XXII. CHE LA FINE ABBIA INIZIO

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Una porta si aprì nello spazio vuoto.

Un vago rumore di cardini spinti a forza,un cigolio fastidioso,lo sbattere pigramente dello stipite sul legno.

Una porta da qualche parte lì in Paradiso.

Tutti i presenti si voltarono in direzione del rumore,tutti tranne uno.

Restava pietrificato a guardare dritto davanti a sè il volto severo e per  niente rassicurante di Metatron,lì in alto dal suo pulpito.

Mormorii a voce bassa da parte di entrambe le parti.

Azraphel cercò lo sguardo di Samael,e quando lo trovò la sua espressione gli spezzò il cuore.

Qualunque cosa ci fosse alle sue spalle,era davvero dolorosa da guardare,impietosa da comprendere,persino per un altro Demone.

Terrore,terrore puro.Azraphel si sentiva soggiogato da quella paura tanto da non riuscire neppure a voltarsi.

Il suono dei passi riempì l’aria,un rumore quasi assordante in quel silenzio.

Il tocco di due paia di stivali che battevano a ritmo serrato e militare sul linoleum,il passo inconfondibile delle guardie angeliche.

Un altro suono.

Più oscuro e cupo,meno ritmico,il suono di qualcosa che veniva trascinato,strattonato.Il rumore stridente delle maglie della catena ricordava vagamente quello di una campanella d'argento.

L’Angelo attese,non si voltò,solo quando il rumore arrivò alle sue spalle,prese il cuore con entrambe le mani e si girò a guardare.

Da prima la sua attenzione fu catturata dalle due guardie,impeccabili nella divisa bianca e oro,luminose quanto fiere del proprio operato.

Due devoti servi di Dio e di quello che rappresentava in quella ridicola sala.

Sembravano non rendersi conto che c’era nessuna presenza davvero divina e giusta lì dentro da servire,solamente la spietata e crudele volontà di chi ne aveva usurpato,senza titolo,il posto.

Poi lo sguardo gli cadde sul prigioniero tenuto in catene.

E qualcosa dentro quell’Angelo gentile e docile non si accese semplicemente,ma prese fuoco.

Percepì un sapore sul palato mai sentito prima,metallico,pungente,quasi acido,gli riempì completamente la bocca.

Ira.Quello doveva essere per forza il sapore dell’Ira.

Coperto da nient’altro che un saio scuro,incatenato mani e piedi,Crowley avanzava tra le due guardie,il passo incerto,il bel volto costellato di tagli,così come le braccia scoperte e le gambe.Le manette che gli erano state messe ai polsi erano decisamente troppo strette,tanto da provocargli delle escoriazioni là dove stringevano la carne.

Ma gli occhi,quelli erano gli stessi di sempre.

Le catene non avevano imprigionato la sua fierezza,tanto meno spento il suo ardore,lo sguardo di ambra liquida scrutava i presenti senza ombra di paura o disperazione.

Non era per niente intimorito da tutte quelle presenze venute a giudicarlo.

Non temeva il giudizio di nessuno di loro,ma allo stesso tempo la sua salvezza dipendeva solo e soltanto da questo.

Tutti bisbigliavano mentre il prigioniero veniva portato al centro della sala,tutti sembravano vagamente impauriti e preoccupati.

Azraphel sapeva il perché,come lo sapevano tutti,compreso Metatron.

Quel processo fasullo non era altro che una squallida replica di quello ere prima era stato fatto ad un altro Angelo.

La Stella del Mattino.

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