VII

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"B, devi dirlo a tua madre."
Mila affoga dieci pezzettini di marshmallows nella sua cioccolata calda; li spinge a fondo con odio non appena toccano la superficie densa. Fa un sorso e mi guarda con i suoi occhi neri a mandorla.
"E come faccio a dirlo?"
"Basta parlare."
"Tu la fai semplice" borbotto. "Dovrei discuterne prima con Luke."
La porta di Starbucks si apre. Una folata di vento gelida mi arriva sulla schiena facendomi rabbrividire. Mila schiude le labbra in un sorriso a trentadue denti, il suo volto si è completamente rilassato e c'è solo una spiegazione a tutto questo: Michael.
"Ciao Bea" dice mettendosi di fianco a Mila. "Ciao amore."
Lei ha ancora la bocca sporca di cioccolata quando iniziano a baciarsi con la lingua non tenendo conto di tutta la gente che avevano attorno.
Ma cosa si può fare, è così che sono i ragazzi che si amano, mostrano il loro affetto senza timore.
Mi piacerebbe essere ancora come loro, coraggiosi.
E pensare che io e Luke li assomigliavamo tanto, eravamo senza paura, pronti ad affrontare il mondo insieme, mano nella mano.
Invece alla fine, il mondo, sembra avere remato contro di noi tutto il tempo.
"Io vado a prendere qualcosa."
Parlo nonostante sia consapevole del fatto che sicuramente non mi hanno sentita. Trascino la sedia sul pavimento e mi siedo su uno di quelli sgabelli scomodi che comprano solo i proprietari dei bar.
Appoggio il gomito al bancone e guardo quei due con la coda dell'occhio, hanno smesso di baciarsi e Mila sta gesticolando animatamente. Staranno litigando, come al solito.
"Che coincidenza."
Luke appoggia una mano sulla mia schiena e si siede di fianco a me. Mi guarda e sorride come un bambino che ha appena ritrovato la sua mamma.
"Ciao" dico schiarendomi la voce. "Stavo giusto parlando di te prima che qualcuno mi mandasse via."
Lancia un'occhiata a Mila e Michael e si gira verso di me mentre ordina qualcosa da bere.
"Tanto per cambiare parli di me" scherza.
Alzo gli occhi al cielo e sorrido sapendo che si sbaglia alla grande. Non parlo spesso di lui, non dico a nessuno che cosa fa, come sta, niente. Ma lo penso di continuo, è sempre nella mia testa.
Il barista gli porta subito quello che gli ha chiesto e lui non può far altro che sorridere davanti al frappuccino al cioccolato, il suo preferito.
"Vuoi un sorso?"
Faccio no con la testa mentre riduco in mille pezzi la carta verde e bianca della cannuccia che ha appena scartato. Mi guarda mentre succhia la crema bianca dal bicchiere.
"Cosa mi devi dire, Bea?"
Mi guarda una volta e mi capisce al volo. Mi capisce sempre, con uno schiocco di dita e dopo tutto questo tempo devo ancora scoprire come riesce a farlo.
Mi stringo il labbro inferiore tra i denti e lascio la presa subito dopo. Mi muovo sullo sgabello e stringo la mano sul bancone di legno scuro.
"Mila ha detto che sarebbe meglio dire ai nostri genitori del bambino, ha ragione."
Luke quasi si strozza con il suo frappuccino.
Si, strozzati. Dirò a nostro figlio che suo padre è morto bevendo un milkshake.
"Ora? Mia madre è già abbastanza arrabbiata perché ho lasciato l'università" mormora.
"Impara a prenderti le tue responsabilità, io sto cercando di iniziare a farlo."
"Me le sto prendendo le mie responsabilità!"
Guardo Michael e Mila e penso a me e Luke. Stiamo litigando tutti, sembra di essere tornati bambini, quando si litigava sempre per tutto, anche per ogni minima cosa.
Giro la testa verso il ragazzo davanti a me che parla. Parla e gesticola, ma io non sento niente. Due batuffoli di cotone mi si sono infilati nelle orecchie e sembrano non voler uscire più. Voglio svenire, lasciarmi andare e dormire fino a quando non sarà arrivato il momento del parto. Sono stanca, Luke. Stai zitto, non parlare. Abbracciami e cullami finché non mi addormento.
"Non mi sento bene" dico senza nemmeno sentire una parola che mi esce dalla bocca.
Mi giro e mi appoggio al bancone con la schiena. Sto perdendo i sensi, non capisco più niente e vedo Luke bloccarsi all'improvviso per poi afferrarmi con entrambe le mani. Il frappuccino cade per terra e si rovescia, formando un'enorme pozza appiccicosa e marroncina, ecco l'ultima cosa che mi ricordo; che gran spreco.
