Era calata la notte su Meletto, la seconda da quando erano arrivati.
Era un paesino gradevole dopotutto, in seguito a settimane di viaggi,combattimenti e fughe dai bombardamenti, era considerato dai più come un piccolo paradiso terrestre, circondato da lievi colline e tanto verde.
Un vero toccasana per i polmoni, quasi colmi di polvere di guerra. In realtà egli era ricolmo di tutto ormai, era stanco non voleva più combattere, anzi la verità era che non aveva mai voluto far parte dell'esercito, fu la sua famiglia e il Reich a costringerlo.
Inoltre se il Reich per legge lo aveva imposto, la sua famiglia lo aveva fatto per paragone: per far tacere quegli snob dei loro parenti e di suo cugino sempre perfetto, un estremo fanatico di Hitler che fece di tutto per arruolarsi e finire in prima linea. Dopo neanche una settimana dall'inizio del conflitto, arrivò una lettera gialla a casa: era durato poco più di ventiquattro ore sul campo di battaglia. I parenti snob si ammutolirono così, in un silenzioso lutto, ma anche per lui era stato tempo di partire. Prima l'Austria, poi la Francia e infine Italia.
Detestava anche sparare, ma era costretto a fare anche questo se voleva vivere, aveva quasi trent'anni e ritrovava in un paesino sperduto italiano, in pieno conflitto mondiale a fare la veglia alla caserma.
Rifiutò la sigaretta offertagli dal suo collega, si tirò su i calzoni sbadigliando: quella sarebbe stata un'altra lunga notte di tante da superare.
«Scheiß auf Hitler!»(1) borbottò tra se e se.***
L'alba finalmente giunse e poco a poco, ricominciava la routine di tutti i giorni.
Si alzò dal suo letto e vestita di bianco, nella scollatura, tra i seni sodi pendolava un piccolo tao di legno. Si diresse verso il lavabo e sciacquò il viso con acqua fresca, si vide allo specchio e iniziò a pettinare i lunghi capelli bruni, mentre anche il suo fratellino si svegliava.
Dario la raggiunse nel piccolo bagno sbadigliando, aveva ancora molto sonno.
«Rimettiti a letto. È ancora presto, vado al mercato da sola.»disse lei accarezzandogli le spalle coperte dal pigiamino azzurro.
«No voglio accompagnaaaaarrrt-...»protestò sonnolente lui, mentre sua sorella lo riaccompagnava a letto.
«Tranquillo, non preoccuparti torno subito.»disse dandogli un bacio sulla fronte mentre il bimbo si addormentava di nuovo.
Poi aprì l'armadio di legno e prese i vestiti, una camicetta di cotone bianco con stampa delle piccolissime rose rosse e una gonna marrone.
Legò i capelli in una treccia bassa e lasciò libero le ciocche sulla fronte; con se sempre il suo tao nascosto sotto la camicia. Si rifiutò di fare quello che molte donne facevano, ossia dipingersi una striscia nera dietro i polpacci e su per le gambe, per avere l'illusione di avere le stesse depilate e coperte. La trovava un'azione inutile anche per poi, osservando l'irregolarità e lo sfumarsi delle linee era palese, lei le aveva ricevute per il Natale scorso e le aveva conservate solo per le occasioni importanti. Indossò poi le sue scarpe con la zeppa di sughero e si diresse all'entrata. Sul mobiletto c'erano i soldi che don Orlando le aveva messo a disposizione per la spesa, che dormiva anche lui vista l' età aveva bisogno di riposo, li prese ed uscì dalla canonica.***
In piazza stavano in pochi a fare la spesa, un po' per la mancanza di denaro, e un po' per i nazisti che passavano di lì e pretendevano la merce, soprattutto cibo, gratuita.
Fiona li ignorò e fece la sua di spesa, una spesa abbondante come non si faceva dai più da tempo in paese. Prese i sacchetti di carta e la borsa a rete e si diresse verso la canonica. Per tornare doveva per forza di cose, passare verso il municipio dove c'erano altri nazisti.
Gli sguardi e i fischi di quest'ultimi non si fecero attendere, sebbene lontani e avvicinati da altre ragazzine del paese, mentre si ristoravano vicino alle fontanelle, a petto anche nudo, ella abbassò lo sguardo non voleva a che fare nulla con quelli la!
