Capitolo quattro

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CALEB

Il viaggio verso l'ospedale è penoso. Martha mi sbatte sulle gambe la sua borsa con stizza, Nora dietro non apre bocca per tutto il tempo e io sono così lucido che vorrei morire. Quando arriviamo nei pressi del pub, Nora scende praticamente al volo.

«Ci parlo io con mio padre, tu prenditi tutto il tempo che ti serve per il tuo,» mi rassicura con la portiera già aperta.

«Grazie,» le rispondo, colmo di gratitudine. «Mi dispiace di averti coinvolto in tutto questo. Ti faccio sapere appena possibile.»

Lei mi sorride ma non risponde. Dà un'ultima occhiata di sottecchi a Martha, impegnata a fissare la strada davanti a sé. Non appena Nora chiude la portiera, Martha riparte con una sgasata e lo scatto mi appiccica al sedile.
Sbuffo, nervoso, perché la sua guida mi dà la nausea, ma lei non mi degna d'uno sguardo. Approfitto del momento per cacciare nella sua borsa la scatolina che ho preso da casa. Se tutto va bene quando la troverà non sarò più con lei.

«Scopate?», mi chiede all'improvviso, controllando il semaforo.

«Eh?»

Si schiarisce la voce, nervosa.

«Tu e Nora,» spiega. «State insieme o cosa? È la stessa con cui eri l'anno scorso quando ti siamo venuti a prendere io e Connor.»

Mi stupisce e mi confonde che Martha abbia memoria di Nora; nonostante fossi così fatto da pensare davvero che sarei morto, ricordo tutto di quella sera. In quell'occasione ho conosciuto Nora, proprio nel suo pub.
Ricordo anche il motivo per cui avevo bevuto. Il loro secondo anniversario. La possibilità di dover passare il resto della mia vita a vedere lei insieme a mio fratello mi aveva fatto sentire così sopraffatto da cedere a qualsiasi sostanza mi trovassi davanti.
Era la prima volta che Nora mi vedeva, la sbronza mi aveva reso loquace e le avevo raccontato ogni cosa. A lei, una completa sconosciuta. Mi è stata accanto, mi ha pulito il vomito dalla maglietta, mi ha nascosto il resto della droga che avevo e ha chiamato Connor. Beh, tecnicamente ha scritto a Martha, perché è una carogna crudele e avevo imbrattato di vomito la sua maglietta preferita.

«E da quando sarebbero cazzi tuoi con chi scopo o con chi ho relazioni?»

Volevo essere sarcastico, ma il tono mi esce più incazzato di quanto sia realmente. Lo stomaco mi si sta ribaltando e mi pento di non aver svuotato quella boccetta di sciroppo.

«Stai calmo, sto solo cercando di fare conversazione,» borbotta.

Tiro su col naso e mi schiarisco la voce. Stai cercando di farti i cazzi miei.

«Certo, perché ogni conversazione che si rispetti si comincia chiedendo con chi scopo.»

«Vaffanculo, Caleb, ci rinuncio,» sbotta lei, spazientita. Nel frattempo siamo arrivati all'ospedale ed è impegnata a guardarsi intorno alla ricerca di un parcheggio. Noto, tuttavia, che ha gli occhi lucidi. Il senso di colpa acuisce il mio malessere e mi odio per questo.

«Comunque no, io e Nora non scopiamo. Però ieri ho scopato con una certa Jade, se può interessarti,» la provoco con un ghigno.
E io sono così patetico che riesco a scopare solo con chi mi ricorda te.

Lei stringe le labbra in una linea sottile, tuttavia non risponde. Sembra non avermi nemmeno ascoltato, impegnata com'è a parcheggiare. Spegne l'auto e si sfila la cintura di sicurezza. Prende la borsa e recupera il cellulare.

«Sono al terzo piano, camera 15,» legge distrattamente dallo schermo.

Esco dall'auto ma non l'aspetto. Mi avvio verso l'ingresso dell'ospedale senza guardarmi indietro.

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