16. Prospettiva

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All for One non aveva mai gradito appieno il suono della sveglia, però sapeva che il mondo non poteva essere migliorato senza la sua presenza.
Con uno schiocco di dita, disattivò quel rumore fastidioso e si alzò, con un sospiro, abbandonando quel letto matrimoniale ricoperto da delle lenzuola in seta rossa profumate e stirate.
Lentamente, si avviò di fronte a una maestosa cabina armadio, rivestita da una raffinata boiserie in legno di noce e separata dalla camera attraverso due enormi ante in vetro fumè, coordinate a una porta in vetro fumè riflettente.
All’interno, si affacciava un ampio vano dedicato a cappotti e vestiti coordinati tra loro; sei vani, da ambo i lati, erano dedicati per i pantaloni, le camicie e le giacche, su misura e in tessuto pregiato, dalla seta al velluto.
Nella parte centrale, distanziati di 30 cm circa, c’erano 8 cassetti in cui erano piegate alla perfezione le polo e le magliette, 5 cassetti per l’intimo e i pigiami in pura seta morbida e 3 vassoi estraibili, in cui erano riposti le cravatte, le cinture e i vari foulard.
Scostando un’anta scorrevole, si accedeva a tre scarpiere con ripiani inclinati, a due ripiani per le borse da lavoro e a un cassettone pieno di camici da laboratorio.
Quel posto era un vero e proprio microcosmo, che descriveva la personalità, i gusti e lo stile di vita del proprietario: perfezione, lusso e mania di controllo.

In un angolo della stanza, c’era una scatola in cartone di legno polverosa con una scritta ‘Ricambio’.
Lo sguardo di All for One si fermò su di esso e si fece pensieroso “Ah, sì. Il cambio dei vestiti. Mi è passato di mente, caro il mio fratellino. Cosa indosserai questa settimana? Vediamo.”.
Prese all’interno di quella scatola una maglia a maniche corte in cotone grezzo, di un colore azzurro ormai sbiadito.
Era sgualcita in molti punti, come tutti gli altri indumenti dentro quella confezione, segno della non curanza durante il lavaggio o per le condizioni in cui venivano lasciati.
Agli occhi di quel dittatore, però, sembrava che fossero perfetti: dopotutto, era All for One in persona che lo aveva sempre nutrito, vestito, offerto protezione e messo un tetto sopra la testa.
Secondo il suo contorto punto di vista, aveva fatto di tutto per il suo… gemello, sin dal primo giorno in cui erano stati concepiti insieme, condividendo la stessa placenta.
Sin da subito, All for One aveva dovuto fare molte scelte: dovette prendere tutti i nutrienti da quell’unico cordone ombelicale, lasciando il fratello debole e gracile.
‘Per sopravvivere’, dovette mangiare, come primo pasto, il cadavere della madre, deceduta a causa del parto, dopo aver rubato il suo quirk naturalmente.
I due neonati erano da soli, in quel mondo.
E il suo gemello era sempre insieme a lui, senza un potere: anche se era inutile, era comunque una delle possessioni di All for One.
Uno dei suoi oggetti da collezione, il più importante, il più prezioso: doveva appartenere soltanto a lui.
Anche se a volte quel gemello, nei primi anni di vita, provava in un qualche modo stupido a fermarlo, per esempio lanciandogli addosso una lattina presa dalla spazzatura, aveva compassione per lui e lo trasportava sempre con sé… dopo la giusta e severa lezione, ovviamente.
Quel piccolo corpo fragile riusciva a resistere bene a tutti i calci e pugni che riceveva come punizione per la ‘sua insolenza’.
Era la prima cosa che All For One ebbe in questo mondo, per questo Yoichi* fu il nome più appropriato che poteva dargli.
Era suo, soltanto suo.

Immerso in quei pensieri nostalgicamente noiosi, si diresse verso le cucine e prese un vassoio, sul quale appoggiò un piattino con al suo interno del pane raffermo e una bottiglia d’acqua, contemplando tra sé e sé “Non potrai fare lo sciopero della fame per sempre. Questa tua piccola protesta, come se potessi fare qualcosa.”.
Lo sguardo divenne glaciale “Patetico. Credi ancora all'eroismo. Ma cederai, prima o poi. E io ho tutto il tempo. La tua mente, il tuo animo… appartengono a me!”.
Mentre iniettava una sostanza inodore e incolore nell’acqua, nuovamente la mente vagò a quasi 20 anni prima: dopo un giro di perlustrazione, con l’intento di debellare la feccia della società, ovvero quelli senza un quirk, e si diresse verso la discarica principale.
Abitavano in una locazione provvisoria per il momento, ma avrebbe ottenuto un edificio solo per lui; in fin dei conti aveva soltanto nove anni, anche se fisicamente e mentalmente sembrava averne molti di più.
La sua indole malvagia era innata, come la bontà pura del fratello.
“Di nuovo.” digrignò, a denti stretti, giungendo presso un piccolo rifugio formato da cartoni, sassi e fango “Di nuovo è scappato!”.
L’espressione era piena di disgusto, la sua proprietà nuovamente si era mossa da quel pezzo di cartone usato come letto.
Era sempre la solita storia e quel comportamento da ribelle lo stava disprezzando: il suo fratellino doveva attenderlo lì, fermo, anche per delle ore.
Non doveva andare dove voleva!
Non doveva allontanarsi, senza avvisare!
Non doveva pensare di avviarsi in un posto senza di lui!
Doveva aspettarlo prima di andare in bagno, o a mangiare, o anche soltanto per una passeggiata.
Yoichi, da quando sapeva camminare a quattro anni, sgattaiolava via per curiosare i vari oggetti, per trovare un pezzo di cibo, anche se ammuffito, per nutrirsi… poiché suo fratello si allontanava persino per giorni.
Ma, per All For One, lui voleva abbandonarlo.
C’era sempre quel dubbio: avrebbe lasciato solo il sangue del suo sangue?
Oh, non glielo avrebbe mai permesso. Era suo! Soltanto suo! Avrebbe ucciso nella maniera più terribile chiunque avesse avuto intenzione di portarlo via.

Light Behind Darkness [Kudoichi]. An untold hero taleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora