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Il giorno seguente e anche le settimane dopo furono settimane di fulmini e tempeste. La pioggia batteva bruscamente sulle tegole dei tetti della grande città, e io mi sentivo più piccola che mai. Ormai era passato un po' di tempo dal mio trasferimento, e mi sentivo entusiasta per tutte le nuove conoscenze che avevo fatto... solo... solo che mancava qualcosa.

Silvia era bellissima, e la nostra relazione stava avanzando per il meglio. Tuttavia, quella cena a casa sua con la sua famiglia mi aveva aperto una ferita ancora fresca. La madre di Silvia era così dolce e carina, per non parlare di suo padre, così caloroso e divertente, proprio come Silvia. Eppure, mentre ero lì, una domanda mi vagava per la testa di continuo: "Staranno bene adesso che me ne sono andata?"

Me ne ero andata, e loro non vedevano l'ora che me ne andassi. La cosa mi faceva stare male, cazzo, il dolore che provavo era veramente tanto. Mi domandavo cosa avessi fatto di male per meritarmi una famiglia che non mi amasse, una madre a cui di me non importava veramente niente, che mi aveva sempre criticata e mai ascoltata, e un padre molto peggio di mia madre, che non mi accettava per quello che ero e che era anche violento.

Ricordo le serate in cui le urla di mio padre riempivano la casa, e io mi nascondevo nella mia stanza, cercando di trovare rifugio tra le pagine dei miei libri. Ma nemmeno le parole stampate potevano proteggermi dal terrore che provavo ogni volta che sentivo i suoi passi pesanti avvicinarsi alla mia porta. Ogni colpo, ogni insulto, mi facevano sentire come se fossi una nullità, un errore. Mia madre, invece di difendermi, rimaneva in silenzio, immersa in una sorta di apatia glaciale che mi faceva sentire ancora più sola.

Quella sera a casa di Silvia, mentre il calore della sua famiglia mi circondava, mi resi conto di quanto mi mancasse una vera famiglia. Una famiglia che mi amasse e mi accettasse per quella che sono. Sentii un nodo allo stomaco, un misto di invidia e tristezza. Il confronto con la mia realtà era straziante. Ricordai le notti insonni, passate a chiedermi se ci fosse qualcosa di sbagliato in me, se fossi davvero meritevole di amore.

Mi ritrovai a fissare il piatto davanti a me, le risate attorno alla tavola sembravano lontane, ovattate. Silvia notò il mio disagio e mi strinse la mano sotto il tavolo, ma anche quel gesto di conforto non riusciva a cancellare il vuoto che sentivo dentro. La domanda che mi tormentava era una ferita aperta, un grido silenzioso che mi seguiva ovunque andassi: "Perché non posso avere anche io questo? Perché la mia famiglia non può amarmi così?"

Il ritorno a casa quella sera fu un susseguirsi di pensieri dolorosi. Le immagini dei momenti peggiori si sovrapponevano alle risate della cena appena conclusa. Più camminavo, più sentivo il peso di un passato che non riuscivo a scrollarmi di dosso. Mi fermavo sotto la pioggia, le lacrime che si mescolavano alle gocce d'acqua sul mio viso, chiedendomi se un giorno sarei mai riuscita a guarire davvero.

Cercavo di aggrapparmi al pensiero di Silvia, alla speranza che il suo amore potesse risanare le cicatrici del mio cuore. Ma sapevo che il percorso sarebbe stato lungo e difficile. Le ferite dell'anima non si rimarginano facilmente, e i demoni del passato sono sempre pronti a riemergere. Mi sentii sopraffatta dalla tristezza, con il timore costante di non riuscire mai a liberarmi completamente da quel dolore.

Nonostante tutto, decisi di non arrendermi. Avrei affrontato il mio passato, avrei lottato per la mia felicità. E forse, un giorno, avrei potuto guardare indietro senza sentire quel nodo allo stomaco, sapendo di aver finalmente trovato il mio posto nel mondo.

Una mattina di fine Agosto, per tirarmi su dai miei pensieri orribili,decisi di organizzare una giornata con Giada. Ci incontrammo al bar "L'Alchimista del Gusto", un locale noto a Lecce per le sue deliziose brioche croccanti e una vasta selezione di dolci.

Appena entrate, rimasi incantata dal suo ambiente magico, con le pareti rosa e il soffitto coperto di petali di rose e altri fiori. L'atmosfera era stupenda. Ci sedemmo dopo un po' ed iniziammo a parlare.

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