scoppiai nuovamente a ridere, mentre Lizzie nascondeva il viso tra le mani e James sogghignava.
"Tu non sei un tipo molto sveglio, vero?" lo punzecchiò la sorella.
"Lo sapevo! Visto, Lizzie? Ti avevo detto che il mio piano avrebbe funzionato!" esclamò lui, senza dar alcun segno di averla sentita.
"Il tuo piano?" ripeté lei incredula.
"Quindi è andata bene?" chiese lui, posando un braccio sulle spalle dell'amico.
"E sentiamo, cosa avreste fatto di bello?"
"Mi ha portata al cinema" risposi, lanciando uno sguardo in tralice a James.
"Al cinema? Che romantico!" fece Corbin in tono canzonatorio, battendo un pugno sul braccio dell'amico.
James roteò gli occhi, ma non commentò. Corbin sembrò leggermente infastidito dalla sua reticenza nello stare al gioco, ma si riprese in fretta. Più in fretta di me, comunque.
Romantico? Non era decisamente l'aggettivo che avrei scelto per descrivere la serata appena trascorsa. Tuttavia una piccolissima parte di me fu toccata dall'idea...
"E sentiamo dopo il cinema, cosa avreste fatto?" proseguì lui imperterrito.
"Siamo tornati a casa" tagliai corto, mettendo a tacere anche i miei pensieri.
"Tutto qui? Ah amico, devo proprio insegnarti tutto!" sospirò Corbin, con fare teatrale.
Sorrisi, mentre Lizzie sospirava di rassegnazione.
"Non hai chiesto cosa è successo a casa, però" mormorò James.
Corbin fissò l'amico, per un attimo sembrò preso in contropiede. Guardò entrambi, poi cominciò a ridacchiare.
Malgrado sapessi che quella di James non era stata altro che una provocazione, non potei fare a meno di pensare a quella mattina. I miei occhi assunsero una sfumatura rosata al ricordo.
Prima che uno di noi avesse modo di aggiungere altro comunque, la campana suonò, scatenando il consueto affrettarsi di studenti verso le rispettive aule.
Dopo aver salutato Lizzie, io James e Corbin ci avviammo verso l'aula della signorina Wilkinson.
"Parlando di cose serie. Ricordi che weekend è il prossimo?" chiese Corbin con un'occhiata eloquente.
James aggrottò la fronte, confuso. Poi sembrò ricordarsi qualcosa all'improvviso.
"Ma certo!"
"Questo è il mio amico!" esclamò Corbin entusiasta.
Sentendomi leggermente esclusa dalla conversazione, chiesi di cosa stessero parlando.
Dopo essersi scambiati uno strano sguardo denso di sottintesi, Corbin si voltò verso di me e mi rivolse un sorriso carico di malizia.
"Prepara il bikini, tesoro. Si va al mare!"

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