XXV

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Facciamo l'amore. Ore passate a fare l'amore tra le coperte di casa nostra, non sprechiamo nemmeno un momento quando Marco non c'è.

Consumiamo il nostro ardore nel letto, finiamo incollati sul materasso che si muove sotto di noi, sudati e ansimanti. Anche se siamo incazzati, se abbiamo appena finito di litigare perché lui lascia sempre le bottiglie vuote in frigorifero o perché mi chiede dov'è il latte, quando il latte è sempre rimasto alla sua destra, dietro le uova e di fianco al prosciutto.

Ma cosa ci possiamo fare? Siamo fatti così, non riusciamo a rimanere incazzati neanche per un giorno, mai. Neppure quando mi trovo qualche fan sotto casa a qualsiasi ora della notte, che aspetta con ansia di farsi una foto con Luke.

"Che cazzo è?" grida Luke dall'altra stanza. Io e Marco ci giriamo verso la porta, aspettando l'entrata trionfale di un Luke incazzato.
"Cazzo" ripete Marco.
Sgrano gli occhi e gli tappo una bocca con la mano, "no, Marco! Non si dicono queste cose!"
"Luke! Abbiamo già discusso sul fatto di non dire parolacce nei paraggi di nostro figlio, ricordi?" sbraito stizzita.

Marco ride e torna a giocare con dei blocchi colorati che vanno infilati in una scatola di legno in base alla loro forma, uno di quei giochi intelligenti che gli regala nonna Liz.

Luke, in mutande e senza maglia, entra in camera di Marco. Si avvicina a me col telefono parato in avanti e me lo piazza in mano, "guarda."

Luke Hemmings, prima un figlio e poi il matrimonio a soli vent'anni.

Scorro gli occhi sull'articolo di giornale e mi soffermo su un 'mia nonna avrebbe detto che avere un figlio a vent'anni equivale a rovinarsi la vita'.

"Che gran cavolata" dico accarezzando la guancia di Marco. "Guardalo, come può un bimbo rovinarti la vita?"
Luke lancia il telefono sul tappeto e si siede vicino a noi, prende Marco e se lo mette in mezzo alle gambe, "che ne dite se andiamo al mare?"

Andiamo al mare nonostante il vento che tirava da ogni direzione. In spiaggia non c'era quasi nessuno.
"Dammi la manina" ordino a Marco prima che scappi e finisca in mezzo al mare.

Ci abbiamo messo venti minuti per togliergli le scarpe e per farlo camminare sulla sabbia, perché gli fa il solletico sotto alle piante dei piedi.

Si vuole infilare quei suoi braccioli verdi anche se in mare mica ce lo mando, fa freddo solo in spiaggia perché tira un vento fortissimo.
Eppure Luke Marco vuole farlo entrare nel mare, "solo coi piedi. Lo accompagno io" e andando contro la mia volontà, così ha fatto: è entrato nel mare gelato coi piedi.

"Luke, togliti da lì o vi ammalerete" grido sbracciandomi con le scarpine di Marco in mano. "Ah, poi non ti curo se t'ammali. Hai capito, Luke?"
"Sì, amore, ho capito."

Ha capito. Gliel'ho gridato forte e chiaro, se s'ammalava erano cazzi suoi.
Ma non ce l'ho fatta a lasciarlo perdere. Con quel nasino rosso, gli occhi lucidi e la fronte che bolliva, letteralmente, sotto la mia mano.

"Vedi, ti sei ammalato" lo rimprovero portandogli una scatola di fazzoletti. "Cosa ti avevo detto, io?"
"Non perdi un'occasione per rinfacciarmi che hai ragione."
Sbuffo e gli piazzo uno straccio bagnato sulla fronte, "va, va, 'sta un po' zitto!"
"Almeno Marco non si è ammalato."

Marco era sano come un pesce nonostante fosse entrato anche lui coi piedi in acqua. Un anno ed ho capito subito che è più forte del padre.

Poi è toccato persino a me. Mi sono ammalata anche io a furia di stare con Luke. A lui è passato ed ora è il mio turno. Deve fare tutto, pulire la casa, cucinare, occuparsi di Marco.
Mi ha proposto di assumere una donna delle pulizie, ma chi la vuole una sconosciuta in casa mia?
Ho detto no, che di una che fa i mestieri non ne ho bisogno.

"Non voglio fare la celebrità che non muove il dito nemmeno di un centimetro" gli dico quasi offesa.
"Va bene, Bea, cavoli tuoi."

Ecco, cavoli miei. Sempre così fa, quando sa che ho ragione e lui torto cerca di finire il discorso subito, tronca lì tutto perché non sa come difendersi. Ho ragione io, lui ha torto e non lo sa accettare. Come quando partiamo per la prima volta tutti insieme, su quel bus enorme dove hanno aggiunto delle protezioni ad un letto per farci stare Marco, e Luke si dimentica di prendere il ciuccio. Anche se gli avevo fatto un post-it, lui se l'è dimenticato e vuole comunque avere ragione, "non me l'hai dato quel post-it."
"Sì che te l'ho dato, te lo sei messo in tasca e chissà poi che fine ha fatto!"
"Va bene."

Allora ci tocca fermarci in autostrada a prendere un ciuccio nuovo per Marco, perché senza, alcuni notti, non riesce a dormirci. Luke si carica il bambino in braccio e scende, così gli fa scegliere quello che vuole. Ma cosa vuoi che ne capisca un bambino di un anno e mezzo?

Ancora non lo so cos'ha Luke di sbagliato. Forse sono io che lo faccio rincoglionire. Ci facciano diventare scemi a vicenda, anche io sto diventando pazza a stare con lui.
Ma va bene così perché noi siamo veleno e antidoto.
Ci facciamo del male e poi ci lecchiamo le ferite a vicenda.

Siamo qualcosa di complicato.

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Ennesimo capitolo e io non so più che dire se non di ricordarvi di commentare e votare.

Vi ringrazio per tutto, alla prossima.
Ps: per il prossimo capitolo cercherò di far meglio.

Ps2: ah, ho pubblicato una nuova storia su Ashton.
Spero passiate a dare un'occhiata.

Sotto il cielo d'ottobre, l.hDove le storie prendono vita. Scoprilo ora