Non è destino il fatto che ci siamo innamorati una seconda volta, ma una condanna._________________
Aleksey pov's
Sono cresciuto tra il lusso.
Tra macchine e ville costose, vacanze nei posti più inimmaginabili per persone che conducono una vita normale.
Ma c'è differenze tra i milionari normali e me;
Io non sono un rammollito che crede di essere il migliore di tutti, non guardo gli altri dalla testa ai piedi, perché, pur non avendo mai vissuto in un contesto sociale basso, conoscevo una persona che era nata nelle case popolari.Due, ma lei non la conto perché la sua mancanza è una pugnalata al petto.
Perciò ignoro categoricamente la sua esistenza, convinto che prima o poi la sua immagine possa sparire per sempre dalla mia mente e dal mio cuore.Ho sempre visto la parte buona del mondo fino a quando, all'età di dieci anni, i miei genitori divorziarono.
In quel periodo mi ritrovai a fare avanti e indietro tra il conservatorio e la casa dei miei nonni, per poi finire a vivere in una penthouse a Liverpool con mio padre.Lì conobbi la mia condanna.
Lei.
La prima volta che misi piede nella sua casa non la notai neanche.
Io avevo dieci anni e lei cinque.
Poi però, all'età di diciannove anni, il mio modo di vederla cambiò drasticamente.
Notai cose sul suo conto che non avrei mai immaginato.
I suoi occhi erano diventati una calamita che mi trascinarono nel caldo dell'inferno che era il colore freddo delle sue iridi.
Lei, delicata come una rosa.
L'effetto che sprigionava in me era qualcosa di indicibile.
Ma qualcosa cambiò:
Lei smise di vivere nelle case popolari, e io smisi di vivere nei suoi pensieri, se io ci sia mai stato davvero.
Era un angelo, e sparì, mi sfuggì prima che io le potessi dire la verità.L'unica cosa che mi rimase di lei era un verso di Baricco che diceva:
E' uno strano dolore.
Morire di nostalgia per qualcosa che non vivrai mai.Era come se lei già sapesse quello sarebbe accaduto nel giro di ventiquattr'ore e tutt'ora non facevo altro che pensarci.
E se fosse andata diversamente, quella notte?
Adesso mi ritrovavo lì, sul balcone di una suite appartenente a un mio caro amico conosciuto alle superiori, a parlare con una donna.
Lei era l'esatto esempio di quello che definivo un approfittatrice.
Anche se il modo distratto in cui mi mentì mi sorprese abbastanza.«E' dovuto andare in California, e per non restare da sola a casa sono venuta qui.»
A giudicare da quel suo bel visino avrei detto che fosse una manipolatrice professionista, solo che al momento non aveva tutte le carte in tavola per farlo.
Ivan-faccia-da-schiaffi.
Quello stronzo si trovava esattamente al di là della porta in vetro che divideva il soggiorno dal balcone, mentre parlava con un uomo e una donna d'affari.
Lui era l'esatta definizione della superbia, non molto diversa da quella della sua fidanzata.
Avevo ascoltato due interviste della signorina qui presente, e se devo essere sincero, il modo in cui parlava con la giornalista mi mise i brividi.
Aveva un tono vuoto e gelido quando la reporter le faceva domande personali, come se fosse stata costretta a stare lì.
Il modo in cui parlava delle sue opere, invece, le accendeva lo sguardo, trasformandola in una persona totalmente differente, le sue spalle si rilassarono quando finalmente accennò i suoi libri.«Ma non credo di dover dare spiegazioni a te.»
Ecco, quelle frasi pronunciate per mettersi sulla difensiva, era chiaro che fosse in difficoltà, impacciata persino nei movimenti.
«Sei sempre così incline a conversare?»
Domandai, portandomi alla bocca un bicchiere di whisky e trangugiandone un po'.
Amavo provocare le persone, ma amavo di più infastidirle, e, a giudicare dalla sua espressione fumande di irritazione, con lei mi sarei divertito parecchio.
«Senti... Aleksey, giusto?»
Annuii, incatenando i nostri sguardi per cercare di non lasciarmela scappare.
Le sue iridi chiare, adesso, risultavano più scure e sembravano occultare quello a cui stava pensando in quel momento.«Va bene, Aleksey. Ho avuto una giornata molto stancante, e, senza offesa, l'ultima cosa che vorrei in questo momento è conversare con te.»
Disse, in tono civettuolo, spegnendo la sigaretta nel parapetto in vetro.
Lo so cosa stai facendo, Láska.
Sappi che con me non funziona.
Altro che manipolatrice professionista.
Era attraente, questo non lo mettevo in dubbio, per carità!
Con quell'espressione di chi desiderava solo una scopata decente, quelle labbra che bramavano di essere riempite.
Solo i suoi occhi esprimevano tentazione, la lussuria che bruciava nelle sue iridi il giorno in cui la incontrai.
Avrei voluto seriamente vederla alzare gli occhi al cielo, ma per qualcosa di ben diverso dalla frustrazione, i suoi gemiti sarebbero stati la mia preghiera preferita.Chissà qual è la sua voce quando urla dal piacere.
Ma se credeva che mi sarei inginocchiato ai suoi piedi solo per una sventolata di ciglia, allora si sbagliava di grosso.
«Tranquilla, non intendo disturbarti oltre, ero solo curioso di sapere perché ti trovassi qui.»
«Buonanotte, Theia.»
La sua faccia era il miglior modo per sentirmi appagato, probabilmente era scioccata dal mio comportamento.
Chissà con che uomini ha avuto a che fare in passato.
Anche se, a giudicare da Ivan, potevo immaginarmelo, magari lei aveva fiuto per gli uomini sbagliati.
Varcai la stanza a grandi falcate, dirigendomi verso il figlio maggiore dei Cooper, che si era congedato da quelle due persone a me sconosciute, fiondandosi nel tavolo degli alcolici.
Come al solito.
«Ivan.»
Lo salutai, poggiando il bicchiere in vetro sul tavolino accanto a noi.
«Aleksey, non mi aspettavo di vederti qui.»
Invece lo sapeva, altrimenti non sarebbe venuto qui.
Prese un bicchiere stracolmo di whiskey e me lo porse.
«No, grazie.»
Declinai gentilmente l'offerta, tanto quell'alcol non sarebbe andato sprecato, specialmente quando si parlava di Ivan Cooper.
«Ho saputo che domani tornerai a Londra.»
Lo so quello che stai per chiedermi, quindi fallo e basta e sarà tutto più semplice.
«Sputa il rospo, cosa ti serve.»
«Aleksey, così mi offendi, ma per chi mi hai preso?»
Alzai un sopracciglio.
«Va bene, mi serve un favore, uno bello grosso.»
Si guardò in torno, assicurando che nessuno ci stesse ascoltando.
«E' meglio non parlarne qui.»
Che cazzo hai fatto.
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La Bellezza Dei Ricordi
RomansaUna storia finita ancora prima di cominciare. Due fiamme che bruciano l'una per l'altra, ma distanti. Due anime che non si potranno mai incontrare. Due anime condannate ad innamorarsi per sempre, come un loop che non smette mai di ripetersi, come...