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Con un respiro profondo, mi avvicinai a mia madre. La tensione nell'aria era palpabile mentre aspettavo la sua reazione.

"Mamma," riuscii finalmente a dire, la voce tremante. "Ho bisogno di sapere la verità su mio padre."

"La mia bambina...quanto mi sei mancata, grazie a dio Carlo ti ha convinta a venire," disse mia madre con voce emozionata.

I suoi occhi si riempirono di lacrime mentre mi abbracciava stretta, e sentii il peso di anni di silenzio e segreti sciogliersi nel nostro abbraccio. Era il momento di affrontare il passato, di scoprire la verità e di guarire le ferite che avevano segnato la mia vita.

Avanzai nella casa, e tutto sembrava immerso in un silenzio opprimente, rotto solo dal suono dei miei passi che echeggiavano nei corridoi. Ogni angolo, ogni oggetto, portava con sé i ricordi di una vita che avevo lasciato alle spalle, ma che ora mi si presentava di fronte come un libro aperto, pronto ad essere letto.

Entrai nel salotto e lo vidi seduto lì, mio padre. Aveva lo sguardo basso e gli occhi spenti, sembrava una versione sbiadita di sé stesso. La sua figura trasudava disperazione e abbandono, come se ogni giorno fosse un peso troppo grande da sopportare.

"Elettra... vieni," mormorò senza alzare lo sguardo, la voce affaticata dal peso delle parole che doveva pronunciare.

"Papà... sono qui, guardami, ti prego..." implorai, con il cuore spezzato davanti a quell'uomo che mi aveva ferito.

Mi fissò, e nel suo sguardo freddo c'era qualcosa di diverso, qualcosa di sconvolgente. Si avvicinò lentamente, come se ogni passo fosse un peso insostenibile da portare.

"Diciamo che non mi sarei mai aspettato che tu tornassi... e mi sono promesso che se tu saresti tornata avrei detto la verità," disse, le parole cariche di un peso che sembrava schiacciarlo ancor di più.

La sua voce, una volta così calda e confortante, ora era solo un sussurro impregnato di amarezza e rimpianto. Era evidente che dentro di lui c'era una tempesta di emozioni, pronta ad esplodere da un momento all'altro.

"Papà... cosa stai dicendo?" balbettai, con la voce rotta dall'emozione.

"Ascoltami, Elettra. È arrivato il momento di dirti la verità su di me, su di me, Carlo ti ha detto di venire qui per sapere la verità ed adesso devi saperla," disse lui, con tono solenne.

"Cosa vuoi dire?" gli chiesi.

"Io, Elettra, sono uguale a te. Sono bisessuale." confessò, abbassando lo sguardo come se fosse colpevole.

Rimasi senza parole, incapace di assimilare quelle parole pronunciate da mio padre. Il mio sguardo si riempì di incredulità e domande inaspettate.

"Ma... ma cosa significa? Come... come hai potuto nasconderlo per così tanto tempo? e poi perché non me l'hai detto, ho così tante domande," balbettai, cercando di fare chiarezza nella mia mente confusa.

"È stato difficile, Elettra. Prima di tua madre, ho avuto un marito. Si chiamava Luca. Ci siamo innamorati quando eravamo alle superiori, lui un anno più grande di me. Dopo poco ci fidanzammo e ci sposammo...ho sempre avuto paura della mia sessualità ma lui era il mio appiglio...solo che purtroppo venne a mancare a causa di un cancro improvviso ai polmoni," spiegò lui, con voce sommessa.

Sentii il mio cuore stringersi al racconto di mio padre. Non potevo credere a ciò che stavo ascoltando. Era come se le fondamenta della mia esistenza stessero crollando sotto il peso delle rivelazioni di mio padre.

"Ma... papà, come... come è possibile? Perché non mi hai mai detto niente? Perché mi hai fatto vivere in una finta omofobia?" chiesi, la confusione e la rabbia ribollendo dentro di me.

"Perché ero spaventato, Elettra. Spaventato perché dopo la sua morte io ho rinnegato la mia sessualità, non volevo più pensarci, avevo paura. È stato un errore, lo so. Ma ora è arrivato il momento di affrontare la verità," concluse lui, con sincerità nei suoi occhi.

Rimasi sconvolta da quello che stavo sentendo... non mi sarei mai aspettata una cosa del genere... quasi non mi sembrava vero... mi sentivo vuota, persa, come se dentro di me si fosse aperto un enorme buco nel petto.

"Mi dispiace così tanto, Elettra, per il dolore che io e tua madre ti abbiamo creato... non deve essere stato facile e capisco benissimo la tua scelta di essertene andata. Infatti, noi non ci aspettiamo né che tu torni a casa nostra a vivere né che ci perdoni," mi disse lui con sincerità.

Prima che riuscissi a parlare, entrò mia madre in lacrime, venendomi incontro e dichiarando: "La tua ragazza è bellissima. Ho deciso di farla entrare."

Alzai lo sguardo e vidi Silvia entrare dalla porta del salotto. Ci avvicinammo l'una all'altra, e la abbracciai con tutta la forza che avevo, come se lei assorbisse il mio dolore.

"È vero," disse mio padre, con voce calda, mentre le lacrime gli solcavano il viso. "L'amore che avete non è un amore finto come dissi tempo fa. È un amore puro e valido. Mi dispiace così tanto di aver detto quelle parole orrende."

"Posso capire, papà, il trauma che ti ha colpito, ma non posso perdonare assolutamente la violenza psicologica e fisica che mi hai causato... Mi dispiace, ma adesso è meglio se io e Silvia andiamo..." dissi con fermezza.

Così lasciai quella casa, forse ancora con più dolore della prima volta. Ma ora sapevo la verità, e fu come se si fosse chiuso un capitolo della mia vita che per tanto tempo era stato una ferita aperta. Da quel giorno in poi, sarebbe iniziata una vita migliore.

Una volta fuori dalla porta, io e Silvia prendemmo una decisione: volevamo andare da Carlo, e fortunatamente mia madre ci aveva fornito l'indirizzo esatto. Determinate, ci dirigemmo verso la sua abitazione, pronte ad affrontare ciò che ci aspettava.

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