"È solo stress, stia tranquillo!"
Apro gli occhi e tasto il cuscino su cui sono appoggiata. Sono sdraiata sul divanetto di Starbucks con Luke che mi tiene le gambe sollevate verso l'alto. Ho i piedi nudi appoggiati sul suo petto tonico.
"Non apre gli occhi da dieci minuti" dice scuotendomi un po' le gambe.
"Signor Hemmings, va tutto bene. È soltanto un mix di stress e stanchezza. Le serve solo un po' di riposo."
"È così pallida.."
"Sto bene" mormoro grattandomi la fronte.
Luke mi lascia le gambe e mi aiuta a mettermi seduta. Mila è abbracciata a Michael, si mangia le unghie dal nervoso. È preoccupata, mi guarda con uno sguardo terrorizzato, allora cerca conforto tra le braccia del suo fidanzato.
"Sto bene" ripeto per la seconda volta.
Luke mi afferra la mano e la stringe tra le sue. Guardo il dottore alle sue spalle che ci fissa con un'aria schifata. Dev'essere uno di quei vecchi vedovi che rifiuta ogni forma d'amore da quando gli è morta la moglie. Cerca di fare un'espressione dispiaciuta mentre ripone lo stetoscopio nella sua valigetta di pelle invecchiata.
"Mi sembra che sia tutto a posto" dice seccato. "Signorina deve riposarsi, poi nelle sue condizioni!"
"Che condizioni?" chiede Michael.
"Nulla" dico di fretta.
Il dottore ci guarda perplesso prima di afferrare la sua valigetta. Fa un cenno verso di me prima di aprire la porta ed uscire.
"È incinta."
Michael guarda Mila, poi me e Luke. Il barista che si era accerchiato attorno a me insieme agli altri se ne va senza dire una parola e ritorna al bancone.
"Sei incinta?!" dice girandosi di nuovo verso Mila. "È incinta?! È INCINTA."
"Amore calmati."
"Sembri quasi più scioccato di me quando l'ho scoperto" dice Luke ridendo.
Michael sembra aver visto un fantasma invece ha solo scoperto che tra sette mesi la fidanzata di uno dei suoi migliori amici avrà un bambino.
"Ti sei fatta mettere incinta da questo sfigato."
Lo shock di Michael si trasforma ben presto in un amore incondizionato per la mia pancia che ancora non si vede bene. Mi tocca di continuo con la speranza di sentire qualcosa, si aspetta che il bambino cresca all'improvviso e salti fuori mentre lo saluta con la mano. Non appena poggia la mano sul mio ventre lo sgrido, sono stanca, non voglio che nessuno mi tocchi più. Voglio riposarmi e invece non riesco nemmeno a dormire la notte perché ho il pensiero fisso di Luke che è come una scritta indelebile.
Allora gli chiedo se vuole stare da me finché non torna mia madre, non ce la faccio più a stare sola. Ho bisogno di sentire il calore di qualcuno, ho sempre freddo.
"Vuoi stare da me per un po'?"
"Va bene."
Non mi ha fatto domande, forse non ne aveva bisogno. Ha solo risposto che gli andava bene, so che anche io gli manco.
"Ciao" mi saluta con il suo borsone nero della Nike sulle spalle.
Lo faccio entrare e saliamo in camera dove appoggia la sacca. È tardi e io mi sento dei macigni che pesano sulle palpebre. Ho delle occhiaie violacee che mi contornano gli occhi per colpa di tutta la stanchezza accumulata e Luke se n'è accorto. Mi guarda e fa cenno verso il letto.
"Vai a letto, Bea. Io dormo sul divano."
Mi siedo sul materasso da una piazza e mezza e tiro indietro le coperte monocolore mentre lui ha già la mano appoggiata sulla maniglia della porta. Dove vuoi andare, Luke? Non puoi scappare più.
"Puoi dormire con me?"
È una domanda ma non risponde e obbedisce. Mi sdraio e lui si mette di fianco a me, appoggiandosi su un gomito. Io sono su un lato e ci guardiamo in silenzio; non si è nemmeno messo il pigiama.
"Ora dormi, ci sono qui io" dice mentre mi carezza la guancia.
"Mi serviva un po' di tranquillità, avevo bisogno di te."
"Anche io, dormo poco e penso troppo."
Faccio scivolare il braccio attorno il suo busto e mi avvicino a lui. Inalo il suo profumo e chiudo gli occhi.
Vengo travolta da un senso di tranquillità che mi culla fino a quando mi addormento tra le braccia di Luke che mi tiene stressa a sé.
Pace.

Sotto il cielo d'ottobre, l.hDove le storie prendono vita. Scoprilo ora