15. Volere e dovere

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La mattina seguente, quando la luce artificiale attraversò le fessure delle persiane, Kudo si stropicciò gli occhi e il naso fu solleticato da qualcosa di morbido.
Aprì gli occhi confuso e vide una chioma di capelli argentati sotto il suo mento, un corpo pallido che lo stava abbracciando da chissà quante ore.
Sospirò e sorrise, notando che con l’altra mano stringeva ancora quella appartenente a quella figura.
Contemplò il silenzio, accarezzando quei capelli, in modo protettivo, per poi sussurrare “Yoichi…”.
Quel tono che uscì era sempre diretto, ma con un tono malinconico: la mente di Kudo non era mai a riposo, anche se avesse voluto.
Sapeva che non avrebbe dovuto farlo, che un giorno loro due avrebbero dovuto dirsi addio.
Amava quella presa di coscienza, quella voglia di combattere, quella volontà, voleva creare un mondo libero anche per lui.
Fissò il vetro della finestra, voleva che Yoichi si svegliasse grazie ai raggi del sole oltre la finestra, in mezzo alla campagna, mangiando quello che voleva, senza dover seguire le loro restrizioni sul cibo della Resistenza, specie nei periodi in cui scarseggiava.
Voleva che avesse la possibilità di un futuro migliore, normale: correre in un campo di grano, leggere, viaggiare intorno al mondo.
Da solo.
Kudo sapeva che non era contemplato nell’equazione: combattere contro All for One significava morte certa.
Ma avrebbe sacrificato ogni cosa, anche la sua stessa vita, per mantenere quel sorriso e quegli occhi pieni di speranza in Yoichi.
Erano loro contro il tempo: sarebbero stati ritrovati, un giorno. E lui doveva avere un piano, anche se folle, per portarlo in salvo.
Era immerso in quei pensieri quando sentì qualcuno sussultare e muoversi.
“Mhn…? Cough cough~”
Quella piccola voce flebile, reduce da una notte di gemiti e urla, iniziava a tossire piano.
“Ssht… non parlare… o la tua voce si infiamma di nuovo” sussurrò Kudo piano, mentre diede un piccolo bacio su quella nuca, accarezzandogli la schiena “... Sembri un buffo coniglietto raggomitolato.”.

Yoichi arrossì violentemente e si rannicchiò di più, rabbrividendo per quella carezza, mentre la mano di Kudo gli sollevò il viso e lo guardò.
Inarcò un sopracciglio e fece un accenno di sorriso, notando il rossore di quelle guance “Ti piace se ti chiamo così, vedo.”.
Facendo una piccola capriola, si mise sopra di lui, accarezzandogli il collo, con una voce roca e profonda “Come ti senti? Se~”.
Furono interrotti da qualcuno che bussava insistentemente la porta e una voce familiare “Boss! Se non apri la porta in dieci secondi, la sfondo!!! Cazzo!”.
Kudo roteò gli occhi e prese delicatamente una coperta dal pavimento, avvolgendo Yoichi come se fosse una specie di burrito, il quale tremava impaurito.
Indossando soltanto un paio di boxers, aprì la porta, esclamando stizzito “Bruce, son qua! Datti una fottuta calmata! Stai facendo spaventare Yoichi, così!”.
Bruce sgranò gli occhi “Ma che? Lui è qui, allora? E… Ti ha dato di volta il cervello? Avvisami, sei sparito da 24 ore, porca puttana”.
“Sai che se succede qualcosa mi puoi sempre contattare tramite~” replicò Kudo in risposta, ma fu interrotto.
Bruce lo fulminò con uno sguardo furioso, mentre con una mano sventolava una radio  “Ah sì? Bene! TI STO CHIAMANDO DA ORE!”.

Kudo impallidì, non aveva messo in carica la radio, preso da quella passione; inoltre, non aveva impostato la sveglia.
non aveva mai commesso così tanti errori madornali, prima d’ora.
Provò a mantenere la lucidità mentale, osservando quello sguardo intriso di nebbia “Mi è passato di mente. Mi dispiace, ma ieri ho staccato la spina per~”
“Siamo in guerra!” Sbraitò Bruce, con uno sguardo truce, alzando le braccia al cielo “Stamattina dovevamo già spedire in missione i soldati per gli approvvigionamenti! La Base non può restare senza comando! Con questo scherzo, rischiamo di restare senza cibo! Ti si è rammollito il cervello, eh, Boss? Una cosa dovevi fare!”
Gli indicò il petto “Dovevi consegnarmi i fogli! I numeri! Qualsiasi cosa, eh! Ma NO! Devi fare sempre tutto da solo! E questo perché non ti fai mai aiutare!”
Kudo iniziò a respirare velocemente, sgranando gli occhi, mentre stringeva fortemente un pugno, vicino al cuore.
Provò a ragionare, a memorizzare qualcosa, mentre era preso da un tremolio: Non si ricordava più nulla, la mente non riusciva a produrre alcun pensiero, le orecchie stavano emettendo un piccolo fischio.
Sembrava che fosse sprofondato in una fitta nebbia, non percepiva più alcuna parola da Bruce, anche se vedeva che continuava chiaramente ad urlargli contro.
Si ritrovò in una gabbia mentale, all’improvviso, senza una via di fuga.
Chiuse gli occhi, il respiro era accelerato, scosse la testa, non sapeva neanche se stesse rispondendo o no…
Era immerso nell’oscurità, finché non giunse una piccola luce che illuminò quella strada.
Percepì qualcuno sfiorare la sua mano e poi, come una brezza primaverile, pian piano udì qualcosa.
Era una voce tranquilla, mite e, allo stesso tempo, decisa, che si manifestò dalle spalle di Kudo “Mercoledì 7. Servono 138 confezioni di carne essiccata. 97 litri di acqua e 240 chili di carbone per far funzionare il generatore.”.
Era Yoichi, con indosso un pigiama troppo enorme per lui, il quale emanava un sorriso spensierato “Dovete partire presso l’impianto fognario sud-ovest e ritornare in quello est usando il collegamento Delta. Servono 6 uomini e tre carretti.”
Kudo ritornò in quella realtà stranito, era la prima volta che aveva superato un attacco di panico senza ricevere un gancio destro da Bruce.
Abbassò lo sguardo e strinse di rimando quella mano, mentre il tremolio diminuiva.
“E la partenza? Non possiamo tornare indietro nel tempo” replicò Bruce, stranito.
Yoichi riprese, dopo un piccolo colpo di tosse, alzando lo sguardo “Per la partenza conviene posticiparla verso tardo pomeriggio, intorno le cinque e un quarto. Quando le guardie di mio fratello fanno meno ronde in giro per la città. Così avete due ore di tempo prima del coprifuoco.”.

Light Behind Darkness [Kudoichi]. An untold hero taleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora