12. Il campo di gigli

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"Non ti devi preoccupare. Non è colpa tua” dovette ripetere Kudo, mentre sospirava e lo teneva stretto a sé “E si può sapere dove sia finito Bruce? È la seconda volta che ti vedo da solo.”.
Erano ormai da qualche ora in quella camera spoglia, provvista soltanto di un letto scomodo, di un tavolino in legno, uno sgabello apparentemente fragile e di un grosso cassettone in legno con un enorme lucchetto di ferro.
Yoichi chiuse gli occhi in quell’abbraccio e sorrise in modo gentile “Ha disertato da Tokyo ed è qua ora. Quindi, i ranghi militari lo obbligano a seguire-”
“A seguire chi?” Chiese, serio “Lo so come funzionano i ranghi qua. Ma, punto primo, deve obbedienza a me. Come tutti. L’ho creata io la Resistenza. Secondo…”
Abbassò lo sguardo, incrociando quel verde intenso degli occhi del suo interlocutore “... Non doveva abbandonarti. Tutto questo. La realtà, i rapporti sociali, sono nuovi per te. Non hai una conoscenza di base, non hai frequentato nessuno. Non riesci a cogliere i segnali delle persone ed è per questo che ti dobbiamo aiutare. Sei gentile, buono e altruista. E le persone sono egoista, possono approfittarsi di te.”.
“Tu non potresti mai approfittarti di me” fu la risposta immediata, sincera.
“Come fai a dire una cosa simile? Non mi conosci. Potrei sfruttarti per uccidere tuo fratello e abbandonarti!”
Yoichi scosse la testa e gli sfiorò una guancia con una mano “Non ti conosco bene. Ma il tuo viso, il rosso dei tuoi occhi, indicano che sei qualcuno di cui si può contare. Di qualcuno che farebbe di tutto per non fare o vedere ingiustizie. Proprio come un-”
“Un eroe?” Sussurrò Kudo, roteando gli occhi “Non sono un eroe. Non mi avvicino neanche a quella definizione”
“Come un vero Leader, intendevo.”  commentò Yoichi piano “So che non ci credi ancora. Ma sei dal cuore nobile, puro e con un immenso coraggio. Se non fosse così, la gente non ti seguirebbe. Sì, ognuno di noi ha dei difetti, forse. Ma questo non cambia la perfezione di ciò che sei. Mio eroe.”.
Erano parole sincere, dirette, era veramente convinto di quello che stava dicendo, nessun dubbio, nonostante il brutto momento avuto quel pomeriggio.

Kudo era pallido in viso, non sapeva come controbattere: l’idea di contare i numeri mentalmente per calmarsi si stava rivelando sbagliata, poiché aveva perso il conteggio almeno una decina di volte.
“Sei diverso. . .” Sussurrò piano, abbassando lo sguardo verso quella chioma argentata, in un abbraccio che non voleva sciogliere “. . . Sei sincero. Troppo. In un mondo dove tutti mentono, sono egoisti, pensando solo a sé stessi. Ma tu…”.
Involontariamente gli sfiorò una ciocca di quei capelli bianco argenteo con il pollice e l’indice per parecchie volte, non sapendo come proseguire.
Yoichi rimase in silenzio, annusando un profumo delicato alla menta di quella mano destra muscolosa e piena di cicatrici, meravigliato per quei movimenti delicati, arrossendo di nuovo.
Il suo cuore stava battendo forte, non era abituato a tutto quello: a una vicinanza che rassicurava, a un sussurro deciso e cordiale, a un abbraccio e a un tocco delicati e continui.
Prese coraggio e alzò la testa, per incrociare il rosso di quello sguardo ipnotico.
Nessuno dei due aveva intenzione di interrompere quel silenzio, quel contatto visivo, quei respiri ormai in sincronia.

“Non posso. . .”
Kudo riacquistò l’uso della parola, però la sua mano stava sfiorando la guancia di Yoichi.
Si morse il labbro.
“Dovresti avere paura di me. Perché hai quell’espressione? Perché mi stai vicino senza provare paura?” Il suo tono era serio “Sono il capo della Resistenza, pronto a tutto pur di uccidere tuo fratello e ogni persona legata a lui. Sono un essere umano, sono un egoista. Ti sto usando per giungere a lui e, terminato il compito, ti lascerò solo. O ucciderò anche te, quando non sarai più utile. Sono un egoista, questo sarà il tuo destino se non prendi le distanze da me. Usami solo come via di fuga da questa città. Non affezionarti.”.
Era molto bravo a creare dei muri, con tutti, lo fece persino con Bruce: litigarono quella volta, malamente. Appoggiò la mano sul letto, lo sguardo senza sorriso.
Yoichi, però, era diverso.
“Dici che mi userai?” rispose, mantenendo quel sorriso sincero “Sei un pessimo bugiardo. E no, non ho paura di te. Per te il mondo è bianco e nero, però non hai preso in considerazione che esiste il grigio. Che esistono i colori. Perché vuoi creare un muro tra me e te all’improvviso? Hai visto in che stato ero. Ti basterebbe poco per farmi crollare. Per usarmi come cavia per attirare All for One in una trappola. Ma non lo fai, non lo farai.”.
Indicò la giacca che aveva ricevuto “So che siete in guerra. So che vuoi la testa di mio fratello. Ma so che le tue intenzioni con me sono diverse. Ne ho visti di uomini malvagi. Ho sentito i loro sogni, i loro desideri egoistici. Eppure eccomi qua, sempre fiducioso. E a parlare con te.”
Gli occhi emanavano serietà “Con… come hai detto? Ah sì, il capo della Resistenza pronto a uccidermi. Ora dimmi... Perché mi hai detto queste cose? Le tue parole non corrispondono ai tuoi gesti.”.
Era più maturo di quello che sembrava apparentemente: fino a qualche giorno fa si emozionava per una cioccolata calda.
Kudo lo fissò sconvolto, quel cuore non sapeva controbattere “Io-… Senti, creo questi muri perché per tutti voi è meglio che non siate coinvolti direttamente in questo schifo di vita che ho deciso di condurre. Voglio dare un futuro a questa società e, per questo, ho venduto la mia anima.”.
Notò lo sguardo sconvolto “Figurativamente parlando! Non ho un animo, ho sfruttato i sentimenti della persona che lotta al mio fianco da anni senza accorgermi, ferendolo. Pur di avere… uno svago. L’ho fatto ingelosire, gli ho spezzato il cuore. E l’ho messo contro di te.”.

Light Behind Darkness [Kudoichi]. An untold hero taleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora