XXI

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Decido di rimanere a casa con Marco, non ho più voglia di essere abbandonata in giro mentre Luke non fa altro che essere intervistato e incidere canzoni su canzoni.
Mi sembra una crudeltà strapazzare un bambino di cinque mesi per un dovere che spetta solo a Luke.

"Sicura di volere rimanere qui?"
"Per forza" borbotto prendendo Marco da sotto le braccia e facendolo sedere sulle mie gambe. "Non posso portare il bambino in giro come se fosse un bambolotto."

Luke sa che ho ragione e allora non insiste, sta zitto, dà un bacio sulle labbra a Marco e gli accarezza la testolina bionda.

È un Luke in miniatura.
Ma meglio così, che assomigli a Luke Hemmings, magari quando cresce avrà anche lui migliaia di ragazzine che gli corron dietro.

"Ciao" dice Michael. "Divertitevi a casa da soli."
Ci salutano tutti. Luke, al contrario, non mi saluta, ci è rimasto male per la storia del matrimonio.

All'inizio pensavo stesse scherzando, che fosse una cosa così, tanto per dire, e invece ci tiene davvero.

Vuole sposarmi, ha bisogno della fede al dito per ricordarsi di me, che ha una donna e un figlio a casa. Vuole firmare un contratto che dica che sono solo sua, che noi siamo la sua famiglia.

Evidentemente necessita di qualche sicurezza in più, come se quell'anello d'oro coi nostri nomi incisi dentro ci tenesse lontani dall'idea di lasciarci.
Ma chi vuole lasciarlo? Non ha ancora capito che senza di lui non vado da nessuna parte?

E allora sposiamoci, spendiamo migliaia di dollari per organizzare un evento memorabile, un ricordo a cui aggrapparci quando non avremmo più voglia di litigare e vorremmo mollare tutto. Mettiamoci queste fedi al dito.

Sono a letto quando sento Luke entrare in camera, lo guardo cercare di fare piano per non svegliare Marco, "sposiamoci".

Mi alzo e lui mi guarda, si toglie le vans e le calze, poi i jeans e rimane in mutande.
"Non era un obbligo."
"Non lo è" dico avvicinandomi. "Se è quello che vuoi, per me va bene."
"Perché non inizi a pensare un po' a quello che vuoi tu, eh Bea? Sei sempre lì a preoccuparti per gli altri, ma cazzo! Pensa a te, a quello che desideri" sputa fuori.

È arrabbiato, lo vedo da come si toglie la maglia e la lancia sul letto. Si infila sotto al lenzuolo anche se fa caldo.

Intanto Marco si sveglia, ci guarda attraverso le sbarre di legno del letto, forse l'unico mobile non nero.

"Voglio te, ci voglio insieme, con Marco, come una famiglia. Non mi interessa se siamo sposati o meno, voglio una famiglia con voi due e basta."
"Lascia stare" mi dice girandosi su un lato. "Dormi, è tardi."
"Cos'hai? Sei sempre nervoso, ogni volta sembri sul punto di scoppiare in una crisi isterica."
"Sono stanco, buonanotte."

Sbuffo mentre mi sdraio sul letto, rimango un attimo girata dall'altro lato, poi mi volto verso Luke, "sembra che non te ne frega più un cazzo di noi."

Si alza, tira indietro le coperte e si mette seduto con le mani appoggiate sul materasso, "sto facendo il possibile e nemmeno te accorgi".
"Non stai facendo il possibile" sbotto gesticolando. "Se stessi facendo il possibile sceglieresti di stare con me e Marco piuttosto che andare a giocare a bowling o uscire con i tuoi nuovi 'amici' per tutta Los Angeles! Mi sento messa da parte."

Raccoglie la maglia che ha lanciato prima e se la infila mentre tiene lo sguardo basso, come un povero cane bastonato.

"Puoi venire anche tu, Bea. Te lo chiedo sempre se ti vuoi aggregare."
"Come posso aggregarmi se devo di fare da mamma a un bambino di cinque mesi?! A chi pensi di lasciarlo Marco? Vuoi mollarlo qua da solo?"

I suoi occhi blu si fermano sui miei per un secondo, poi distoglie subito lo sguardo prima di uscire dalla stanza senza dire nemmeno una parola.

"Vaffanculo" grido. "Vattene, vattene!"

Mi sembra di parlare con un bambino.
Non ricordo che sapesse essere così infantile certe volte, pare un moccioso che fa i capricci e a me, un solo figlio da dover corare, basta e avanza, non ho bisogno di un altro.

Marco scoppia a piangere, non sono i soliti lamenti per cercare attenzione, ma un vero e proprio pianto. Gli scendono le lacrime dagli occhioni.

"Angelo mio" mormoro prendendolo in braccio. "Non piangere. Scusa se ho gridato."

Lo cullo un po' tra le mie braccia, fin quando non smette di piangere e prende a guardarmi fisso negli occhi.
Gli do un bacio e lo faccio stendere di fianco a me, sul letto, al posto si Luke che ormai se n'è andato.

Sta a pancia in su mentre gioca col mio dito e, nel momento in cui vedo che chiude gli occhi, lo metto sulla mia pancia. Lo faccio dormire lì, su di me, al sicuro.

Lo guardo e gli accarezzo la mano finché non crollo anche io.

Il mattino seguente mi sveglio senza trovare Marco su di me, mi alzo e mi affaccio sul salotto, dove c'è Luke seduto sul tappeto intento a giocare con nostro figlio.

Mi guardo in giro, si sente solo la voce di Luke nei paraggi. Siamo a casa da soli?

Scendo le scale ancora assonnata, con i capelli arruffati e l'alito pesante. Mi sfrego una mano sugli occhi, "buongiorno" dico sedendomi sul divano.
"Ciao", Luke mi sorride, poi prende in braccio Marco e gli muove il braccio da destra a sinistra, "saluta la mamma, ometto".

Il bambino è seduto sulle gambe incrociate di Luke. Lì così mi sembrano due cloni perfetti, due gocce d'acqua.

"Siete proprio padre e figlio" affermo mangiucchiandomi le unghie. "Siete uguali."

Mi guardando entrambi, quattro paia di occhi blu mi fissano con attenzioni. Due sguardi pieni d'amore.

"Scusa per ieri" farfuglia cambiando discorso. "Hai ragione e mi dispiace."
Sto zitta mentre prendo in braccio Marco che vuole venire da me, gli do un bacio sulla guancia morbida.

"Bea" mi richiama.
Alzo lo sguardo, "cosa c'è, Luke?"
"Ti amo."
"Ti amo anche io e dispiace anche a me" dico facendo stendere il bambino sulle mie gambe. "Ma voglio che stai di più con noi, almeno quando siamo nello stesso continente."

Si alza senza toccare le mani per terra e si avvicina a me con le braccia aperte, pronto a stringermi a sé. E così fa, mi avvolge tra la sua stretta e io lo lascio fare.

"Sposiamoci" dico dandogli un bacio all'angolo della bocca. "Dico sul serio."

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Mi scuso immensamente per il graaaande ritardo nel pubblicare questo capitolo, ma sono stata in vacanza.

Quindi niente, tiè, prendetevi 'sto capitolo. Spero vi piaccia e ricordatevi di votare o commentare.
A presto, Martina.

Sotto il cielo d'ottobre, l.hDove le storie prendono vita. Scoprilo ora