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Dopo aver impazzato per tutta la serata, il temporale sembrava aver dato finalmente tregua alla città addormentata.

Lovelle aveva lavato i capelli, ma non se l'era sentita di stirarli. Le ricadevano lunghi, informi e anche piuttosto gonfi lungo la schiena. Ora indossava un pigiama pulito e aveva messo a lavare quella felpa che non cambiava da una settimana.

Non si sentiva più depressa, ma in compenso era molto confusa e aleggiava in lei un vago senso di colpa.

Noah doveva essersi fatto un'idea di lei di una grandissima troia; se già non ce l'aveva...

Le importava relativamente. Tante cose le passavano per la testa in quel momento, ma cercava di concentrarsi su quelle più importanti nel momento presente. Tipo disinfettarsi i graffi sulle gambe e rimuovere con la pinzetta qualche spina rimasta incastrata qua e là.

Erano le due di notte. Non aveva fatto altro per il resto della serata, dopo aver riordinato la sua stanza post-depressione, messo a lavare tutte le lenzuola, rifatto il letto e preparato una torta al cioccolato.

Perfino a lei era chiaro che si stesse impegnando in occupazioni inutili per non fermarsi a riflettere sui suoi pensieri. Fu sorpresa, però, dal constatare che non aveva dimenticato il balsamo, non aveva bruciato la torta e che la sua stanza fosse linda e ordinata come da catalogo...

Pensò che magari, se ci provava, era pure in grado di scrivere qualcosa.

Le mancava tanto. Farlo con amore, non maniacalmente. La soddisfazione nel sentire la penna a sfera scorrere sulla carta liscia, nel vedere pagine e pagine piene di parole scritte nella sua bella grafia, sporcarsi il mignolino di blu; o anche semplicemente sentire la testa libera per una volta nella vita da un anno a questa parte.

Era sola in casa. Di solito non riusciva a combinare niente quando era sola, ma voleva che le cose cambiassero, dunque era disposta a fare uno sforzo.

Prese il notebook a fiorellini blu dalla sua libreria. Un foglietto scivolò dalle pagine e cadde in terra. Lovelle si chinò a leggere di cosa si trattasse, non apriva quel quaderno da un anno e, seduta sul pavimento, illuminata solo dalla luce della lampada di sale, lesse la data del giorno successivo al funerale del padre. E le parole di Sylvia Plath scritte nella sua grafia.

"I need a father.

I need a mother.

I need some older, wiser being to cry to.

I talk to God, but the sky is empty."

Sospirò profondamente.

Ripose il piccolo foglietto dove lo aveva trovato e, stringendo la penna tra le mani, voltò pagina.

Iniziò a scrivere qualunque cosa le passasse per la testa.

"Mi appello a Calliope se mi vorrà ascoltare

O, se può sentirmi, mi appello a mio padre

(non me ne vogliano gli dèi)

Perché mi avete abbandonato?"

Non era più abituata a queste cose. Si interrompeva fissando il vuoto. Credeva di dover riflettere intensamente alla ricerca delle parole giuste, ma si rendeva conto che quelle arrivavano quando abbatteva le resistenze, spegneva il cervello.

Se stava calma, erano loro a trovare lei.

"Non so più a che cosa servo.

Un tempo,

You Just Keep Me Hangin OnDove le storie prendono vita. Scoprilo ora