25 ~ Ti regalo il cuore

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E sei fra quelle risate
che non tornano più
Perché tu mi fai male,
ma sei sempre tu

- Sul finale, Ultimo

Nathan

Cara Estela,

è la prima volta che ti scrivo e mi sento un pò stupido a farlo, ma mi manchi "come l'aria", come dicono sempre nei film. Non so cosa significa ma io voglio solo dirti che mi manchi tanto tanto. Spero che tu stia bene e che il nonno si stia prendendo cura di te, so che era da tanto che volevi rivederlo.

Qui va tutto male.

Papà non fa altro che urlare e io ho sempre paura quando si arrabbia. Ora non posso nemmeno più venire da te per tornare felice. E quindi come faccio? Non posso essere triste per tutta la vita, nonna. Ma non riesco nemmeno a sorridere.

Farò finta che tu sia partita per un viaggio e questa lettera sia l'unico modo per comunicare. Farò finta che tu ti sia dimenticata l'indirizzo visto che non risponderai mai. Farò finta che tu sia qui.

E sappi che resto il tuo gufetto, anche adesso che non ci sei.

Sul fondo del foglio c'è una macchia che è una mia lacrima. Piango tanto da quando non ti vedo più.

Nathan

🌠

"Perché è così silenzioso lì dietro?", chiedo quando la radio trasmette la pubblicità.

Siamo partiti nel pomeriggio per raggiungere la baita in montagna, questo perchè mamma ha insistito nel voler andare a mangiare fuori con Marika; esperienza che ha richiesto parecchio del nostro tempo. La preparazione di questa piccola gita l'ha stancata più del dovuto e ho dovuto insistere perchè mi permettesse di guidare.

Guardo per un secondo nello specchietto per controllare la situazione sui sedili posteriori. Rosalie è seduta, ma con il busto appoggiato alla portiera, una felpa stretta al corpo come una coperta, gli occhi chiusi e un'espressione serafica sul viso.

"Sì è addormentata", mi comunica Marika in un sussurro, anche se l'ho capito da solo.

"Ieri avrà dormito due ore circa", sospiro. "È da quando ha smesso con le pastiglie per addormentarsi che va avanti così".

Aveva sconfitto il cancro, ma erano rimasti alcuni segni del suo passaggio. L'insonnia era uno di questi.

Destinava la gentilezza ad ogni essere nel mondo, e questo non ne aveva riservata più di tanta per lei.

Vedo con la coda dell'occhio Marika colpita da una fitta di dispiacere; mamma è sempre stata gentile con lei, fin dal primo momento, e sapere che sta male non deve farle molto piacere.

Le poggio una mano sulla coscia e stringo leggermente il tessuto dei suoi jeans. Lo faccio principalmente per rassicurarla e farle capire che non deve preoccuparsi, ma il gesto assume tutto un altro significato.

Ha qualcosa di sensuale, provocatorio persino. Ha qualcosa che la fa arrossire.

"Ma questa manina?", chiede, rendendo esplicito il fatto che le manca il fiato.

"Posso toglierla, se vuoi", dico insicuro. Non voglio farla sentire a disagio.

Faccio per allontanarla e farla tornare sul volante, ma lei ci posa la sua sopra e la riporta nello stesso punto di prima.

Fortunatamente la strada in questo tratto è dritta, perchè non riuscirei a concentrarmi con la mano di Marika che percorre il mio avambraccio, traccia il profilo delle mie cicatrici e poi torna giù fino al polso e arriva alle nocche.

Come inchiostro sulla cartaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora