Untitled Part 8

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La settimana successiva è scandita da monotonia e un pensiero fisso, ovvero Lucas Wardorf. Ogni mattina mi mandava messaggi di buon giorno e ogni sera la buona notte ricordandomi anche che avevamo un caffè in sospeso per chiarire ogni cosa. Ovviamente io non rispondevo anche se la voglia di afferrare il telefono e chiamarlo era tanta. Stavo cercando di negare a me stessa che non ero interessata a lui, ma in cuor mio sapevo che lo volevo, e lo volevo pure tanto. Lo pensavo in ogni momento della giornata, il solo ricordo del nostro bacio mi faceva battere forte il cuore e venire la pelle d'oca. Mi convinsi che questa ossessione era temporanea e prima o poi sarebbe passata. Mentivo in continuazione a me stessa.

Giovedi pomeriggio mi arriva una telefonata dalla Green e Rubber dicendomi di essere stata scelta per un periodo di prova di un mese, se fossi stata all'altezza del ruolo che avrei dovuto ricoprire mi avrebbero assunta con uno stipendio abbastanza consistente e uno studio tutto mio. Praticamente il lavoro dei miei sogni. Avrei iniziato il lunedì mattina. Ero entusiasta, finalmente una buona notizia nella mia vita dopo tutto quello che ho passato negli ultimi 2 anni. Nonostante la notizia del lavoro il tarlo rimaneva sempre lui.

A rincarare la dose ci pensava anche mia sorella che quotidianamente mi chiedeva di accompagnarla alla partita dell'anno e io prontamente le rispondevo un no secco. La sua storia con Steven procedeva bene, la andava a prendere al lavoro a fine giornata, cenavano spesso a casa e si portavano anche dietro Marcus il quale era depresso per non avere un ragazzo a cui dedicare attenzioni. Dopo cena i piccioncini uscivano ed io e Marcus rimanevamo a casa a crogiolarci sul divano mangiando pop corn e guardando film strappalacrime. Quest'ultimi non erano un buon antidoto contro il nostro stato comatoso emotivo, piangevamo come le adolescenti nel periodo mestruale e poi ci addormentavamo chi sul divano chi sul morbido tappeto di pelo bianco. Mia sorella quando rientrava si limitava a stenderci addosso delle coperte calde e la mattina seguente durante la colazione ci sottolineava la vita da nerd depressi che stavamo facendo. Morale della favola stavamo davvero facendo schifo. Io ero confusa, volevo davvero fiondarmi tra le braccia di Lucas, per la prima volta da anni il mio cuore aveva ricominciato a battere, era resuscitato, ma porca miseria proprio in un calciatore mi dovevo imbattere? Questa tipologia di uomini sono abituati a ragazze da copertina, modelle, attrici e anche donne belle ma con un quoziente intellettivo molto al di sotto della norma. Io non facevo parte di nessuna delle quattro categorie. A me piace sfogliare dei libri e non giornaletti di gossip che non fanno altro che raccontare cavolate e montare storie false.

Solo che non riuscivo ancora a togliermi Lucas dalla testa, il suo sorriso, la sua gentilezza, non era arrogante come glia altri. Era premuroso e bastava un suo sguardo per riscaldarmi e farmi palpitare quel dannato muscolo chiamato cuore. Avevo voglia di vederlo, di saltargli addosso, di baciarlo, di sentire l'elettricità che emanavano i nostri corpi quando erano vicini. Cavolo, ero cotta, stracotta e quasi escandescente. A fanculo il buon senso. Era venerdì, mancavano due ore all'inizio della partita e io decisi di andarci. Avevo il bisogno vitale di vederlo e di dirgli di ricominciare. Di provarci. Di vedere come sarebbe andata tra di noi. Un tentativo ce lo potevamo pure concedere. In fondo anche chi è sul punto di morte ha diritto ad un'ultima richiesta. . La partita sarebbe iniziata alle 21, mia sorella mi chiede con un'espressione sconfitta se mi ero convinta ad accompagnarla, credo l'abbia chiesto solo perché ci aveva fatto l'abitudine, ormai erano due settimane che continuava a farmi la stessa domanda. Quando le ho detto che mi ero decisa di accompagnarla quasi non ci credeva, infatti mi fissò incredula per qualche secondo, il tempo di analizzare la sillaba uscita dalla mia bocca e si mise a saltare come una bambina davanti alle sue caramelle preferite, dalla sua borsa tira fuori un cappello con su il simbolo della squadra e me lo infila in testa. Per fortuna si abbinava perfettamente ai miei jeans e al dolcevita aderente bianco di filo che avevo indossato per l'occasione.

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