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A pensarci, non ne era valsa la pena.

Fare tanto la carina con Danny solo per dare fastidio a Noah. Si era ritrovata costretta a continuare a dispensare sorrisi e fare la scema per tutto il tragitto in auto verso casa e questo l'aveva sfiancata.

Spense il suo sorriso impostato non appena si richiuse alle spalle la porta di casa e, dopo aver mandato un messaggio a sua madre: "Mi servono delle stampelle", scaraventò il telefono per terra, piena di odio e disprezzo nei confronti dell'umana esistenza.

Tutto era troppo. Aveva dedicato tutti quegli anni a crearsi una reputazione, un ruolo sociale di spicco. Che fosse perfetto, che fosse importante.

Prima della classe. Capo-cheerleader. Reginetta del ballo.

La ragazza più bella, capace e popolare della scuola.

E ora non riusciva più a studiare, rischiava di essere sbattuta fuori dalla squadra e non si divertiva nemmeno alle feste.

La bocciatura sarebbe stata un fallimento personale e una delusione per tutti quelli che avevano riposto in lei alte aspettative.

Ma era certa che il college l'avrebbe completamente fatta a pezzi: se non era in grado di gestire la piccola, protetta, realtà scolastica, come sarebbe sopravvissuta alla "vita vera"?

E la cosa peggiore... era circondata da amici, ma dentro sentiva che, di lei, non importava niente a nessuno.

Si voltò verso la finestra. Il sole era ancora alto; la sua luce illuminava lo scaffale con i libri. In particolare, il nome sul dorso, a piccoli caratteri d'oro, di suo padre.

A lui importava di lei.

Continuò a fissare per qualche secondo i suoi libri. La luce filtrata dal vetro, e la polvere che sollevava. Afferrò il primo post-it che le passò per le mani, era anche scarabocchiato, e una penna.

"Sei tu che mi hai rotta. Adesso finiscimi.

Se non do il mio meglio, tu fulminami."

Scrisse di getto. Tornò con gli occhi agli scaffali. Vide Frankenstein di Mary Shelly.

"Ricorda che sono la tua creatura."

Aveva senso per lei. E non toccava una penna da mesi, se non per obblighi scolastici.

Attaccò il foglietto giallo sul dorso di copertina. Le sembrava quasi di parlare con lui.

Suonò il campanello.

Andò ad aprire la porta saltellando su una gamba sola.

-Che fine hai fatto? Ti aspettavo con il quarterback. –

-Sono stata molto chiara con te, Noah. Oggi niente lezioni. –

-Perché? Ti serve il piede per scrivere? –

-Non è giornata. –

-Capisco. Quindi me ne devo andare? –

Pensava di dirgli di sì, ma fu presa da un istante di incertezza.

Lanciò un'altra occhiata indecisa ai libri vicino alla finestra.

-Mi dai un secondo? –

Gli chiuse la porta in faccia prima che potesse effettivamente risponderle.

Si avvicinò a quelli scritti dal padre e afferrò il primo che le capitò a tiro. Si rendeva conto che la cosa fosse delirante, ma si azzardò a porre una domanda; diretta al vento, diretta al niente ma, del resto, pensava lei, erano parole che aveva scritto lui...

Credeva davvero che potesse parlarle.

-Se io ti faccio una domanda e leggo la prima frase che mi salta all'occhio di una pagina aperta a caso... tu mi risponderai? –

Aprì il libro e lanciò un'occhiata distratta.

"... Jerome gettò il crocifisso nel rogo, rinunciando per sempre agli déi..."

Non sapeva come interpretarlo. Non era nemmeno del tutto certa che fosse un segno positivo.

-Ok, papà, molto simpatico... - afferrò un nuovo libro dalla libreria. - Riproviamo: credi che possa fidarmi di Noah? –

"...ciò di cui il Decameron ci parla: la bellezza dell'intelligenza, la cultura che salva la vita; ragazzi giovani che sfuggono alla morte raccontando storie..."

Ma che libro era? Guardò la copertina. Un commento alla letteratura medievale europea.

-Io credo che Noah sia intelligente... non mi aspetto che mi salvi dalla peste, ma la prendo come una risposta affermativa. –

Mise a posto il libro e ne prese un altro, pronta a porre l'ultima domanda.

-Senti... mi sento piuttosto vuota e mi sembra di parlare da sola. Credo di aver preso tutte le decisioni sbagliate che una persona possa prendere, quindi... non lo so... secondo te posso farcela a uscirne intera? –

Non fece in tempo ad aprire il libro, che le cadde dalle mani. Si aprì per terra su una delle primissime pagine, quella della dedica.

"A Lovelle, che porta l'amore nel nome e ovunque cammini. La prima mia opera che abbia mai avuto senso, tanto da far impallidire queste povere poesie."

La ragazza respirò a fondo. Lanciò un'altra occhiata alla luce del sole. Ora le veniva addosso.

-Sono la tua creatura. – ripeté. – Se non do il mio meglio... cercherò di fare meglio. –

You Just Keep Me Hangin OnDove le storie prendono vita. Scoprilo ora