17. The Riddle Of The Dead

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Le idee migliori sono le grandi idee.

         -Calibano
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10  Dicembre.
5:00 p.m
34 ore prima.

Erano passati otto anni dalla l'ultima volta che avevo anche solo sentito l'odore di un alcolico.
Precisamente dal dieci Dicembre di otto anni prima non toccavo più niente.
Purtroppo il tempo passava, ma gli effetti del post sbornia me li ricordavo bene.

Mal di testa, nausea, gola secca e impastata, memoria offuscata.
Tutti quei sintomi si erano presentati nuovamente quattro giorni prima, mandandomi fuori di testa.

Svegliarmi in quelle condizioni mi mise una situazione di spavento, non riuscii nemmeno a lavorare dallo stress che mi aveva causato.
Ero tornata a essere la stessa di prima, e lo odiavo perché era stata lei a rovinarmi completamente.

Passai i primi venti minuti da quando mi svegliai, controllando ogni centimetro del mio corpo per vedere se ci fossero dei segni, dello sporco.
In caso avrei potuto dire che almeno ci avevo provato, a difendermi intendo.

L'unico segno che avevo era, però, un dolore lancinante ai piedi, diedi la colpa ai tacchi buttati sotto il letto.

Questo non mi rasserenò.

Mi chiedevo come fosse stato possibile un tale errore.
Ero stata limpida con Alex quando le dissi niente alcol.
Lei sembrò capirlo ma evidentemente non fu come credevo.
Un'errore che con Eris non si sarebbe mai verificato.

Se solo lei fosse qui con me.

Aveva fatto riaffiorare ricordi che sarebbero dovuti essere seppelliti nell'oblio della mia mente ormai.

Avevo passato anni a preservare me stessa, e mi ritrovai tutto il mio impegno crollare sotto ai miei occhi, come se stessi giocando a Jenga.
Era una partita che a me non avrebbe giovato, poiché la torre rappresentava la mia vita, ogni persona che mi avesse fatto del male era un giocatore.
E il loro obbiettivo era quello di farla crollare quella torre.

Rimasi a dir poco a bocca aperta quando lessi l'articolo che il fratello di Alex aveva scritto.
Mai mi sarei aspettata una cosa del genere.

Erano state occupate due pagine per l'articolo.
Due pagine in cui venivano descritti, sintetizzati, i miei romanzi in un modo in cui nessun giornale aveva mai fatto.
Non si era soffermato nello descrivere la parte romantica, no, aveva colto alla perfezione il messaggio dietro alle mie parole.

Aveva parlato alla perfezione di ciò che accadde a Ismene nel corso della storia evitando una qualsiasi forma di spoiler.
Aveva parlato, alla fine, che nella casa editrice si vociferava di un possibile terzo libro, con tanto di foto scattata al festival.

Quel giorno fu il più felice di tutta la mia vita.
Finalmente era stato dato al mio lavoro il giusto credito, con quell'articolo non avrei più dovuto preoccuparmi di dover sentire stronzate sulla mia trama, raccontata da persone idiote che a stento sanno leggere.

Nel mentre che leggevo l'articolo stavo al telefono con Tyler per discutere del mio nuovo "capolavoro", almeno, come li chiamava Credens.

Anche se ultimamente aveva un comportamento strano.
Il giorno prima passai in azienda per poter parlare in tranquillità con il Signor Harrison ed esporgli la mia idea.

Dopo averlo fatto passai al piano editor, lo stesso piano di Tyler e Credens, per porgere un saluto veloce a quest'ultimo.
Appena arrivai davanti alla sua scrivania la trovai vuota, provai a controllare alle macchinette del caffè ma nulla.
Lì, al suo posto, incontrai un gruppo di suo colleghi.
Ne approfittai per domandargli dove si trovasse e mi rivelarono che non si era presentato a lavoro.

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