35 ~ Ultimi sorrisi

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Mi domando se ti domandi tu
Che cosa faccio quando
sono solo io
Che cosa faccio quando
penso al nome tuo
E mi domando se ti domandi tu
Che senso c'ha parlare di tristezza
Se accanto c'è qualcuno con cui ridere

- Quel filo che ci unisce, Ultimo

Nathan

Il mio momento preferito in assoluto inizia quando la casa è avvolta in un silenzio perfetto che posso riempire con il suono del mio violino.

Aspetto sempre che mamma vada al lavoro prima di suonare, perché voglio che sia un'esperienza solo tra me e me. È da mesi che non rispetto questa mia tradizione, troppo preso dall'inizio della scuola e da tutte le situazioni che non riesco più a reggere.

Eppure oggi il richiamo dello strumento è arrivato con impeto, improvvisamente e pretendendo di non essere ignorato.

Per una volta mi sono ascoltato, ho aperto la custodia ormai impolverata e sono tornato a respirare dopo tanto. Non mi ero nemmeno reso conto di essere in apnea, troppo sommerso dall'acqua per sentire qualcos'altro che non fosse il freddo nelle ossa.

Suono ciò che conosco e quando finisco i pezzi ricomincio da capo. Mentre le note inondano il mio corpo il tempo si ferma, mi permette di tornare a galla e inalare l'aria che i polmoni tanto bramavano.

Durante la melodia dedicata a Marika, 16 77 53 8, mi sento terribilmente fragile, indifeso, insicuro persino. Sono circa a metà quando il suono del campanello interrompe la mia esibizione solitaria.

Vado alla porta chiedendomi chi potrebbe essere visto che non aspetto nessuno, e i miei occhi si scontrano con la figura della mia musa ispiratrice, proprio come nei sogni che faccio anche troppo spesso.

Il silenzio si protrae tra noi per alcuni secondi, in cui penso a tutte le cose che potrebbe dire, che io potrei dire.

"Nathan".

Potrei baciarla. Vorrei baciarla.

"Charlotte...".

La disperazione prende possesso dei suoi lineamenti in un secondo, reprime un singhiozzo e tira su con il naso.

Non ci metto niente a realizzare, a capire.

"Andiamo", le dico in fretta, senza sprecare altri secondi.

Non faccio nemmeno in tempo a pensare qualcosa di razionale, a cosa sta succedendo, a come sta. Lei non mi risponde nemmeno, anzi mi precede nel vialetto e si mette alla guida della sua macchina, con cui è arrivata fino a qui.

Salgo sul posto del passeggero e appena chiusa la portiera il veicolo scatta in avanti. In ogni altra situazione le direi qualcosa per la sua guida spericolata, ma adesso non mi sembra proprio il caso.

"Mi ha chiamata prima", inizia. La osservo mentre si sforza di trovare il coraggio per sputare fuori le prossime parole. "Ha detto che vuole farla finita".

È anche peggio di quello che immaginassi. Charlotte sta mettendo un punto alla sua vita, volontariamente, nonostante non credo che manchi molto in ogni caso.

"Non puoi farle cambiare idea, è una sua scelta, Marika".

Ripenso ad Estela, a quanto desiderassi tenerla con me per sempre nonostante sapessi che soffriva.

Mi sto semplicemente comportando da ipocrita con lei. Se mi trovassi nella sua situazione supplicherei Charlotte di non farlo.

La osservo mentre annuisce, pallida come non l'ho mai vista, le dita strette al volante e le nocche che stanno diventando bianche. Non è convinta nemmeno lei e mi chiedo a quali orribili cose stia pensando per non riuscire nemmeno parlare.

Come inchiostro sulla cartaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora