Cambiamento.
Quante volte nella vita non siamo pronti ad accogliere un cambiamento? La paura ci blocca, ci spinge a fuggire da ciò che potrebbe trasformare la nostra esistenza. Preferiamo la stabilità, l'immobilità, il conosciuto, anche quando questo ci soffoca, perché il cambiamento porta con sé l'incertezza e l'ignoto. Ma i cambiamenti sono necessari per l'evoluzione della nostra vita. Come scrisse Eraclito, "Nessun uomo entra mai due volte nello stesso fiume, perché non è lo stesso fiume ed egli non è lo stesso uomo."Quel giorno, finalmente, avevo capito. Ero pronta. Pronta a lasciarmi tutto alle spalle: il mio paese, la mia famiglia, tutte le sofferenze e le delusioni che avevo vissuto a Bruciato. Partivo per Lecce, una scelta apparentemente casuale, ma profondamente desiderata. Lecce rappresentava per me una nuova vita, una fuga dalle strettoie e dalle piccolezze di quel paesino alle pendici delle colline dell'Emilia Romagna.
A Bruciato, mi ero sempre sentita come un uccello in gabbia, soffocata dalla monotonia e dall'oppressione. Ma quel giorno, decisi di prendere in mano la mia libertà e di buttarmi a capofitto in una nuova avventura. Ero pronta a volare verso l'ignoto, con la speranza di trovare finalmente il mio posto nel mondo.
Ricordo ancora quanto fossi emozionata per la mia nuova avventura. Speravo davvero di riuscire a ricostruirmi una vita migliore, lontana dalla monotonia del paese e dalle strettezze del nord Italia. La decisione di partire era stata presa in fretta, ma il desiderio di andarmene via da Bruciato era ormai incontenibile. Sentivo che dovevo allontanarmi dalla mia famiglia, perché non mi sentivo accettata. Avevo finalmente raggiunto la maggiore età e mi sentivo libera di poter fare quello che volevo.
Sapevo che spesso le scelte affrettate non sono le migliori, ma dentro di me c'era una voce incessante che mi spingeva a partire. Dovevo andarmene, lasciare quel paese che mi aveva accompagnato per tutta la vita. Bruciato, con le sue colline dell'Emilia Romagna, era il luogo dei miei ricordi più intimi e dei dolori più profondi. Lì avevo vissuto momenti di gioia, ma anche sofferenze che mi avevano segnata. Ora, però, era il momento di lasciarli andare.
Quel giorno, mentre facevo le valigie, ripensavo a tutte le volte in cui mi ero sentita intrappolata in un mondo che non mi apparteneva. Ogni angolo di Bruciato mi ricordava qualcosa: il parco dove giocavo da bambina, le strade che percorrevo per andare a scuola, la casa che custodiva i segreti e le tensioni familiari. Ero grata per ciò che avevo vissuto lì, ma sapevo che per crescere davvero dovevo allontanarmi.
Salire su quel treno rappresentava per me una liberazione. Era come se stessi finalmente aprendo le ali per volare verso l'ignoto, pronta a scoprire cosa il futuro avesse in serbo per me. La mia mente era un vortice di pensieri e speranze. Immaginavo come sarebbe stata la mia vita a Lecce: le persone che avrei incontrato, i luoghi che avrei esplorato, le esperienze che mi avrebbero cambiata.
Arrivata a Lecce, tutto sembrava nuovo e affascinante. Le strade, le piazze, i colori erano diversi da quelli a cui ero abituata. Mi sistemai nel mio appartamento al terzo piano di un palazzo antico nel centro storico. La sala luminosa, con il suo divano vintage, mi fece sentire subito a casa. La cucina a vista, la camera da letto intima e il bagno pulito rendevano quello spazio perfetto per iniziare una nuova vita.
I primi giorni li trascorsi a familiarizzare con il nuovo ambiente. Ripulii l'appartamento, sistemai i miei vestiti negli scaffali e comprai anche qualcosa di nuovo. Uscivo spesso a esplorare la città, sperando di fare nuove conoscenze, ma inizialmente ebbi poco successo. Era solo l'inizio, e dovevo avere pazienza.