Ma la spesa e la salita stavano diventando ingombranti, le dita le pulsavano cremisi, la sottile spalla le doleva a causa delle stringe della borsa a rete, e neanche a farlo a posta, appena uno di quelli le disse qualcosa nella loro lingua, ella inciampò e fece cadere le buste di carta e procurando le risa dei soldati.
Che imbarazzo! Si coprì le gambe velocemente con la gonna e cercò di riparare al danno fatto, ma inutile una delle buste si era stracciata, ed ella non sapeva dove poteva mettere il cibo pagato.
Cercava di ignorare le risate e di trovare una soluzione, quanto avrebbe voluto suo fratello a darle una mano.Finché, forse per provvidenza divina, qualcuno le si avvicinò, pensò prima che fosse un compaesano e poi un nazista che voleva prendersi la sua merce.
Fu la seconda ma non per derubarla, anzi...«Posso aiutarla, signorina?»disse una voce marcata ma gentile.
Davanti a se vide gli stivali neri e lerci della divisa della Wehrmacht. Deglutì e alzò lentamente lo sguardo, e rimase sorpresa.
Un ragazzo alto, biondo, slanciato, con occhi verdi e un sorriso gentile. Impossibile pensare il contrario stranamente.
Portava la giacca sulle spalle, sotto la canotta bianco sporco e le bretelle.
Lei arrossì e annuì lentamente. Era davvero bellissimo.
L'aiutò ad alzarsi e le loro mani quando si avvicinarono sembrarono scottarsi.
«Tranquilla non mordo.»disse lui sorridendo tranquillamente.
«No, non è questo... Grazie, ma non dovrebbe perdere tempo con una come me.»farfugliò la ragazza.
«Nein. Dove dobbiamo andare?»chiese poi prendendo la rete che era la borsa più pesante e una busta di carta.
Che muscoli...pensò Fiona arrossendo ancor di più guardando le braccia nude del tedesco.
Scostò la testa e indicò la strada. Il nazista annuì e iniziarono a camminare.
Da lontano una voce ruppe il loro silenzio.
«Was machst du, um dich anzuschließen, was, Wolf?»(2)
«Halt die Klappe du Idiot!»(3)esclamò lui nella loro lingua strana.***
«Eccoci arrivati.»disse lei fermandosi, li.
«La chiesa?»domandò lui curioso alzando il sopracciglio.
«Si io abito nella canonica adesso.»rispose la ragazza.
«Bene, allora queste le lascio qui.»disse posando le borse sul muretto accanto all'entrata.
«Grazie mille, non saprei cosa avrei fatto senza di voi.»disse lei arrossendo.
Lui sorrise ancora e Fiona pensò che fosse davvero bellissimo.
Anche lui, pensò che fosse davvero carina quando arrossì e non solo, quella camicetta le evidenziava un seno -... Scacciò quei pensieri, era una ragazza tranquilla non era il caso.
La ragazza aprì la porta e dopo aver posato le buste stava per chiudere la stessa, quando lui posò la mano su di essa spingendola leggermente e spaventandola un pochino. Cosa voleva?
«Come ti chiami?»domandò lui sempre calmo.
Lei sembrò pensarci un attimo e poi rispose sincera.
«Fiona. E tu?»domandò lei appoggiandosi alla porta, erano molto vicini e i loro cuori iniziarono a battere forte inconsapevolmente.
«Philipp.»rispose lui, per poi allontanarsi e ritornando sulla strada.
«Addio Philipp.»esclamò Fiona prima di chiudere la porta.
«Auf wierdersehen Fiona.»(4) disse lui sempre in tedesco.
Fiona chiuse la porta e rimase incollata ad essa, senti il cuore battere e le guance arrossire, non poteva smettere di pensare al suo sorriso gentile; non poteva sapere che lo stesso accadeva a Philipp mentre tornava dagli altri, arrossiva appena la sua testa gli rimembrava il volto e il corpo di quella piccola italiana.
Cosa significava tutto questo? Si domandarono entrambi, in due posti diversi.***
(1): Fanculo Hitler!
(2): Cosa si fa per rimorchiare, eh Wolf?
(3): Sta zitto idiota!
(4): Arrivederci Fiona.
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Eine einfache Liebe
Historical FictionEra il 10 ottobre 1943 quando le jeep tedesche vennero a Meletto, una cittadina piccola ma importante dell'Italia centrale. Proprio nel suo paese, Fiona e Philipp si incontrano, si conoscono e si innamorano.