Il giorno dopo, mi preparai con una certa ansia per affrontare la mia nuova avventura al liceo. Indossai un jeans attillato bianco e un top nero, niente di che. Con lo zaino in spalla, lasciai il mio appartamento e mi avviai verso la scuola, cercando di tenere alto il morale nonostante la mia incertezza.
Arrivata davanti ai grandi cancelli del liceo, presi una profonda boccata d'aria e varcai la soglia con determinazione. Dentro, il caos giovanile dell'intervallo era palpabile, con gruppi di studenti che chiacchieravano e ridevano tra loro. Mi sentii improvvisamente piccola e persa in mezzo alla folla.
Con passo incerto, mi avviai verso la segreteria per ritirare il mio orario e scoprire quale aula mi fosse stata assegnata. Mentre percorrevo i corridoi, gli sguardi curiosi degli altri studenti sembravano seguirmi ovunque andassi. Per un attimo, mi sentii fuori posto, come se non appartenessi a quel mondo.
Ma poi, ricordando il motivo per cui avevo scelto di trasferirmi e di cambiare scuola, decisi di affrontare la situazione con coraggio. Con un respiro profondo e un sorriso teso sulle labbra, mi diressi verso la mia nuova aula, pronta ad affrontare tutto ciò che il destino avesse in serbo per me.
"Buongiorno!" dissi appena entrata.
"..." Silenzio, nessuno che mi rispose. Menomale che al sud sono calorosi, pensai tra me e me. Mi sedetti e mi misi a farmi i fatti miei fino a quando vidi entrare dalla porta una ragazza sorridente. Mi ricorderò per sempre la prima volta che ho visto Giada. Era snella, alta, con i capelli di un colore indefinito tra il biondo e il rossiccio, e indossava vestiti gialli che la facevano sembrare un sole umano.
"Sei nuova?" disse.
"Sì, è il mio primo giorno," risposi.
"Allora benvenuta! Io sono Giada, la tua compagna di banco a quanto pare!" disse lei sorridendo. C'era qualcosa in lei che mi trasmetteva sempre allegria.
"Io sono Elettra..grazie mille, sei la prima che mi rivolge la parola. In questa scuola sembrano così strani," risposi io.
"Beh, non sai niente ancora?" mi disse ridendo.
"Spiegati meglio," risposi.
"Ieri è stata espulsa Silvia. È una ragazza che faceva sempre ridere tutti con il suo modo di fare. Sai, lei fa parte dei rappresentanti di istituto e ha sempre organizzato assemblee fantastiche e rivoluzionarie, ma poi la cosa è sfuggita di mano quando dei ragazzi le hanno urlato frasi omofobe a causa della sua omosessualità mentre stava parlando a un'assemblea di un monologo su questo argomento. Presa dalla rabbia, ha buttato il megafono addosso ai ragazzi."
"Ma davvero? Beh, sinceramente ha fatto bene a difendersi," risposi ridendo e con una certa ammirazione.
"In effetti sì," disse lei ridendo.
Mentre la lezione iniziava, mi ritrovai sempre più nel mio mondo interiore, distante dal frastuono della classe e dalle parole del professore. Odiare ascoltare e odiare la scuola sembrava essere diventato il mio mantra quotidiano, un sentimento che cresceva ogni giorno di più. Guardai fuori dalla finestra, desiderando di essere altrove, lontano dalle costrizioni del sistema scolastico. Ma per il momento dovevo sopportare, cercando di trovare qualche scappatoia.
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Fiordaliso
Romance"Fiordaliso"racconta la storia d'amore tra Elettra e Silvia, due ragazze che si innamorano sotto il cielo di Lecce. Tra emozioni intense e sfide personali, il loro legame profuma di fiordalisi e celebra la bellezza dell'amore puro. Una storia di res...